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WATERFRONT | Barbieri, «l’esponente della cordata romana» al servizio dei Piromalli

Nuovi guai giudiziari per l’imprenditore coinvolto in diverse operazioni delle Dda calabresi. Nonostante l’assoluzione in Frontiera e le pronunce della Cassazione sui procedimenti “Cumbertazione” e…

Pubblicato il: 28/05/2020 – 17:27
WATERFRONT | Barbieri, «l’esponente della cordata romana» al servizio dei Piromalli

di Michele Presta
COSENZA
Giorgio Ottavio Barbieri è «l’esponente della cordata romana». Un imprenditore che «metteva stabilmente a disposizione dell’associazione la propria impresa e i requisiti economici e tecnici al fine di frodare le stazioni appaltanti nell’esecuzione delle forniture». Così viene descritto nell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del tribunale di Reggio Calabria a seguito dell’operazione “Waterfront”. Il costruttore che incaricato di realizzare Piazza Bilotti nel cuore della città dei Bruzi, l’avio superficie a Scalea e gli impianti di risalita a Lorica (nella sola provincia di Cosenza) finisce nuovamente agli arresti domiciliari. Questa volta per ordine della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria che ha indagato sulla mole di costruzioni fatte nel comune di Gioia Tauro dall’imprenditore e che avrebbero consentito «a Giorgio Morabito, a Bagalà Francesco (classe ’90) e a Bagalà Francesco (classe ’77) di effettuare lavorazioni difformi con materiali di qualità inferiore a quella prevista dal capitolato di appalto, ottenendo ingenti profitti ai danni delle stazioni appaltanti». Già assolto dall’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso dal processo Frontiera (istruito dalla Dda di Catanzaro), per Barbieri lo scorso mese di dicembre la Corte di Cassazione aveva smontato le accuse mafiose imputategli nei processi “Cumbertazione” e “Cinque Lustri”, indagini che anche in questo caso si concentravano sui rapporti intrattenuti dall’imprenditore con esponenti del clan Piromalli egemone sul territorio di Gioia Tauro.
LE ACCUSE Grazie a cioò che avevano messo a disposizione la “Barbieri Costruzioni” la “Cittadini Srl”, Giorgio Morabito e i due Francesco Bagalà avrebbero conseguito la «“tassa ambientale” sui lavori aggiudicati dalle società appartenenti al cartello illecito» nonché la possibilità «di poter determinare le maestranze che dovevano lavorare sui cantieri ed i depositi presso cui tenere le attrezzature di cantiere ed i mezzi da lavoro». Tutto questo al solo scopo di «esercitare un controllo sul territorio attraverso gli appalti pubblici banditi dal comune di Gioia Tauro» si legge nei documenti dell’inchiesta. I lavori pubblici sono il motore dell’economia locale e sono gli stessi che generano gli appetiti dei clan. Tutto quello che c’era da realizzare tra Rosarno e Gioia Tauro avrebbe fatto gola ai Piromalli, soprattutto se si trattava di lavori grossi, utili, almeno in teoria, per valorizzare il territorio. In tutto sono 20 i capi d’accusa nei quali è coinvolto Giorgio Ottavio Barbieri. E i gravi indizi di colpevolezza sarebbero comprovati dalle «condotte sistematicamente poste in essere (a vario titolo dagli indagati ndr) al fine di sottrarre risorse pubbliche per finalità di arricchimento privato, con conseguente distorsione delle più elementari regole economiche sulla libera concorrenza e sulla parità di trattamento degli operatori economici».
GLI APPALTI PUBBLICI INCRIMINATI Un salto indietro nel tempo, di quattro, in alcuni casi cinque anni. Lavori per centinaia di migliaia di euro: il più importante è quello per lo sviluppo del water front della città di Gioia Tauro che comprende anche la sistemazione del palazzetto delle sport con annessi parcheggi e viabilità. Il costruttore romano è coinvolto negli illeciti che riguardano la realizzazione dell’opera in qualità di legale rappresentante della “Barbieri Costruzioni”. Nel capo d’imputazione compaiono anche Giorgio Morabito e i due Francesco Bagalà (classe 90 e classe 77) in qualità di direttori ed esecutori materiali di opere pubbliche. Con loro, sono coinvolti, Nicoletta Angela e Mangione Francesco (responsabili del procedimento) e Santo Gagliostro procuratore speciale della “Barbieri Costruzioni”. Gli indagati, secondo l’accusa, hanno posto in essere in concorso tra loro una frode nell’esecuzione dell’appalto e nell’adempimento degli obblighi contrattuali «mediante l’omissione di sovraintendere al regolare svolgimento del procedimento amministrativo ed alla regolare esecuzione dei lavori, non garantendo che essi venissero svolti a regola d’arte e in conformità al progetto esecutivo» è scritto nell’ordinanza di custodia cautelare. Illeciti a cui si somma il «concedere l’anticipo del 20% sull’importo dei lavori in violazione delle disposizioni di legge» e «l’aver commesso le condotte di falso consistite nell’approvare una variante in corso d’opera per un importo di 10.843,76 euro oltre Iva per colmare le lacune del progetto esecutivo, con determinazione numero 528 del 16 dicembre del 2015 ideologicamente falsa in quanto i relativi costi avrebbero dovuto essere addebitati all’ appaltatore anziché alla stazione appaltante» scrive il gip nell’ordinanza di custodia cautelare. A vario titolo, gli indagati avrebbero anche falsamente certificato il collaudo tecnico, realizzando quindi degli abusi d’ufficio per i quali la magistratura ha poi aperto il fascicolo d’indagine. Si trattava, per l’accusa, di un sistema collaudato. Anche in relazione all’appalto per i lavori di riqualificazione ambientale del torrente Budello, Giorgio Ottavo Barbieri risulta essere indagato per aver, a vario titolo con gli altri coinvolti nella vicenda «commesso una frode nell’esecuzione delle opere pubbliche e nell’adempimento degli obblighi contrattuali, mediante le condotte consistite nel non sovraintendere al regolare svolgimento del procedimento amministrativo e alla regolare esecuzione dei lavori, non garantendo che gli stessi venissero svolti a regola d’arte e in maniera corrispondente al progetto esecutivo».
Oltre a questo nel capo d’accusa sono contenute anche delle omissioni come non aver «effettuato le prove e i controlli minimi da eseguire sui materiali di pre-qualifica» e «nell’eseguire opere difformi rispetto al progetto e con vizi rilevanti in fase di esecuzione (progetto esecutivo approvato prima dell’ottenimento dell’attestazione di verifica del Genio Civile e senza interessare l’autorità idrica di bacino)». Cambiano i Comuni e gli accusati, ma non le regole illecite che secondo la Dda di Reggio Calabria vedono coinvolto Barbieri.
Sono gli anni in cui il costruttore è l’astro nascente delle opere pubbliche calabresi. E anche per la realizzazione del centro polisportivo a servizio della città – porto di Rosarno i presunti schemi illeciti sono fotocopia. Dalla mancanza di sorveglianza affinché i lavori venissero svolti a regola d’arte, fino alle anticipazioni di cassa in barba alla legge e con la complicità di funzionari pubblici. Non solo inadempienze, ma anche flussi di soldi che passano dalla casse pubbliche a quelle dei costruttori e che con artifici e raggiri nel caso dell’opera di Rosarno «Hanno indotto in errore la Regione Calabria e la Comunità Europea che hanno liquidato a favore della società aggiudicataria Cpl Polistena s.c. l’importo di 877.557,12 euro non dovuto per la mancata esecuzione dei lavori». (m.presta@corrierecal.it)

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