LAMEZIA TERME «La sanità in Calabria dovrà essere rifondata seriamente». Ciro Indolfi, ordinario di Cardiologia Università Magna Graecia di Catanzaro e presidente della Società Italiana di Cardiologia, durante il talk condotto da Danilo Monteleone e Ugo Floro, andato in onda ieri sera su L’Altro Corriere Tv, ha analizzato le risultanze del sistema sanitario italiano, messo a dura prova dall’emergenza coronavirus, più in generale, e quello calabrese, penalizzato da un ricambio generazionale impraticabile e bloccato dal piano di rientro dal debito.
«Possiamo considerare la pandemia come uno degli eventi più tragici della sanità, al mondo – ha esordito il dottor Indolfi, giunto in Calabria venti anni fa per “investire” nel progetto Germaneto – e di conseguenza il sistema sanitario si è concentrato sul Covid-19. L’Italia era certamente impreparata. I virologi hanno sbagliato perché le informazioni che avevano sulla malattia erano nulle, mentre un cardiologo se parla di infarti ha una storia di 20, 30 anni di esperienza, al contrario dei cosiddetti esperti che in quei momenti non ne avevano».
Per il dottor Indolfi, quindi, l’intero sistema sanitario nazionale – «un vanto fino a qualche anno fa» – dovrà essere rifondato. «Tutti gli investimenti si sono fermati a dieci anni fa, come le assunzioni e l’aggiornamento tecnologico. Solo il sistema sanitario lombardo si è specializzato su interventi ad alta complessità».
Il professore di Cardiologia all’Università Magna Graecia di Catanzaro ha riferito poi gli esiti di alcuni studi condotti a Germaneto e pubblicati sulla rivista di cardiologia più importante d’Europa.
Considerando il solo mese si marzo di quest’anno «il numeri dei pazienti ricoverati per infarto miocardico acuto è stato inferiore del 50% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente». Questi dati, ha spiegato Ciro Indolfi, derivano da due ipotesi. «Una prima legata al timore dei cardiopatici di contrarre il virus recandosi in ospedale; la seconda è legata al sistema di emergenza del 118, focalizzatosi sul Covid-19. Questi due fattori hanno ridotto in modo significativo i ricoveri. Abbiamo notato, inoltre, che gli infartuati raggiungevano gli ospedali, lo facevano in ritardo: un grande problema perché la terapia dell’infarto acuto è tanto più efficace quanto più precoce. Se si giunge tardi in ospedale il beneficio è minimo».
Il presidente della Società Italiana di Cardiologia, ha però tranquillizzato. «Tutti gli ospedali si sono dotati di due percorsi, uno “sporco” e uno pulito. Quanto accaduto a Bergamo è stato causato dalla commistione fra infetti e i non infetti. E poi a partire dal mese di marzo, la sanità si è trovata impreparata, con molti medici senza protezione. Ma adesso – ha specificato – i pazienti cardiopatici possono stare più tranquilli. I casi clinici possono e devono chiamare il 118».
A proposito di servizi sanitari e della loro resistenza all’epidemia, il dotto Indolfi è sembrato abbastanza critico dopo una prima battuta. «Il buon Dio ha risparmiato la Calabria, colpita da pochi casi, prevalentemente derivanti dalle case di riposo. Non oso pensare cosa sarebbe potuto accadere se questa regione fosse stata colpita come la Lombardia, anche se bisogna riconoscere che la Calabria ha gestito bene la sua emergenza».
Ad ogni modo, la sanità «non sarà più come prima e mi auguro – è l’auspicio conclusivo dell’ordinario di Cardiologia Università Magna Graecia di Catanzaro – che la politica capisca che la salute dell’uomo è un bene assoluto sul quale bisogna investire, anche con la ricerca. L’assistenza sanitaria è stata fortemente depotenziata in questi ultimi anni, sono stati ridotti i posti letto ed in Calabria, da dieci anni a questa parte, il piano di rientro ha bloccato e fatto regredire tutto. Da allora non si assumono più persone, non c’è ricambio generazionale. Credo che il sistema sanitario calabrese dovrà essere rifondato seriamente».
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