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Confiscati 8 milioni a imprenditore colluso con i clan reggini

Applicata la misura di prevenzione nei confronti del patrimonio di Alberto Pizzichemi, imprenditore 50enne legato alle cosche Piromalli e Iamonte. Avrebbe riciclato soldi sporchi della ‘ndrangheta…

Pubblicato il: 22/05/2020 – 9:43
Confiscati 8 milioni a imprenditore colluso con i clan reggini

REGGIO CALABRIA I finanzieri del Nucleo speciale Polizia valutaria di Reggio Calabria, hanno eseguito un provvedimento emesso dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria con il quale è stata disposta, nei confronti dell’imprenditore Alberto Pizzichemi, detto Daniele, 50 anni, l’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale della confisca del patrimonio a questi riconducibile. I militari della Guardia di Finanza hanno operato sotto il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, diretta dal Procuratore Capo Giovanni Bombardieri.
In capo all’imprenditore, sottoposto alla misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno, è stata riconosciuta – riferiscono le Fiamme Gialle – la pericolosità sociale, qualificata dalla contiguità alle cosche di ‘ndrangheta degli “Iamonte” di Melito Porto Salvo e dei “Piromalli” di Gioia Tauro e dal ruolo di imprenditore ad essa “colluso”.
L’INDAGINE Nel dettaglio, il provvedimento eseguito, disposto dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, presieduta da Ornella Pastore, si fonda sulle risultanze delle attività investigative poste in essere dalla Guardia di Finanza, dalle quali è emerso – si legge in una nota – che «l’imprenditore era, da tempo, in affari con la ‘ndrangheta, avendo avviato e accresciuto le proprie attività grazie alla contiguità funzionale e agli appoggi delle predette cosche, egemoni nelle rispettive aree. Tale stretto rapporto, consolidato da anni, ha sostenuto l’ascesa dell’imprenditore e, nel contempo, ha favorito gli interessi dei sodalizi mafiosi, rafforzandone le capacità operative e di controllo del territorio. Le investigazioni hanno preso spunto dalle risultanze dell’operazione di polizia “Ada”, conclusasi con l’esecuzione, nel corso del 2013, di provvedimenti cautelari e personali nei confronti di numerosi affiliati alla cosca Iamonte per il reato, tra gli altri, di associazione di tipo mafioso». L’attività condotta dalla Guardia di Finanza, corroborata dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, ha altresì consentito di appurare come «il soggetto colpito dal provvedimento non solo conoscesse da tempo i vertici della cosca “Piromalli” ma li frequentasse e si rapportasse con loro; ciò attraverso un rapporto duraturo e sinallagmatico tale da produrre mutua collaborazione e reciproci vantaggi, aventi ad oggetto i comuni interessi da realizzarsi sia sul territorio calabrese che in diverse parti del territorio nazionale (Emilia Romagna, Lazio e Lombardia)».
In relazione agli esiti degli accertamenti effettuati, la sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta della Dda con due diversi provvedimenti risalenti al 2018 e al 2019 aveva disposto la misura cautelare del sequestro sul patrimonio illecitamente accumulato dall’imprenditore. «Le indagini a carattere economico/patrimoniale delegate dalla Dda – prosegue la nota della Guardia di Finanza – hanno consentito di delineare il profilo di pericolosità sociale qualificata del proposto ed accertare la sproporzione esistente tra il profilo reddituale e quello patrimoniale dell’imprenditore e del suo nucleo familiare, che nella gestione dei propri affari si sono avvalsi anche di prestanome. In questa vicenda è stata determinante la ricostruzione dei flussi finanziari, agevolata dal supporto informativo contenuto in alcune segnalazioni di operazioni sospette pervenute al Nucleo Speciale di Polizia Valutaria per fini di prevenzione antiriciclaggio. Lo sviluppo analitico di tali preziose informazioni ha costituito, come sovente accade in indagini analoghe, un imprescindibile strumento di supporto utile ad orientare le investigazioni ed aggredire i patrimoni di provenienza illecita». Alla luce di queste risultanze, su richiesta della stessa Direzione distrettuale antimafia, la sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria ha disposto la confisca di prevenzione del patrimonio riconducibile all’imprenditore reggino, costituito dal compendio aziendale di diverse imprese, quote societarie, immobili, autoveicoli e rapporti finanziari, stimato in circa 8 milioni di euro e dislocato su tutto il territorio nazionale.
 

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