di Fabio Papalia
REGGIO CALABRIA Fondati i motivi della difesa sull’inutilizzabilità delle intercettazioni ma anche l’insussistenza di gravi indizi di colpevolezza. “E’ palese la assoluta inconsistenza delle ipotesi di accusa”. Così i giudici della Corte di Cassazione hanno motivato l’annullamento senza rinvio delle ordinanze del Tribunale del Riesame e del Gip a carico dell’ex consigliere regionale Sebi Romeo, ex capogruppo del Partito democratico in Consiglio regionale della Calabria. Grazie all’annullamento della Cassazione, deciso all’udienza dello scorso dicembre, Romeo era tornato in libertà.
LE ACCUSE Sebi Romeo era accusato di tentata corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio in concorso. La sua posizione è già stata stralciata dal troncone principale perché la sua vicenda è estranea al resto dell’indagine antimafia, così come per gli altri due indagati in concorso. Secondo l’accusa un maresciallo della Guardia di Finanza avrebbe inteso avvicinare ed incontrare di persona il politico Sebi Romeo, tramite il segretario pd melitese, con lo scopo di rivelare al consigliere regionale notizie riservate su attività di indagine che lo riguardavano, in cambio di favori personali.
L’ANNULLAMENTO SENZA RINVIO La Corte di Cassazione il 18 dicembre scorso ha annullato senza rinvio l’ordinanza del tribunale del riesame nonché l’ordinanza del gip emessa nei confronti dell’esponente politico che era finito dapprima ai domiciliari, misura sostituita successivamente dal Riesame col divieto di dimora in Calabria. La Cassazione ha accolto il ricorso proposto dai difensori di Romeo, gli avvocati Natale Polimeni e Armando Veneto, basato su due profili: l’inutilizzabilità delle intercettazioni ambientali tramite trojan e l’insussistenza di gravi indizi di colpevolezza.
LE MOTIVAZIONI A distanza di cinque mesi arriva il deposito delle motivazioni dei giudici della Suprema Corte. “La qualificazione giuridica del fatto quale tentativo – scrivono i giudici – sembra derivare maggiormente dalla genericità della tesi di accusa e dalla incertezza sul fatto, risolta con l’apparente scorciatoia del reato tentato”. “Dalla lettura dei fatti – aggiungono – accertati dal Tribunale, in base ad intercettazioni inutilizzabili di cui però è legittimo fare uso “a favore”, si comprende che non vi è alcuna evidenza di una effettiva “offerta””.
“In definitiva – concludono i giudici della Cassazione – l’accusa è del tutto congetturale, senza alcuna corrispondenza con i pochi dati fattuali, e, risultando esaminato tutto il materiale probatorio disponibile (di cui ampia parte inutilizzabile), non vi è alcuna prospettiva di una diversa decisione in sede di rinvio. Va quindi disposto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza”. (redazione@corrierecal.it)
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