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Calabria-Bolzano, la via della droga dell’uomo delle 'ndrine e le riunioni al santuario di Polsi

L’inchiesta “Freeland” della Dda di Trento svela i dettagli dei traffici di droga della potente cosca di Delianuova. Uomini dei Barbaro-Italiano-Papalia sono “Ciccio” Perre e soprattutto Mario Serg…

Pubblicato il: 10/06/2020 – 9:46
Calabria-Bolzano, la via della droga dell’uomo delle 'ndrine e le riunioni al santuario di Polsi

di Francesco Donnici
TRENTO C’è una scia che collega la città di Bolzano a quella di Padova e porta dritta in Calabria, a Delianuova, un paesino di poco più di 3mila anime che nasconde tra le sue vie alcuni tra i più temuti boss della ‘ndrangheta reggina. Fiumi di droga che dal profondo Sud raggiungono il Trentino Alto Adige, dove parrebbe operare un’organizzazione strutturata, dedita principalmente al traffico di stupefacenti, oltre che alle estorsioni, falsificazione di documenti, sequestro di persona, favoreggiamento e illecita gestione di slot machines taroccate. Sono queste le ipotesi di reato contestate ai 20 indagati nell’ambito dell’operazione “Freeland” della Direzione distrettuale Antimafia della Procura di Trento (qui i dettagli dell’operazione e i nomi degli indagati).
Al centro dell’indagine ci sarebbe «la propaggine di ‘ndrangheta» che «dai primi anni novanta» opererebbe in Trentino, «in particolare nella provincia di Bolzano, avvalendosi di una forza di intimidazione tipica del modello calabrese, portando avanti un progetto criminale collettivo, proprio delle strutture associative ‘ndranghetiste, caratterizzata dal rispetto di regole condivise e dal senso di comune appartenenza ad un corpus più ampio che fa capo al crimine di Polsi».
La “locale” altoatesina, sarebbe collegata ad alcune storiche famiglie della provincia di Reggio Calabria essendo proiezione delle ‘ndrine Papalia-Barbaro-Italiano «la cui esistenza costituisce fatto notorio dal 1991», a fronte dello scioglimento del comune di Delianuova.
L’uomo di fiducia, in questo caso, identificato dagli inquirenti come «promotore, direttore organizzatore dell’associazione» sarebbe Mario Sergi, in stretto contatto col boss Giuseppe Papalia e designato soprattutto a gestire i traffici di stupefacente provenienti dalla Calabria.
Insieme a lui, gli inquirenti individuano in “Ciccio” Perre un’altra figura di spicco dell’associazione. Questo anche grazie alle testimonianze incrociate di alcuni collaboratori di giustizia che identificano proprio Perre come colui che «aveva preso il comando a Bolzano di un locale».
IL “LOCALE” DI MARIO SERGI E “CICCIO” PERRE La ‘ndrina Papalia è orginiaria di Platì, sempre nel Reggino, ma è una delle prime ad espandersi al Nord Italia. «Essi – ricostruisce la Dda – sono alleati dei Barbaro, Sergi e Trimboli e strettamente collegati alla famiglia Italiano».
Le ‘ndrine “Barbaro-Papalia” e “Italiano-Papalia” sono accomunate dall’essere «riconducibili a un medesimo patriarca, Giuseppe Papalia, padre di Domenico, Antonio e Rocco». Territorio di riferimento delle cosche è Delianuova, città natale di Mario Sergi, designato a guidare la compagine trentina in quanto «legato ai Papalia-Italiano nonché alla ‘ndrina Cua-Ietto-Pipicella di Natile di Careri per vincolo di sangue, essendo inoltre nipote del capocosca storico di Natile, Domenico Sergi». Ma prima ancora, è Francesco Perre detto “u galera” a «prendere il comando» del locale di Bolzano perché, di fatto, secondo gli inquirenti è figura di coordinamento «dell’attività perseguita e gestita sul posto dal figlio Giuseppe e (appunto) da Mario Sergi».
La Dda di Trento pone al vertice del “locale” di Bolzano queste due figure anche a fronte di una serie di dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Tra questi, Domenico Agresta che ricorda come Perre fosse stato «cacciato dal locale di Volpiano» decidendo così di «trasferirsi a Bolzano» dove prese il comando. Affermazioni che trovano riscontro in quelle analoghe rilasciate da Luciano Piccolo, che specifica: «In Trentino Alto Adige eravamo diversi uomini, ma non c’era un “locale aperto” (la cui costituzione è autorizzata dai vertici della ‘ndrangheta, ndr). Questo soprattutto perché non c’erano tanti uomini provenienti dallo stesso paese». Quando Piccolo si trasferisce a Trento, continua: «Già sapevo chi erano gli “uomini” e loro già mi riconoscevano come “uomo”», facendo riferimento tra questi anche alla figura di Mario Sergi che, come gli altri – sempre nel racconto di Piccolo – «era stato “battezzato”, apparteneva