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Il sindaco di San Ferdinando: «Regolarizzare a tempo i migranti è come trattarli da schiavi»

Andrea Tripodi preme per una regolarizzazione ampia: «Governo timido nel prendere misure adeguate». Logiacco (Cgil Piana di Gioia Tauro): «Non si può temporeggiare né fare propagande o calcoli poli…

Pubblicato il: 08/05/2020 – 21:13
Il sindaco di San Ferdinando: «Regolarizzare a tempo i migranti è come trattarli da schiavi»

di Fabio Papalia
SAN FERDINANDO
«Regolarizzare a tempo i migranti è come trattarli da schiavi», non ha dubbi il sindaco di San Ferdinando, Andrea Tripodi, sul dibattito in seno al governo sulla regolarizzazione dei migranti. «Ancora non s’è deciso – ha detto Tripodi al Corriere della Calabria – c’è fermento di idee tra Italia Viva, Pd e e 5Stelle. La mia posizione è nota, ci sono dei motivi umanitari da una parte, culturali dall’altro, ma anche economici e pure di civiltà, a favore di una regolarizzazione piena. Sono funzionali alla sopravvivenza di un’agricoltura che senza queste braccia cadrebbe, sono parte importante della nostra economia, se ne stanno accorgendo solo adesso. Per quanto mi riguarda la regolarizzazione obbedirebbe a motivi di civiltà ma ci sono anche argomenti umanitari ed anche di necessità».
«Personalmente – ribadisce Tripodi – voglio che siano regolarizzati nella misura opportuna, come presenze, in modo da farli uscire dalla invisibilità, investire in diritti, tutela, salute, che poi sono tutti i termini che danno sostanza, significato e senso a un concetto di civiltà di cui noi riteniamo di essere portatori ma con grandi limiti».
DA CGIL PIANA SI’ A REGOLARIZZAZIONE D’accordo sulla regolarizzazione si dice anche Celeste Logiacco, segretario generale Cgil Piana di Gioia Tauro con delega all’immigrazione Cgil Calabria. «È chiaro che adesso – dice Logiacco al Corriere della Calabria – a causa dell’emergenza Covid-19 tutto è più complicato. Oggi le condizioni lavorative e abitative sono diventate ancora più precarie, senza lavoro e senza alcun reddito, si vive nella paura e in una situazione di disagio crescente. Questa ulteriore emergenza si abbatte pesantemente sulle già precarie condizioni di vita e di lavoro dei migranti e adesso più che mai è urgente regolarizzarli». «Si tratta – prosegue l’esponente sindacale – di un provvedimento, un atto di giustizia, che avrebbe anche un’importante valenza come misura contro il lavoro nero, il caporalato e la criminalità organizzata, e garantirebbe l’accesso al sistema delle tutele a migliaia di lavoratrici e lavoratori che attualmente si trovano in condizioni di estrema difficoltà. La maggior parte di questa importante risorsa lavorativa opera, in nero, in settori come l’agricoltura, l’edilizia, la logistica, il lavoro domestico e di cura, il commercio, e non solo. Comparti dove il loro apporto è fondamentale, sia per l’attuale tenuta del sistema economico, sia per la futura ripresa del nostro sistema produttivo così duramente provato dalla pandemia».
«Sappiamo chiaramente – osserva il segretario generale Cgil Piana di Gioia Tauro – che per uscire dal tunnel delle ingiustizie, dell’invisibilità e della negazione della dignità umana e lavorativa, la via è quella della regolarizzazione. Regolarizzare vuol dire garantire diritti e tutele e di conseguenza migliorare le condizioni di tutti i lavoratori. Chi oggi è senza permesso è ricattabile e costretto a lavorare per pochi euro l’ora in condizioni disumane. Avere un documento vuol dire rivendicare un contratto di lavoro e un salario contrattuale, vuol dire vivere e lavorare legalmente. Un intervento più che mai urgente ora che la mancanza di manodopera comincia ad avvertirsi forte in tutto il Paese. Servono più diritti per le persone, ma che siano diritti duraturi, non a tempo e solo per far fronte all’emergenza e alla mancanza di braccia. Mai come oggi un provvedimento di emersione rappresenterebbe un vantaggio sociale e economico per tutta la collettività. E’ evidente che, assieme alla regolarizzazione, i migranti che si trovano costretti a vivere nei cosiddetti “insediamenti informali” e nelle varie tendopoli vanno messi immediatamente in sicurezza, non solo in merito all’emergenza Covid19. Non si può temporeggiare – conclude Logiacco – né fare propagande o calcoli politici sulla vita e la salute delle persone soprattutto in un momento come questo».
LA TENDOPOLI Se da un lato anche la Cgil invita a far presto, il sindaco Tripodi è ben conscio che la partita si gioca all’insegna del catenaccio all’italiana: «In campo i Cinquestelle temono di essere sorpassati a destra, la posizione governativa di attesa del Pd, e Italia Viva che si muove verso la non completa regolarizzazione ma in modo tale da evitare una situazione ulteriormente critica per l’agricoltura, che aggraverebbe la situazione generale».
