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«Quando le priorità sui tamponi fanno figli e figliastri»

*di Filippo Maria Larussa

Pubblicato il: 24/05/2020 – 12:55
«Quando le priorità sui tamponi fanno figli e figliastri»

In questi giorni le redazioni di quotidiani e media sono inondate di denunce, ed accorati appelli di nostri corregionali che, rientrati dall’estero o da  altri territori nazionali, pur avendo scrupolosamente osservato le indicazioni delle ordinanze, per quanto sovrapposte, discordanti ed ondivaghe (tampone suggerito; no obbligatorio; fatto dalla postazione mobile h24; no solo dalle 09 alle19:no,va fatto dai tecnici della prevenzione; no dal 15 maggio è sospeso…) sono, a quarantena abbondantemente decorsa, in attesa di risposta.
Tra provette congelate a temperatura non nota, spedite all’Istituto Zooprofilattico di Portici con procedure non meglio definite, mantenute fino a 5 giorni tra 2 e 8 gradi secondo un protocollo superato da almeno tre Linee guida successive dell’Istituto Superiore di Sanità, la confusione sotto i cieli calabresi regna sovrana.
Per fortuna, vegliando su di essi il Santo Eremita, l’indice di trasmissibilità ci pone al momento in cima alla graduatoria delle Regioni virtuose, tenendo conto che specie nelle realtà con un numero ridotto di casi, e bassa densità abitativa, un sia pur circoscritto focolaio, può letteralmente capovolgere il dato, come testimoniato da Umbria e Molise.
A maggior ragione, le indicazioni nazionali (la pletorica task force regionale è nei radar della redazione di “Chi l’ha visto?” sottolineano la necessità di implementare (con macchinari tecnologicamente avanzati e reclutamento di personale specializzato) le Unità di Virologia portandole a standard di tamponatura vicine al modello Veneto (per non parlare di Wuhan dove ne sono stati programmati 8 milioni in una settimana!)
La media calabrese continua invece ad attestarsi sui 1050/1100 al giorno, dando origine ai ritardi ed alle attese prima richiamate.
Ora si profila all’orizzonte un altro pastrocchio. Il protocollo per la ripresa degli allenamenti collettivi delle società di calcio professionistiche, validato dopo estenuante tiramolla col comitato tecnico scientifico, impongono l’esecuzione di tamponi ogni 4 giorni, a calciatori e staff, fino ad una quarantina di persone, se non di più. E’ evidente che l’esito dovrà essere trasmesso subito al fine di procedere con l’isolamento in ritiro o a domicilio di tutti i contatti del calciatore rivelatosi positivo. In Calabria allo stato solo 6 sono i Laboratori, tutti pubblici, abilitati alla processazione, gratuita, dei tamponi. Considerato che la nostra regione annovera ben 6 squadre iscritte ai campionati di B e C, come si procederà? Sarà data precedenza a questi lavoratori, rispetto ad ospiti di Rsa, operatori Sanitari, familiari e contatti di contagiati, interi nuclei familiari della zona rossa della Valle dell’Esaro (da settimane agli arresti domiciliari in attesa dell’esito), di pazienti da mesi in attesa di un ricovero ordinario per patologie no Covid? E soprattutto rispetto a migliaia di rientri, tamponati o meno, che hanno pagato l’essere stati ligi alle regole, sottraendosi all’esodo biblico della notte dell’08 marzo, con il prezzo economico ed emotivo, immenso, di sobbarcarsi un esilio forzato di oltre 2 mesi!
Non vorremmo che, parafrasando il noto brocardo “figli e figliastri”, si creasse, in nome della sia pur legittima tutela dei diritti del calcio professionistico, una guerra tra poveri, di tamponi e… tamponastri.
*Segretario regionale Anaao-Assomed

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