REGGIO CALABRIA Prima individuavano gli imprenditori in difficoltà. Poi li avvicinavano, promettendo prestiti per ridare ossigeno alle loro attività. E pretendevano la restituzione del denaro con interessi fino a oltre il 1.700% su base annua. Al momento dell’elargizione del denaro si facevano consegnare assegni “in bianco”, di un importo comprensivo del capitale prestato e dell’interesse del solo primo mese. Una garanzia per la cosca che guidava il sistema dell’usura ed era pronta a punire con minacce e azioni intimidatorie chi non riusciva a restituire le somme. Andava così, nel fazzoletto della Piana di Gioia Tauro in cui il clan “Longo-Versace” aveva deciso di controllare il respiro dell’economia. A margine, i sodali della ‘ndrina avevano elaborato un articolato sistema di riciclaggio, con il coinvolgimento di più persone, per sostituire gli assegni “sospetti” con denaro contante, che a sua volta continuava ad alimentare il sistema illecito di finanziamento. Un ingranaggio quasi perfetto, che oggi la Dda di Reggio Calabria, i carabinieri e la guardia di finanza hanno scardinato, con l’arresto di 22 persone e il sequestro di beni per 5 milioni di euro.
GLI ARRESTI Nella giornata odierna, nelle province di Reggio Calabria e Imperia, i Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria, con il supporto dei Reparti territorialmente competenti, dello Squadrone Carabinieri Eliportato “Cacciatori “e dell’8° Nucleo Elicotteri di Vibo Valentia, in collaborazione con i militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, sotto il coordinamento della Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, diretta dal Procuratore Capo Giovanni Bombardieri, hanno dato esecuzione all’ordinanza di applicazione di misure cautelari e Decreto di Sequestro Preventivo emessa dal gip del Tribunale di Reggio Calabria – Caterina Catalano, su richiesta del Procuratore Aggiunto Calogero Gaetano Paci e dai Sostituti Procuratori Giulia Pantano e Sabrina Fornaro – con la quale sono stati disposti i seguenti provvedimenti cautelari:
– personali, nei confronti di:
AUDDINO Nicola, nato il 10.11.1973, di Polistena;
CIRCOSTA Claudio, nato a il 21.02.1985, di Polistena;
CIRCOSTA Francesco, nato il 26.09.1979, di Polistena;
GIARDINO Domenico, nato il 23.11.1966, di Polistena;
IANNIZZI Salvatore, nato il 13.09.1969, di Cinquefrondi;
IANNIZZI Serafino, nato il 20.08.1975, di Cinquefrondi;
IAROPOLI Agostino Alessandro, nato il 08.10.1975, di Polistena, ristretto agli arresti domiciliari;
IERACE Fabio, nato il 03.05.1968, di Polistena;
LAMANNA Diego, nato il 16.01.1979, di Polistena;
LONGO Francesco, nato il 05.07.1968, di Polistena;
LONGO Rocco, nato il 28.09.1993, di Polistena, ristretto agli arresti domiciliari;
LONGORDO Cesare, nato il 22.06.1966, di Polistena;
POLITANO’ Vincenzo, nato il 28.01.1971, di Polistena;
PRONESTÌ Maria nata il 10.07.1976, di Galatro;
RACO Antonio, nato il 05.06.1983, di Polistena;
RAO Vincenzo, nato il 20.08.1975, di Polistena;
SPOSATO Francesco Domenico, nato il 01.01.1971, di Taurianova;
SPOSATO Giovanni, nato l’11.03.1968, di Taurianova;
TIBULLO Mariaconcetta, nata il 07.12.1983, di Polistena, ristretta agli arresti domiciliari;
VALERIOTI Andrea, nato il 24.02.1982, di Polistena;
VERSACE Luigi, nato il 15.06.1982, di Cinquefrondi;
ZERBI Antonio, nato il 19.10.1959, di Polistena;
Tutti sono ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione di tipo mafioso, usura, estorsione, riciclaggio, esercizio attività finanziaria abusiva, detenzione illegali di armi, tutti aggravati dalla finalità e dal metodo mafioso, avendo fatto parte o comunque favorito la ‘ndrangheta nella sua articolazione territoriale denominata cosca “Longo-Versace”, radicata nella Piana di Gioia Tauro e riconducibile alla mandamento tirrenico della provincia di Reggio Calabria, nelle sue attività di condizionamento e assoggettamento del territorio, delle persone e della locale vita imprenditoriale ed economica.
