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Il nuovo pentito svela l'autore del delitto Quirino: il gip non gli crede

Operazione Cemetery Boss, il giudice per le indagini preliminari non concede l’arresto di due indagati per il capo d’accusa di omicidio. Il racconto di Fabrizio Greve agli inquirenti

Pubblicato il: 26/05/2020 – 15:49
Il nuovo pentito svela l'autore del delitto Quirino: il gip non gli crede

di Fabio Papalia
REGGIO CALABRIA Il nuovo collaboratore di giustizia Federico Greve svela un particolare su chi avrebbe ucciso Franco Fabio Quirino ma secondo il gip Domenico Armaleo non vi sono elementi probatori che possano condurre a ritenere Natale Crisalli e suo genero Giovanni Rogolino responsabili dell’omicidio. Crisalli, comunque, è in carcere da questa mattina con l’accusa di associazione mafiosa insieme ad altre 8 persone raggiunte da misura cautelare in carcere e da una decima persona, il dirigente dei servizi cimiteriali, ai domiciliari, nell’ambito dell’operazione Cemetery Boss condotta dalla Squadra Mobile diretta dal primo dirigente Francesco Rattà.
IL COLLABORATORE DI GIUSTIZIA Greve è uno dei tre collaboratori di giustizia che hanno reso dichiarazioni riscontrate dagli investigatori della Polizia di Stato. Greve, per sua stessa ammissione, ha raccontato di aver fatto parte della cosca Rosmini dai primi anni ‘90, “battezzato” ‘ndranghetista in casa dei Rosmini, in via San Giorgio, da Tonino e Diego Rosmini, e di avere compiuto il primo “lavorello” tra il 94 e il 95, con una richiesta estorsiva per conto della cosca.
Da uomo dei Rosmini, Greve ricorda che gli uomini di fiducia di Diego Rosmini erano Franco Giordano, Giuseppe Angelone e Nicola Alampi (tutti e tre arrestati nell’odierna operazione a vario titolo per associazione mafiosa). Da appartenente alla criminalità organizzata egemone nel territorio sud della città di Reggio Calabria, Greve traccia anche la mappa di come le diverse consorterie si siano ripartite il territorio di riferimento. Greve spiega che il territorio appannaggio della cosca Rosmini era quello compreso lungo tutto il Viale Europa sino al semaforo per poi continuare fino al ponte San Pietro compresa tutta la via del Seminario. La cosca Zindato, invece, era egemone per tutta Ciccarello fino alla scuola Fermi, mentre San Giorgio e Boschicello erano territorio dei Caridi.
LE RIVELAZIONI SULL’OMICIDIO QUIRINO In particolare, poi, il nuovo collaboratore di giustizia ricorda di avere appreso una confidenza da Natale Alampi, fratello di Nicola Alampi, che a sparare per uccidere Franco Fabio Quirino era stato Natale Crisalli, il quale accusava la vittima di essere un confidente dei Carabinieri della Stazione Rione Modena, aggiungendo poi che i due si accusavano reciprocamente di essere “infami”.
L’accusa contesta a Crisalli e Rogolino, in concorso, il secondo quale esecutore materiale, l’omicidio del quarantenne Franco Fabio Quirino, avvenuto la notte del 3 marzo 2014 nel quartiere di Modena. Quella notte un colpo di pistola cal. 7.65 esploso a distanza ravvicinata ferì mortalmente la vittima al torace. Senonché Crisalli è stato anche arrestato e assolto dall’accusa di tentato omicidio ai danni di Quirino, per fatti avvenuti nel pomeriggio di quello stesso 3 marzo 2014. Analizzando tutte le prove, il gip non ritiene vi siano sufficienti elementi probatori a carico di Crisalli e suo genero.
LE VALUTAZIONI DEL GIP Da un lato Crisalli aveva un motivo per uccidere Quirino, afferma il gip ipotizzando come valido il movente da rinvenire nei rapporti tesi tra i due e anche a causa dell’avvio di un bar concorrente a distanza di poche centinaia di metri, però nessun altro elemento probatorio – conclude il gip – può ragionevolmente condurre a ritenere che Crisalli e il genero siano i responsabili dell’omicidio. Innanzitutto secondo il gip non è chiaro se, nella parte in cui riferisce quanto appreso, il collaboratore di giustizia abbia fatto riferimento al tentato omicidio di Quirino o al suo omicidio. Ma anche ritenendo che il pentito abbia fatto riferimento all’omicidio, la circostanza non trova riscontro né dagli atti dell’indagine, né dalle dichiarazioni degli altri due collaboratori di giustizia, Liuzzo e De Rosa. Insomma anche se significativo, il materiale indiziario secondo il gip non raggiunge la necessaria gravità tale da far ritenere comprovato il ruolo che l’accusa assegna ai due indagati nei capi G e H, rispettivamente omicidio e detenzione illegittima e porto di pistola in luogo pubblico. Per Rogolino l’accusa aveva chiesto l’emissione di una misura di custodia cautelare in carcere anche per l’accusa di associazione mafiosa ma anche in questo caso il gip non ha condiviso la tesi accusatoria. (redazione@corrierecal.it)

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