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«Resta il poltronificio la priorità della Regione»

di Franco Scrima*

Pubblicato il: 15/06/2020 – 10:29
«Resta il poltronificio la priorità della Regione»

Nonostante la necessità di sviluppare l’economia per combattere la crisi economica che da decenni mette in ginocchio la Calabria, la maggioranza politica presente in Consiglio Regionale, in modo inopinato, dopo essersi accaparrate tutte le poltrone delle commissioni, si è lasciata andare anche alle assunzioni temporanee, compresa la nomina di un “portavoce” del presidente del Consiglio scelto, ovviamente, tra i suoi amici più fidati, al quale ha firmato un contratto che prevede una retribuzione annua di 76.400 euro.
Questo e altro accade in Calabria in un momento in cui la situazione avrebbe consigliato di soprassedere trattandosi di una regione con una popolazione di poco meno di due milioni di abitanti, statisticamente tra le più povere d’ Italia. Con un settore industriale asfittico che trova qualche “oasi” lungo le zone costiere nelle quali eccellono le coltivazioni di ulivi e di agrumi, cui fanno eco il settore chimico e quello meccanico localizzati nel tratto compreso tra le provincie di Catanzaro e Vibo Valentia, l’unica area ad eccellere nel settore del turismo balneare è la costa jonica; ma quest’anno, prima di crogiolarsi al sole a causa del “Coronavirus”, bisognerà attendere il flusso turistico. Più a Sud, nella provincia di Reggio Calabria, se si esclude il Porto di Gioia Tauro tra i più grandi d’Europa, l’economia si basa essenzialmente sull’agricoltura e sul terziario. Poco per pensare che, senza l’aiuto dello Stato, la popolazione possa raggiungere livelli più alti, a tutto danno del benessere sociale inesorabilmente fermo.
Nonostante tale realtà, Il Consiglio Regionale, che pure conta al suo interno un ufficio stampa di prim’ordine con cinque giornalisti in organico, ha ritenuto di dover nominare un portavoce del Presidente, riconoscendogli uno stipendio di 5.800 euro al mese per tredici mensilità.
Portavoce di Domenico Tallini è stato scelto il signor Gaetano Stagno, politicamente tra i suoi fedelissimi. Si aggiunge così alla lista degli esterni alla Regione che nei giorni scorsi sono stati assunti con incarichi a tempo come autisti o impiegati amministrativi. Tutti, ovviamente, persone politicamente vicine alla nuova maggioranza. Addirittura, visto il numero degli “aspiranti”, si racconta che sia stata fatta una selezione e, in qualche caso, si sia deciso di dividere lo stipendio al 50 per cento tra due “concorrenti”. Denaro, Inutile dirlo, che verrà sottratto alle esigenze della comunità, buona parte della quale è costretta a fare i conti per riuscire nello stesso giorno a mettere insieme il pranzo e la cena.
Un sistema, questo delle nomine a tempo, che non riguarda solo il presidente Tallini. Degli “incarichi temporanei”, infatti, si sono serviti in passato anche altri. Il motivo? Sempre lo stesso: uno stipendio non si nega a nessuno purché parenti, amici o amici degli amici. Alla fine la spesa per pagare i nuovi stipendi sarà di qualche milione di Euro. Alcuni dei beneficiati non sarebbero proprio indigenti, se è vero che tra di loro vi sono consiglieri comunali in carica. Ma la regola applicata, anche questa volta, è stata che difronte al “bisogno” non c’è nulla che impedisca di aiutare il prossimo. E poi un portavoce fa sentire tutti più importanti.
Poco male se la Calabria non fosse da tempo dentro una spirale di desertificazione culturale e tristemente offesa dalla povertà incalzante. Nella regione prevale, purtroppo, l’idea che il progetto politico consiste nella scelta dei candidati, ultimata la quale, si innesta, inesorabile, il principio del “do ut des”, senza comprendere che questa è una formula, al di là della sua povertà culturale, che non fa compiere neppure un metro in avanti lungo l’asse del progresso sociale. Così che, ad occuparsi di politica, fatte salve alcune riconosciute intelligenze, siano sempre persone che, pur non avendo specifiche capacità si avventurano in politica consapevoli dei vantaggi personali che essa offre.
Per stroncare l’andazzo servirebbe una “rivoluzione sociale e culturale” che imponesse un rivolgimento profondo delle abitudini tale da provocare una svolta sostanziale attraverso la quale obbligare il politico all’osservanza di quel principio universale che vuole la classe politica fatta di persone preparate e culturalmente capaci, che sappiano individuare i problemi e riescano a realizzarli senza compromessi e senza fini reconditi.
L’elettorato da parte sua, soprattutto quel 55% che si è astenuto dal voto nelle ultime elezioni regionali, dovrebbe capire che deve ritornare ad essere protagonista assoluto anche della selezione dei rappresentanti politici, sapendo che diversamente consente al sistema clientelare di perpetuarsi indisturbato.
Finché tutto questo lo lasceremo scritto sul libro dei sogni, finché la politica non sarà obbligata a svolgere con impegno il suo insostituibile ruolo, il riscatto sociale della Calabria è destinato a rimanere una chimera. Bisogna assumersi la responsabilità di far sentire il peso determinante della delega che col voto si concede e pretendere comportamenti coerenti e corretti. È questa la strada per accantonare eventuali appetiti dei soliti politicanti. Finché non saranno sconfitti i mestieranti del consenso politico, il cui obiettivo è garantirsi l’egemonia del blocco sociale dominante, a rimanere strumento del desiderio continuerà ad essere il territorio calabrese che, a parole, tutti si dicono disposti ad aiutare ma nei fatti dimostrano di non esserne capaci, per non dire altro.
*giornalista

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