Disposti anche sequestri su un patrimonio complessivamente quantificato in oltre 5 milioni di euro costituito da compendi aziendali di 9 imprese/società, 45 unità immobiliari, beni mobili e disponibilità finanziarie riconducibili agli indagati.
Disposto anche il sequestro preventivo, fino all’ammontare di circa 144.000 euro – corrispondente all’importo degli interessi usurari corrisposti dalle vittime – su ulteriori disponibilità finanziarie, beni mobili e immobili intestati ai predetti.
INDAGINI PARTITE NEL 2014 DA UNA VITTIMA DI USURA L’operazione “Libera Fortezza”, è stata avviata dalla Compagnia Carabinieri di Taurianova nel 2014 e successivamente integrata e riattualizzata, con ulteriori indagini dei carabinieri e anche con l’apporto specialistico del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, acclarando ripetute condotte delittuose anche molto recenti.
La genesi dell’indagine è rappresentata da un mirato controllo dei Carabinieri della Stazione di Polistena effettuato nei confronti di un imprenditore locale, il quale confidava ai militari le numerose difficoltà economiche che stava attraversando e di essere sotto il giogo di esponenti della criminalità organizzata locale. L’uomo infatti, era stato costretto a ricorrere a svariati prestiti, risultati poi usurari e attuati con modalità estorsive.
LA RETE DI USURAI ED ESTORTORI Lo sviluppo dell’attività investigativa ha permesso di individuare altre numerose vittime e di appurare quindi l’esistenza di una vera e propria rete di usurai ed estortori facente capo alla cosca di ‘ndrangheta “Longo-Versace”, la quale, attraverso i suoi affiliati e avvalendosi della forza di intimidazione e della condizione di assoggettamento e omertà del territorio, aveva lo scopo di conseguire vantaggi patrimoniali dall’erogazione di prestiti usurari a imprenditori e commercianti in difficoltà economiche e dall’imposizione di pretese estorsive; creare un sistema di pronta reperibilità del credito, basato sulla concessione abusiva di finanziamenti al di fuori del circuito bancario autorizzato, acquisendo direttamente o indirettamente la gestione e/o il controllo di attività economiche nei più svariati settori, per poi riciclare il denaro attraverso il reimpiego di assegni “in bianco” pretesi dalle vittime, con la compiacenza di altri imprenditori;
mantenere il controllo egemonico sul territorio, realizzato attraverso la sottoposizione delle vittime a una condizione di dipendenza economica, ma anche attraverso il compimento di atti intimidatori;
commettere delitti contro il patrimonio, contro la vita e l’incolumità e individuale e le armi, e intervenire nelle controversie altrui al fine di consolidare il controllo egemonico del territorio. Tra queste ultime, numerosi sono gli episodi in cui i sodali si rivolgevano ai vertici dell’organizzazione per risolvere in proprio favore minacce ricevute, danni, truffe subite, ma anche per la raccolta della legna, o risolvere il problema della concorrenza di altri esercizi commerciali.
INTERESSI “FUORI SOGLIA” In tale contesto, la Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, ha delegato al locale Nucleo di Polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza, con particolare riferimento agli episodi di usura accertati nel corso delle indagini, appositi approfondimenti circa la natura dei prestiti personali pattuiti tra i sodali e le vittime.
All’esito, valorizzando le funzioni proprie della Guardia di Finanza nella prevenzione e contrasto ad ogni forma di infiltrazione della criminalità nel tessuto economico del Paese, il Gruppo Tutela Economia del citato Nucleo Pef, ha riscontrato il superamento, in tutti i casi accertati, del cosiddetto tasso “soglia” previsto per legge – ovvero del limite oltre il quale, nella restituzione di un prestito, si commette il reato di usura – calcolando in circa euro 144.000, gli interessi indebitamente corrisposti dai malcapitati, anche attraverso condotte estorsive aggravate dal metodo mafioso.
DA 15 A 55MILA EURO IN DUE ANNI Si pensi, a titolo di esempio, che in uno degli episodi di usura ricostruiti attraverso le indagini condotte dalla Compagnia Carabinieri di Taurianova, a fronte di un prestito personale originario di euro 15.000, un imprenditore ha restituito – attraverso minacce e pressioni degli indagati derivanti dallo loro vicinanza da ambienti criminali – in circa due anni, ben 55.000 euro a titolo di soli interessi, corrisposti ad un tasso usurario superiore del 200% a quello soglia, restando comunque debitore per la restituzione del capitale.