Tra i tre litiganti i migranti restano nella tendopoli: «L’importante – auspica Tripodi – è che si compia un passo in avanti rispetto a una condizione di marginalità e assenza di qualunque dignità che vivono questi migranti che sono parte importante della nostra economia. Mi auguro che si vada in questa direzione, non vedo l’ora di procedere al superamento della tendopoli, che non è più sostenibile».
C’è un quarto soggetto, esterno al governo, che Tripodi sollecita a intervenire a favore dei diritti: «Osservo posizioni di grande distanza anche da parte datoriale, che dovrebbe essere la prima a voler risolvere in modo anche civile la loro presenza, ci sarebbero tutte le condizioni per uscire da una condizione critica per tutti, non solo in agricoltura ma anche in altri settori, e compiere un passo avanti sul piano della civiltà».
I diritti, primo fra tutti il lavoro: «Concretamente significa garantire a questi ragazzi una condizione sanitaria accettabile, diritti a cui hanno diritto». Intanto nelle tende cresce il malcontento, esploso in piena emergenza coronavirus con il rifiuto dei pasti offerti dalla Protezione civile: «E’ solo l’espressione magari un po’ più clamorosa del malcontento, ma c’è un vissuto e una quotidianità fatta di disagio e frustrazione, una tendopoli che sopravvive all’emergenza non diventa un luogo di crescita ma luogo di risentimento, anche di rancore, che si esprime anche nella quotidianità. Si aggiunga il fatto che non possono uscire per lavorare, c’è una paralisi produttiva anche nelle campagne attorno, significa povertà, andare avanti con aiuti e offerte di generi di conforto. Non può essere una situazione retta a lungo da un comune piccolo come San Ferdinando».
ACCOGLIENZA DIFFUSA Da anni si parla di accoglienza diffusa per superare la tendopoli, ma alle parole finora non sono mai seguiti i fatti. Tripodi ribalta la prospettiva: «Finora si pone il problema quasi in termini caritatevoli, mentre è un problema politico estremamente complesso, anche contraddittorio, che dobbiamo calare al’interno dei nostri territori. L’accoglienza diffusa è soltanto il momento terminale di una strategia che deve puntare soprattutto sull’offerta del lavoro, pulito. Solo attraverso il lavoro, con sue dinamiche relazionali, si può trasformare la società e creare le condizioni dell’incontro, inclusione, vicinanza, che sono fasi propedeutiche rispetto all’integrazione. Dobbiamo capire che i nostri sono territori deprivati, con una cultura contadina fatta anche di diffidenza, che dobbiamo sprovincializzare, liberare da demoni che ci portiamo dentro con storie violente. Ciò che può accomunarci è soltanto il lavoro, ecco perché avevo chiesto alla Regione Calabria, all’ex presidente Oliverio, di cogliere l’occasione per far diventare la presenza dei migranti occasione per un ripensamento complessivo se non di tutta la Calabria quantomeno della Piana, un processo autopropulsivo che puntasse all’utilizzo di risorse e al centro mettesse il lavoro».
PREDICAZIONE XENOFOBA Il rischio, avverte Tripodi, è di fare passi troppo affrettati e lasciarsi dietro la società: «Il rigetto di Riace, la rivolta di Rosarno del 2011, ci devono far riflettere. Noi sindaci dobbiamo essere pragmatici, ci sono fenomeni che vanno affrontati gradualmente. In presenza di una predicazione xenofoba diffusa da Salvini, possono sorgere le condizioni di una guerra tra poveri. Se diamo le case ai neri, certo che c’è il risentimento della fascia residente italiana che vive in condizioni di disagio, ci devono essere politiche sociali che prevedano case per tutti, anche per i migranti, ma l’accoglienza deve essere confortata dalla presenza del lavoro».
VETI RECIPROCI Per farlo serve la volontà politica, possibilmente incanalata nella stessa direzione: «Tutti i governi si limitano a una politica d’attesa aspettando che qualcosa cambi. Il governo di centrodestra non ha saputo fare nulla ma anche questo di centrosinistra è timido, incapace o impedito per veti reciproci, nel prendere misure adeguate».
DIALOGO CON LA REGIONE CALABRIA Dal canto suo Tripodi si dice disponibile al dialogo anche con la nuova presidente della Regione Calabria, Jole Santelli: «Con lei ne parlerò e ho tutta la voglia e l’intenzione di parlarne, ma mi pare che la linea che intendono seguire sia “la Calabria ai calabresi”, la predicazione nazionale della ruspa e dell’esclusione, già ho avuto grandi difficoltà a parlare con il centrosinistra e non mi aspetto strade in discesa con il nuovo governo regionale. Ho parlato con l’assessore Spirlì che si è dimostrato immediatamente disponibile allora a fare arrivare i pasti con la Protezione civile. Mi auguro si possa riprendere un dialogo». (redazione@corrierecal.it)

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