alla ‘ndrangheta e ne seguiva le regole». I nomi dei due verranno evocati anche in altre testimonianze, come «referenti sulla piazza di Bolzano» soprattutto per quanto attiene al mercato della droga, e fedelissimi dei boss. Esplicativa in tal senso è la testimonianza di Romeo Annunziato, altro collaboratore di giustizia, che ricorda quando «con questo gruppo di amici cercavamo di pianificare insieme il nostro futuro» fino all’arresto sia di Perre che di Sergi, in circostanze diverse, entrambi per reati in materia di stupefacenti. «L’intenzione di Mario Sergi – continua Annunziato – era quella di allargare il suo giro e di prendere in mano il traffico in tutta quella provincia, facendo arrivare direttamente a Bolzano intere partite di roba per evitare il rischio di frequenti trasporti. Per poter realizzare questo piano noi giovani volevamo creare tutti insieme un unico gruppo ed addirittura anche una “locale” a Bolzano, attraverso il quale avremmo potuto affermare il nostro predominio su quella zona». Cosa che avverrà – nella ricostruzione degli inquirenti – dopo l’uscita di prigione di Sergi nel giugno del 2012 salvo ottenere «l’approvazione della cosca di Natile, paese di sua origine familiare». Di lì a poco Sergi sarebbe riuscito a prendere controllo della zona, quindi le redini del traffico di sostanze stupefacenti, in particolare cocaina, giovandosi dell’apporto dei suoi sodali, in gran parte a lui gerarchicamente sottoposti.
LE RIUNIONI IN CALABRIA E LE VIE DELLA DROGA La Dda non ha dubbi nel ritenere che «la struttura associativa contestata si caratterizza sotto un duplice profilo: l’appartenenza alla “casa madre” egemone nel territorio di Delianuova (e collEgata a quella operante a Natile); la contemporanea militanza dei presunti affiliati nel “locale” costituito a Bolzano».
Gli inquirenti cercano di dare una serie di riscontri fattuali a queste affermazioni. Da un lato «il fatto del 15 febbraio 2020, quando Sergi convoca presso il suo bar “Coffee Break” tre soggetti di etnia Sinti per ammonirli in merito al fatto che alcuni appartenenti alla medesima comunità si erano permessi – in sua assenza – di derubare, all’interno del locale, una cliente». Alla minaccia di Sergi, i tre rispondono scusandosi «promettendo di risarcire la merce rubata».
Per l’altro verso, «appaiono emblematici i collegamenti del capo della ‘ndrina bolzanina con i vertici delle cosche calabre». La mattina del 2 settembre 2019, Mario Sergi incontra “il contabile”, Rocco Papalia insieme al figlio Giuseppe e a Giocondo Rosario. Questo si apprende da un’intercettazione ambientale dove si discute di problemi relativi al pagamento di una partita di narcotico.
«Questo vuole prendere da qui e portarla su, ma si rischia», spiga Rocco Papalia al famigliare parlando degli approvvigionamenti di stupefacente proposti da Sergi per il Trentino. «Se il prezzo è buono lassù riesco a piazzare». Sergi spiega che quella di Bolzano è una buona piazza di spaccio aggiungendo «io devo andare anche dalle parti di Verona perché lì qualcosa c’è pure».
Rocco Papalia ha però dubbi sulla piazza di spaccio di Verona dove aveva piazzato già alcune partite di stupefacente per mano di tale Gianni “U Letu” – secondo gli inquirenti identificabile in Giovanbattista Battista di Sinopoli – ma che aveva avuto problemi coi pagamenti.
Secondo gli inquirenti, Rocco Papalia «assume un ulteriore ruolo particolare, ovvero quello di contabile della cosca, depositario della cd. “bacinella”, la cassa comune frutto dei proventi illeciti della ‘ndrina che viene utilizzata per provvedere anche al pagamento delle spese legali ed al sostentamento dei familiari degli affiliati in carcere». Le “locali”, quindi anche Sergi, che dall’intercettazione emerge come figura di spicco del traffico bolzanino, mandano a lui il denaro contante e gli assegni relativi ai traffici extra territoriali.
Sergi, inoltre, partecipa ad una serie di riunioni in Calabria, come quella che si svolge il 3 settembre presso il santuario della Madonna di Polsi, nel Comune di San Luca.
Durante una conversazione con la compagna risalente al 24 agosto 2019, Sergi, scrivono gli inquirenti «la rende edotta che sta pianificando un viaggio per inizio settembre a tale scopo».
La sera del successivo 2 settembre, Sergi incontrerà i Papalia nella campagna di Contrada Giannarena, nel Comune di Gerace, per aggiornarli sul traffico di stupefacenti trentino e prepararsi alla riunione al santuario, l’indomani. (redazione@corrierecal.it)

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