IL MODUS OPERANDI L’indagine ha consentito di delineare una comune modalità di azione degli indagati, i quali: dopo aver accuratamente individuato la vittima bisognosa e dopo aver concesso il prestito in denaro, ottenevano la promessa di restituzione di un importo maggiorato di un oneroso e illecito tasso d’interesse variabile, che è arrivato fino al 1.756,40% su base annua (27,56 % su base mensile); al momento della dazione del prestito in contanti, i sodali si facevano consegnare assegni “in bianco”, di un importo comprensivo del capitale prestato e dell’interesse del solo primo mese, a titolo di garanzia in caso di inadempimento; dopo la dazione del prestito, la vittima era obbligata al pagamento di interessi mensili aggiuntivi fino a quando non fosse riuscita a restituire in un’unica soluzione, il capitale sommato all’interesse; in caso di mancato pagamento le vittime venivano minacciate e/o subivano azioni intimidatorie, facendo leva sull’appartenenza alla ‘ndrangheta degli interessati alla restituzione; alcune vittime assumevano il ruolo ambiguo di tramite per far pervenire le minacce dei sodali a terzi soggetti, o, a loro volta, tentavano di saldare il proprio debito facendo da tramite per elargire altri prestiti usurai; creavano un articolato sistema di riciclaggio, con il coinvolgimento di più persone, finalizzato alla sostituzione di una grande quantità di assegni di provenienza delittuosa con denaro contante, che a sua volta continuava ad alimentare il sistema illecito di finanziamento.
L’ORGANIGRAMMA DELLA COSCA L’operazione ha colpito capi, discendenti e gregari della cosca di ‘ndrangheta “Longo-Versace” e gli inquirenti hanno documentato i rispettivi ruoli ricoperti all’interno del sodalizio mafioso, ed in particolare: Luigi Versace, Domenico Giardino e Diego Lamanna, quali capi ed organizzatori della cosca, avevano compiti di decisione delle modalità di gestione degli affari del sodalizio, di individuazione delle azioni delittuose da compiere, di valutazione della solvibilità dei debitori e di composizione delle conflittualità tra gli affiliati o con terzi appartenenti a cosche differenti;
Vincenzo Rao, aveva il ruolo di organizzatore e gestore dei rapporti economici della consorteria con i numerosi debitori, destinatari di continue erogazioni del credito, nonché quale ‘contabile’ delle pendenze creditorie non ancora soddisfatte e riferibili al sodalizio;
Claudio Circosta, Francesco Circosta, Fabio Ierace, Francesco Longo, Cesare Longordo, Vincenzo Politanò, Maria Pronestì, Antonio Raco, Mariaconcetta Tibullo, Andrea Valerioti, Antonio Zerbi nel ruolo di partecipi all’organizzazione di tipo mafioso, con compiti di esecuzione degli ordini e direttive dei capi, e con funzioni operative manifestatesi nel porre in essere quotidiane azioni intimidatorie, volte a mantenere il controllo del territorio polistenese, nel procacciamento delle vittime dei reati contro il patrimonio, nella riscossione dei proventi dei reati, e nella cooperazione con gli altri associati nella realizzazione del programma criminoso del gruppo;
Giovanni Sposato e Francesco Domenico Sposato, esponenti dell’omonima cosca operante in Taurianova, pur non ritenuti affiliati alla cosca “Longo-Versace”, avrebbero fornito determinante contributo alle finalità del sodalizio polistenese, facendo desistere, mediante minacce, due imprenditori di Taurianova ad avviare un bar-pasticceria a Polistena, concorrente ad analoga attività commerciale della predetta Tibullo Mariaconcetta (vicenda ricostruita grazie a paralleli accertamenti investigativi svolti dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria).
