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Pizzo, la “via dello zibibbo” porta dritta alle Cantine Benvenuto

La storia dei vini d’eccellenza nati dall’idea di Giovanni Celeste Benvenuto protagonista di “Ti racconto un’impresa” in onda sul canale 211 del digitale terrestre e in streaming su L’Altro Corrier…

Pubblicato il: 11/06/2020 – 8:15
Pizzo, la “via dello zibibbo” porta dritta alle Cantine Benvenuto


FRANCAVILLA ANGITOLA
«Io amo fare il vino perché questo nettare sublime è semplicemente incapace di mentire, vendemmiato presto o tardi non importa, il vino ti bisbiglierà in bocca sempre con completa e imperturbabile onestà ogni volta che ne berrai un sorso». In molti ricorderanno questa frase pronunciata dallo zio Henry nella fortunata pellicola “Un’ottima annata”, firmata da Ridley Scott nel 2006.
Ed è proprio dal “bisbiglio” di un vino che come pochi racconta la Calabria, che muove la storia delle Cantine Benvenuto, al centro del prossimo episodio di “Ti racconto un’impresa” il format che racconta le eccellenze del territorio in onda il Giovedì alle 21 sul canale 211 del digitale terrestre e in streaming su L’Altro Corriere Tv.
A raccontarcela è l’ideatore di questa realtà, Giovanni Celeste Benvenuto. Una giovinezza trascorsa in Abruzzo, nel curriculum una laurea in scienze agrarie all’Università Mediterranea di Reggio Calabria e nel cuore il sogno di far rivivere le vigne del nonno paterno, tra Francavilla e Pizzo.
«In Abruzzo mio padre si trasferì dalla Calabria, dopo aver trascorso un periodo a Roma. Lì conobbe mia madre ed ebbe inizio anche la mia storia».
La strada, ben presto, porterà in Calabria dove Giovanni tornerà, «un po’ spinto dall’amore di mio padre e dai suoi racconti, un po’ perché venivo qui tutte le estati e ben presto mi sono reso conto che questa è una terra che ti rapisce, ti fa innamorare». Una volta tornato, il sogno di far rinascere le vigne di famiglia diventa sempre più reale: «Amavo il mondo del vino, come testimonia anche il mio percorso di studi. Ciò che più mi premeva era recuperare lo Zibibbo, una varietà d’uva che in queste parti esiste già da epoche antiche, quando indietreggiò da altre terre sul mare».
E proprio questo “indietreggiamento” – spiega Giovanni – rende particolare la varietà di Zibibbo che si trovava in quelle zone, perché «nel tempo ha mutato le sue proprietà organolettiche divenendo un prodotto nuovo».
Nasce così la “cantina Benvenuto”, conosciuta e apprezzata in Italia e all’estero: «Non è un caso che la strada che porta a questa cantina si chiami “via dello Zibibbo”». Una strada molto lunga, che nasce in salita: «Quando ho iniziato, la legge impediva la trasformazione dell’uva in vino, consentendo la coltivazione ma non la vinificazione». Ma poi le cose sono cambiate.
Oggi l’azienda complessivamente ha 10 ettari ed è tutta in regime biologico. La sua mission, racconta Giovanni, «è quella di far esprimere il territorio». Un racconto della Calabria che parte dalle uve scelte – Malvasia, Zibibbo, Greco Nero, Maiocco e Calabrese – fino ad arrivare a tutti gli elementi che rendono unico questa regione: «Le peculiarità termiche e dell’aria, la mineralità del terreno, l’esposizione e altri fattori che solo questa terra può offrire».
Una terra raccontata anche attraverso le particolari etichette dei vini della cantina Benvenuto: “Sono un omaggio al territorio: dall’azzurro del cielo calabrese, al rosso della terra granitica e ricca di ferro. Col passare del tempo stiamo lavorando per renderle sempre più eleganti».
La Calabria diventa così etichetta, ma anche punto di partenza per un mercato sempre più in espansione: «Il mercato di riferimento rimane quello italiano, ma da molti anni ci siamo aperti anche a quello estero, dove la sfida si concentra sulla degustazione». All’estero le principali piazze di riferimento sono Usa, Uk, Est Europa, Svizzera e Germania in parte e – «con grande orgoglio» – la Francia. L’espansione del mercato ha portato anche alla sperimentazione di nuovi prodotti, come la “birra zibibbo”, novità  della cantina.
Un’impresa nata da un sogno già realizzato ed altri, ancora più grandi, da coronare: «Non ho alcun rimpianto. Forse un po’ di amarezza nell’aver nutrito un’utopia nella speranza che le cose sarebbero cambiate più in fretta. Ma questa cosa viene in qualche modo consolata dal vedere che ci sono tanti segnali che attestano che un cambiamento arriverà senz’altro». (f.d.)

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