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«I costi della politica che gravano sui calabresi»

di Franco Scrima*

Pubblicato il: 08/06/2020 – 10:12
«I costi della politica che gravano sui calabresi»

La riflessione, questa sconosciuta, sembra non passare per i Palazzi del potere. Da Reggio Calabria, sede del Consiglio, a Catanzaro, dove si riunisce la Giunta, il segnale giunge debole. Così come vanno le cose della politica sembra più un mezzo per offrire il fianco alle critiche che un motivo per marciare lungo la strada della credibilità e dell’efficienza. Sarà per la mancanza di esperienza delle new entry in politica, certo è che le sorprese non si fanno desiderare.
Sul caso della delibera approvata e dopo qualche giorno rivotata per essere bocciata è stata data una giustificazione risibile, tipo quelle tampone che servono solo a mitigare gli effetti delle delusioni. Forse sarebbe stato preferibile trincerarsi nel silenzio e organizzare la revoca della precedente votazione, piuttosto che far cadere la responsabilità sul solito “briccone” che avrebbe deciso di guastare la festa modificando surrettiziamente il testo concordato dai capigruppo. Questa sì che è stata una scusa adolescenziale. Tanto che ne hanno fatto le spese la sobrietà del luogo e la credibilità dei consiglieri presenti nell’aula. Neppure ai più accorti è balenata l’idea che il testo da approvare potesse essere stato manipolato da una “manina”, per come, adirato, ha detto a microfoni aperti il Presidente dell’Assemblea.
Nei corridoi del palazzo lo sgomento è stato generale. Non si ricordavano episodi analoghi. Lo stesso Tallini, a fatica, ha raffazzonato una giustificazione facendosi scudo con la promessa di “un’operazione verità” nel tentativo di restituire dignità all’Assemblea regionale.
A rivedere quelle immagini, durate il tempo di uno starnuto, anche a bufera passata, c’era da ritenere che la delibera così com’era avrebbe rimesso su un piatto d’argento il sospetto che si sarebbe approvato qualcosa di molto simile al “vitalizio” con l’aggravante, questa volta, che i benefici sarebbero andati anche ai consiglieri rimasti tali il tempo di riscaldare la poltrona per qualche settimana prima di essere dichiarati ineleggibili. Così concepita, sarebbe stata una decisione che avrebbe alimentato sgomento e preoccupazione non solo tra i consiglieri presenti, ma anche in tutta la comunità calabrese. Oltre all’ilarità per la velocità con cui era stata “approvata”: 62 secondi! Un record per il Consiglio regionale difficilmente eguagliabile, raggiunto nonostante le diverse appartenenze ideologiche che avrebbero potuto rendere conflittuale e discutibile il risultato. E invece così non è stato, segnando uno di quei rarissimi casi in cui la maggioranza e l’opposizione si sono ritrovati spalla a spalla a sostenere un progetto che, manco a dirlo, aveva in serbo provvidenze economiche. Potere del dio denaro? Forse; ma, scoperte le carte, la delibera è stata bocciata. Infatti i consiglieri dopo essere “rinsaviti” hanno capito la baggianata e si sono prodigati per riparare il “danno” anche a costo di ingoiare il rospo, abrogando il voto espresso giorni prima all’unanimità.
Appresa la notizia e nonostante il passo all’indietro, si sono moltiplicate le reazioni. Qualcuno avrebbe pensato di proporre all’Assemblea regionale di compiere un gesto importante: rivedere le retribuzioni dei consiglieri per ridurle, sostenendo che 12 mila euro al mese, quanto percepisce un consigliere regionale tra stipendio e ammennicoli che non mancano mai, rappresentano una cifra sovrastimata, che mortifica la gran parte delle famiglie calabresi che devono vivere con salari insoddisfacenti, spesso da fame, che non consentono di assicurare una vita decente ma costringono a fare salti mortali per poter coniugare il pranzo con la cena.
La proposta non sarebbe una penalizzazione, ma un gesto di responsabilità per ciascun consigliere. Un taglio all’indennità di mandato sarebbe una decisione che contribuirebbe ad alzare l’asticella della credibilità della politica. Senza disturbare calcoli e logaritmi, sarebbe sufficiente che il trattamento economico dei consiglieri regionali calabresi fosse equiparato a quello dei magistrati di prima nomina e non, com’è attualmente, ai presidenti di sezione della Corte di Cassazione. Attualmente un consigliere regionale in Calabria percepisce una indennità, compresi i rimborsi, pari a circa 11.300 euro al mese. 1.300 euro in meno rispetto ad un consigliere lombardo. 146.900 Euro l’anno calcolando anche la tredicesima mensilità. Essendo 50 i consiglieri, la spesa annua che grava sulla Regione è di 7.345.000 Euro.
Sono numeri da capogiro, persino sproporzionati nel confronto con quelli di altre regioni. Tanto per avere un’idea, un consigliere dell’Emilia Romagna percepisce 5.600 euro al mese, quasi la metà di un suo collega calabrese.
Ci sono, poi, da considerare le Commissioni consiliari le cui prebende concorrono a fare lievitare gli introiti dei consiglieri. In Calabria sono dieci (sei permanenti e quattro speciali), due in più rispetto alla Lombardia. Per chi ne fa parte lo stipendio sale a 12.500 Euro al mese.
Per non parlare dei presidenti del Consiglio e della Giunta che liquidano mensilmente 13.500 Euro ciascuno. Tra i più pagati d’Italia.
Si dirà: la democrazia ha un costo. È vero! A patto, almeno, che i politici riescano a mantenere le loro nobili promesse. L’esperienza, invece, insegna che l’errore più grave dei governi è stato e continua ad essere il non sapere evitare l’inflazione che distrugge i bilanci familiari, inganna i risparmiatori ed i percettori di stipendi fissi. Per non parlare dell’Istruzione e del sistema sanitario che in Calabria sono da riconsiderare. E l’elenco potrebbe continuare.
*giornalista

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