SINOPOLI Giovedì i carabinieri della Stazione di Sinopoli hanno tratto in arresto Carmine Alvaro (61 anni), in esecuzione del provvedimento emesso dal Tribunale di Palmi per l’aggravamento della misura cautelare degli arresti domiciliari alla quale era stato ammesso solo il 21 aprile scorso, che aveva sostituito la custodia cautelare in carcere nell’ambito dei provvedimenti tesi a prevenire il rischio di diffusione dell’epidemia da virus Covid-19 nelle carceri.
L’OPERAZIONE IRIS L’uomo si trovava in carcere dal settembre 2018, quando era stato colpito da misura cautelare per associazione di tipo mafioso nell’ambito dell’operazione “Iris”, coordinata dal procuratore Giovanni Bombardieri, dall’aggiunto Gaetano Paci e dal sostituto Giulia Pantano, e condotta dal Comando Provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria contro la cosca Alvaro di Sinopoli. L’inchiesta aveva accertato l’influenza della consorteria nell’assegnazione di importanti appalti pubblici e il suo stretto legame con alcuni amministratori locali, tra i quali il sindaco di Delianuova Francesco Rossi, destinatario di misura cautelare e attualmente agli arresti domiciliari.
PERCHÉ TORNA IN CARCERE Il 21 aprile scorso, nell’ambito delle misure adottate per il contenimento della diffusione del rischio d’infezione da Covid-19 nelle carceri, la misura della custodia cautelare in carcere cui era sottoposto era stata sostituita con quella meno afflittiva degli arresti domiciliari ma, già il giorno dopo, l’uomo ha dimostrato di non rispettare le prescrizioni imposte dall’Autorità Giudiziaria. Difatti, nel corso di un controllo dei Carabinieri della Stazione di Sinopoli, Alvaro è statp trovato in compagnia di 3 soggetti non autorizzati ad avere contatti con lui, di cui uno, nel tentativo di sottrarsi al controllo, si era anche nascosto sotto ad un letto.
«INCURANTE DELLE PRESCRIZIONI» Alvaro, secondo l’accusa, si è dimostrato «incurante delle prescrizioni imposte», facendosi beffa non solo del provvedimento emesso dall’Autorità Giudiziaria, che poneva il divieto di comunicazione con persone diverse dai conviventi, ma altresì delle disposizioni governative poste a tutela della collettività in ragione dell’epidemia in corso e che ponevano il divieto di ricevere o fare visita alle persone.
In ragione della violazione accertata dai Carabinieri, la Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria ha pertanto richiesto l’aggravamento della misura cautelare al Tribunale di Palmi che, concordando pienamente con le valutazioni del pm, ha disposto la custodia cautelare del 61enne nel carcere di Palmi dove, al termine delle formalità di rito, è stato portato dai carabinieri.
«MANDARE A CASA I MAFIOSI: EFFETTI DISASTROSI» Il segretario della Commissione Parlamentare Antimafia Wanda Ferro, di Fratelli d’Italia, dopo la notizia del nuovo arresto di Alvaro ha espresso alcune considerazioni. «Il nuovo arresto da parte dei carabinieri di Carmine Alvaro, dimostra quanto disastrosi e pericolosi siano stati gli effetti delle decisioni del governo che hanno consentito di mandare a casa centinaia di mafiosi». Chiaro il riferimento ai provvedimenti “svuota carceri” per il rischio coronavirus.
«Già il giorno dopo la concessione dei domiciliari – prosegue Wanda Ferro – Alvaro è stato trovato dai carabinieri in compagnia di altri soggetti non autorizzati, dimostrando di farsi beffa non solo dei provvedimenti dell’autorità giudiziaria, ma anche delle prescrizioni del governo per il contenimento del coronavirus. Il governo, anche attraverso gli aberranti provvedimenti de Dap, ha trasformato il covid in un jolly che ha consentito a mafiosi e delinquenti di lasciare le proprie celle, nonostante sia evidente che l’isolamento del carcere è forse il modo più sicuro per stare al riparo dal rischio di contrarre il virus. Abbiamo chiesto più volte al presidente Conte e al ministro Bonafede di spiegare cosa ci sia dietro la scellerata catena di provvedimenti che ha spalancato le porte delle carceri italiane, costringendo le forze dell’ordine e la magistratura a moltiplicare gli sforzi investigativi e di controllo del territorio per tenere sotto sorveglianza pericolosi criminali che ora hanno l’opportunità di riprendere la loro rete di relazioni e le loro posizioni di potere».
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