di Luca Latella
CORIGLIANO ROSSANO «La Sibaritide è abbandonata a sé stessa. Oggi non lavoriamo perché non siamo nelle condizioni di farlo». L’accusa forte, fortissima e circostanziata è di Martino Rizzo, responsabile del Settore Igiene e Sanità pubblica dell’Asp per l’area della Sibaritide. Un uomo delle “istituzioni”, dunque, che dal di dentro rivela modus operandi «riprovevoli».
Il dottor Rizzo è uno di quelli che pur vestendo i panni del dirigente, infila guanti, tuta, dispositivi protettivi e si reca in prima linea, insieme ai medici del 118 ad effettuare i tamponi. Ha gestito e sta gestendo, con evidenti successi, i casi di Oriolo e di Bocchigliero, solo per citarne alcuni, ma ha delimitato anche le epidemie di Corigliano Rossano, fermatasi ormai da settimane a 43 casi complessivi.
«MEDICI DEL 118 SENZA STIPENDI DA DUE MESI» Eppure, questa mattina, né lui né la sua equipe si è recata a lavoro. «Perché? Perché siamo stanchi di essere trattati come cittadini di Serie C. I medici che lavorano con me sono quelli del 118 che da oltre due mesi non vengono retribuiti. Non sappiamo se e quando percepiranno quanto gli spetta, dopo aver lavorato tutte queste settimane in prima linea, con rischi inauditi ed oggi, senza che nessuno riesca a fornire quelle risposte che aspettano invano». Al danno di mettere la propria vita quotidianamente a repentaglio si associa, dunque ora anche la beffa.
Ma questo è solo uno dei tanti motivi che hanno indotto Rizzo ed i suoi a fermarsi nella giornata di oggi, pur con una montagna di verifiche da effettuare, ovvero quei tamponi da far processare in attesa delle negativizzazioni, quindi delle guarigioni.
«DOBBIAMO ELEMOSINARE I DPI» Gli uffici dell’Asp della Sibaritide, dunque, sembrano essere abbandonati a loro stessi. «Siamo soffocati dai problemi burocratici – confessa ancora Rizzo – abbandonati a noi stessi e senza protezioni individuali. Per essere dotati di dispositivi di protezione individuali, purtroppo è vergognoso da ammettere, ma devo sfruttare i rapporti personale e non mi sembra affatto corretto, perché chi lavora al “fronte” ha il diritto di proteggersi».
Una situazione paradossale, quella in cui si trovano a dover “combattere” medici e infermieri del 118 e dell’Asp del territorio che un tempo – quando la sanità funzionava ancora – ricadeva nella giurisdizione della ex Asl n. 3 di Rossano.
«GLI ALTRI PASSANO AVANTI» Ma il terzo ed ultimo punto della pesantissima denuncia di Martino Rizzo è legata ai risultati dei tamponi da processare per l’area della Piana di Sibari, “appena” 220mila abitanti.
«Sta accadendo fin troppo spesso che per ricevere i risultati dei tamponi, passino anche quattro giorni. Ed infatti – dice responsabile del Settore Igiene e Sanità pubblica dell’Asp per l’area Jonica – il fatto che si sia in attesa di test effettuati il 4 maggio la dice lunga. Eppure dobbiamo verificare i focolai di Oriolo e Bocchigliero, fra gli altri. Il fatto che i nostri tamponi vadano sempre in coda agli altri è vergognoso, oltre che una situazione incresciosa. Dispiace che debbano pagare i residenti per qualcuno che torna da Milano o per altre circostanze. Qui c’è gente in quarantena da 50 giorni che dal punto di vista psicologico inizia a crollare, perché in attesa di un tampone per verificare la negativizzazione dal virus da giorni. Non è corretto».
Insomma, da quando la sanità è stata accentrata nei capoluoghi, le periferie hanno iniziato a soffrire e l’ultima considerazione di Rizzo ne è la conferma: «Se non c’è l’aiuto del centro, andremo sempre peggio». (l.latella@corrierecal.it)
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