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Una scia di sangue lunga 30 anni: la sorte comune di Francesco e Alfredo Elia

Padre e figlio non condividono il curriculum criminale ma la sorte. Dell’assassinio di Alfredo Elia venne accusato Luigi Portoraro alias “Narduzzu” scarcerato dopo 9 anni ma ucciso a giugno del 201…

Pubblicato il: 03/06/2020 – 19:39
Una scia di sangue lunga 30 anni: la sorte comune di Francesco e Alfredo Elia

di Michele Presta
COSENZA Una scia di sangue lunga trent’anni e che non si ferma neanche quando il mondo vive un tempo sospeso a causa di una pandemia senza precedenti nell’età moderna. All’alba del giorno in cui ogni tipo di spostamento è consentito, i colpi esplosi dal kalashnikov risuonano nelle campagne di Cassano allo Ionio. Ne hanno contato diverse decine i carabinieri della scientifica e secondo gli inquirenti si ritiene che a sparare sia stata una coppia di sicari, ma le investigazioni non escludono nessun tipo di ipotesi. La prima: Francesco Elia è stato vittima di un agguato o aveva un appuntamento con i suoi esecutori? Si scava nella vita privata del 40enne già noto alle forze dell’ordine e «uscito fuori dal giro» si sussurra nella cittadina ionica. Di quale «giro» parlino le persone che lo conoscevano proveranno a capirlo i carabinieri a cui è delegata l’indagine dalla procura di Castrovillari. Gli uffici giudiziari con sede alle pendici del Pollino, però, considerata la storia criminale del territorio e delle persone coinvolte non è da escludere che trasmetteranno l’intero fascicolo d’indagine alla procura antimafia di Catanzaro diretta da Nicola Gratteri.
FRANCESCO ELIA, IL PROCESSO “OMNIA” E IL FALSO PENTITISMO Di buon’ora a bordo della sua auto e in compagnia di un uomo di nazionalità rumena rimasto gravemente ferito dai colpi d’arma da fuoco, Francesco Elia stava raggiungendo l’azienda agricola alla quale da anni si dedicava. Gli agri di terra in contrada Caccianova dove ha sede l’azienda agricola si sono trasformati di colpo in una macabra scena del terrore dove appena divulgata la notizia, in modo incontrollato si sono riversati familiari e conoscenti. Nonostante gli appena quarant’anni, Francesco Elia vive più vite. Innanzitutto quella del figlio di uno storico boss di Cassano allo Ionio, Alfredo Elia, ucciso in un agguato a mano armata nel marzo del 1992. Poi quella dell’uomo finito sotto processo nell’inchiesta “Omnia” istruita dalla direzione distrettuale di Catanzaro e conclusasi con un’assoluzione. È proprio da quel procedimento che due anni fa è stato assolto dopo un percorso giudiziario durato poco più che due lustri. Tentata estorsione e associazione mafiosa erano i capi d’accusa dai quali è stato scagionato in Cassazione perché il fatto non sussiste. Venne raggiunto dall’ordinanza di custodia cautelare nel luglio del 2007 al termine di indagini secondo le quali per Elia poteva essere riconosciuta una intraneità al clan dei Forastefano (egemoni nel territorio di Sibari). Accusa caduta in giudizio, così come a cadere è stata anche l’ipotesi avanzata diverso tempo dopo e secondo la quale Francesco Elia avesse deciso di intraprendere la strada che portava alla collaborazione con la giustizia. Nessuno sconto di pena per informazioni, dunque, semplicemente «un’assoluzione piena» spiegò il suo avvocato quando quelle notizie iniziarono a rincorrersi sulle pagine dei giornali.
L’OMICIDIO DEL PADRE E IL DELITTO “NARDUZZU” Francesco Elia con il padre non condivide il curriculum criminale ma la sorte. Il 22 marzo del 1992 qualche minuto dopo le quattro del pomeriggio gli agenti della polizia stradale battono la statale 106. La “strada della morte” questa volta non miete vittime per incidenti stradali. I rilievi sul posto sono di altra natura. All’interno della Bmw ferma in corrispondenza del muro di protezione di un ponte c’è un cadavere: è quello di Alfredo Elia, poco distante dalla macchina, disteso a terra, c’è il corpo senza vita di Leonardo Schifini. Entrambi sono stati raggiunti da colpi di fucile e di pistola. La macchina crivellata dai bossoli è l’ennesima annotazione messa nero su bianco dagli investigatori nel corso di una stagione sanguinosa iniziata agli albori degli anni novanta e che non sembra essere finita. Anni di indagine, verbali fiume dei primi collaboratori di giustizia come Franco Pino e le intercettazioni telefoniche diedero lo spunto investigativo per inchieste antimafia come “Galassia”. È in quel procedimento che si identifica Leonardo Portoraro come possibile responsabile di quel duplice omicidio. “Narduzzu”, così lo conoscevano, era uomo fidato del boss Giuseppe Cirillo. Per quel duplice omicidio ha scontato 9 anni di carcere, poi le accuse sono cadute. A cadere non sono stati solo i capi d’imputazione, ma anche lui. Un altro agguato in pieno stile mafioso esattamente due anni fa il 6 giugno del 2018 ne ha decretato la morte. “Narduzzu”, uscito dal ristorante, è stato freddato come da copione nei film che narrano il crimine. La firma sull’omicidio è ignota, così come ignota è rimasta quella sull’omicidio di Alfredo Elia, padre di Francesco Elia. Fu assolta dall’accusa di quell’omicidio anche Franca Faillace, imputata nel 2002, qualche anno dopo la morte del marito Giuseppe Cristaldi 40enne anche lui ucciso nel 1999 insieme al suo amico Biagio Nucerito, ma questa è un’altra storia.
CASSANO CONTRO LA MAFIA E LA VIOLENZA «Esprimo vivissima preoccupazione per il gravissimo evento delittuoso che è stato consumato sul territorio di Cassano All’Ionio. Un evento, ha sottolineato, che fa rivivere alla comunità il ricordo degli anni passati, in cui la mafia,  la violenza e la criminalità organizzata, deturpavano l’immagine della nostra cittadina» ha dichiarato il sindaco Gianni Papasso. «La comunità Cassanese erigerà  un’alta e consistente diga contro ogni forma di violenza, contro ogni forma di delinquenza, contro la mafia e la criminalità organizzata. Il sindaco, l’amministrazione comunale tutta, insieme alla popolazione, sono e continueranno a stare dalla parte dello Stato». (m.presta@corrierecal.it)

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