di Giorgio Curcio
LAMEZIA TERME A Lamezia Terme, quarta città della Calabria, certi sogni e speranze non tramontano mai. Come la moda del vintage, una canzone senza tempo o come quelle tradizioni popolari che si tramandano da generazione in generazione, scolpite quasi nel Dna.
Fino a diventare simboli in un vessillo, emblema dalla “doppia faccia” che da una parte esalta un territorio, dall’altro ne cristalizza il fallimento. Il Bastione di Malta, a Lamezia, racchiude un po’ tutto questo.
IL BASTIONE Ed è tra l’esaltazione di un “monumento” e l’incapacità di valorizzarlo a pieno che è racchiuso il significato forse più profondo di una storia assurda e grottesca, capace di mettere a nudo tutti i limiti imbarazzanti di una politica intrisa di retorica fine a sé stessa.
Un amore per un simbolo, dunque, solo platonico; di fatto mai sbocciato realmente. A sbocciare, al contrario, sono stati negli anni i fiori nei campi circostanti, senza mostrare il minimo rispetto per la nobiltà di questa imponente torre costiera. Risalente alla metà del XVI secolo, fu edificata nel 1550 quando il viceré di Napoli, Don Pedro de Toledo, decise di fortificare la difesa costiera di fronte ai continui sbarchi dei Saraceni.
La Torre, più propriamente un Bastione, venne assegnata ai Cavalieri di Malta che nel territorio di Sant’Eufemia, l’attuale Lamezia Terme, possedevano un feudo. Il resto è quello che vediamo ora: il Bastione, grazie alla solida struttura, ha resistito fino ad oggi, fa parte come simbolo dello stemma di Lamezia Terme e, dopo una lunga e complessa trattativa, è stato acquisito al patrimonio pubblico dall’amministrazione comunale guidata dall’ex sindaco della città della Piana, Gianni Speranza.
NUOVA ERA MASCARO L’arrivo della nuova amministrazione guidata dal fresco vincitore Paolo Mascaro, eletto a furor di popolo nel 2015, pareva aver riacceso il “sogno” e i fari attorno al Bastione. Ne è nato invece un braccio di ferro con l’azienda appaltatrice dei lavori, culminata poco più di un anno fa con un nulla di fatto: ponteggi smontati, addio alle armi e ai sogni di gloria. Era il 3 luglio 2019, in piena gestione commissariale e ora, con un Mascaro-bis battezzato a dicembre, il Bastione di Malta è tornato ad essere il protagonista principale di un nuovo episodio, simile a quelli precedenti e identico anche nella narrazione.
OBIETTIVI E UTOPIE Una nuova stagione estiva che incombe fa da scenario alla determina n. 428 del 4 giugno 2020. Sulla carta, nero su bianco c’è scritto «Lavori di ”Acquisizione e valorizzazione del Bastione di Malta” – Approvazione della relazione sullo stato di consistenza dei lavori eseguiti, del verbale di accertamento tecnico contabile e disposizioni per atti conseguenti», ma è impossibile, nei fatti, non pensare ad una nuova illusione.
L’obiettivo del primo cittadino di Lamezia è quello di sempre, uguale a quello di chi lo ha preceduto: ridare finalmente lustro al simbolo più importante della città della Piana. Un’altra strada in salita da percorrere, tra carte, verifiche, avvisi pubblici, lavori da completare (magari) e la consegna definitiva alla cittadinanza. Con una pandemia quasi completamente alle spalle e un solco profondo tra il “prima” e un dopo ancora incerto, e sognare di questi tempi, in fondo, non costa poi tanto.
Ma attenzione a non trasformare il disincanto e la speranza di una città nell’ennesima utopia. Un po’ come scriveva il filosofo e pensatore, Arthur Schopenhauer: «il nostro pensiero di una felicità futura è sempre chimerico: ora c’inganna la speranza, ora ci delude la cosa sperata». (redazione@corrierecal.it)
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