I LEGAMI DI SANGUE Tra i soggetti indagati emergono figure legate da vincoli di parentela con gli storici capi cosca di Polistena, a conferma della solidità del principio familistico della ‘ndrangheta, ed in particolare:
Luigi Versace, figlio di Antonio Versave cl. 1952, temuto esponente di vertice della criminalità organizzata polistenese nel periodo a cavallo tra gli anni 80 e 90, ucciso a Polistena il 7 settembre 1991 unitamente al fratello Michele, durante una plateale esecuzione mafiosa, e di Maria Violetta Longo, figlia del patriarca Luigi Longo cl. 1918;
Diego Lamanna, genero di Domenico Longo cl. 1948, a sua volta figlio del predetto defunto boss Luigi cl. 1918;
Domenico Giardino, genero di Francesca Longo cl. 46, anch’ella figlia del citato defunto patriarca Luigi cl. 1918;
Rocco Longo cl.1993, figlio di Francesco Longo cl. 1968 detto “Ciccio Mazzetta”, anch’egli tra gli odierni arrestati ed esponente di assoluto rango nel contesto della criminalità organizzata locale, figlio del defunto boss Rocco Longo cl. 31, nonché fratello di Vincenzo Longo cl. 63, anch’egli noto esponente della cosca processato e condannato già nel processo “Crimine”;
Francesco Circosta, genero del defunto Antonio Versace cl.52;
Vincenzo Rao, figura centrale nell’indagine, è legato da vincoli parentali acquisiti con Giovanni Longo cl. 66, esponente apicale dell’omonima cosca, già condannato in via definitiva nell’operazione “Scacco matto”.
IL PATRIMONIO SOTTO SEQUESTRO Alla luce di quanto ricostruito dall’attività investigativa condotta dai Carabinieri di Taurianova, l’autorità giudiziaria sempre più interessata all’evoluzione economico-imprenditoriale della criminalità organizzata, delegava al Gico della Guardia di Finanza apposita indagine a carattere patrimoniale finalizzata all’individuazione del patrimonio illecitamente accumulato dagli indagati.
All’esito, i finanzieri, ricostruendo attraverso una complessa e articolata attività di accertamento, tutte le transazioni economiche poste in essere dagli indagati negli ultimi 25 anni, individuavano il patrimonio dei quali gli stessi risultavano disporre, direttamente o indirettamente, il cui valore era decisamente sproporzionato rispetto alla capacità reddituale dichiarata ai fini delle imposte sui redditi, ponendo le basi per l’applicazione della misura del sequestro su un patrimonio di valore stimato in oltre euro 5 milioni illecitamente accumulato e costituito da 45 immobili, beni mobili, disponibilità finanziarie e quote societarie, nonché dagli interi compendi aziendali delle seguenti n. 9 imprese:
impresa individuale “Digiauto di Lamanna Diego” con sede in Polistena (RC), esercente l’attività di vendita e commercio di autoveicoli, motoveicoli, barche;
società “Beauty Dagge s.r.l.” con sede in Polistena (RC), esercente l’attività di commercio all’ingrosso di mobili e arredi per uffici e negozi, prodotti estetici di manicure e parrucchieri;
società “Digi Motors S.r.l.s.” con sede in Piacenza, esercente l’attività di vendita e noleggio di autovetture senza conducente, trattori, motocicli, roulotte e barche;
impresa individuale di “Candiloro Erminia”, esercente l’attività di “commercio al dettaglio prodotti per agricoltura, giardinaggio”, con sede in Polistena (RC);
impresa individuale “Circosta Market di Circosta Claudio”, con sede in Polistena (RC), esercente l’attività in esercizio di vicinato di prodotti alimentari: pane, pasta, salumi, formaggi, frutta e verdura;
società “Edil Sud S.a.s. di Ierace Fabio & C.” con sede in Polistena (RC), esercente l’attività di lavori generali di costruzione edifici e lavori di ingegneria civile;
impresa individuale “Sposato Giovanni”, con sede in Taurianova (RC), esercente l’attività di “costruzione di edifici residenziali e non residenziali;
società “Impresa Edile Sposato Giovanni S.r.l. a socio Unico” con sede in Taurianova (RC), esercente l’attività di costruzione di edifici residenziali e non residenziali;
impresa individuale “Edil Costruzioni di Sposato Francesco Domenico” con sede in Taurianova (RC), esercente l’attività di costruzione e opere di ingegneria civile.
L’operazione odierna colpisce duramente l’asfissiante presenza della ‘ndrangheta nel territorio polistenese, in grado, tra l’altro, di inquinare il settore dell’erogazione del credito, soprattutto in favore di chi si è trovato in difficoltà e bisognoso di liquidità, e testimonia l’incessante azione sinergica di contrasto, posta in essere dalle Forze di Polizia, alle infiltrazioni della ‘ndrangheta nel circuito economico-legale, reso ancor più appetibile nell’attuale periodo di crisi connessa con l’emergenza Covid-19, ove imprenditori e commercianti devono affrontare le serie difficoltà finanziarie conseguenti all’impossibilità di lavorare durante il lockdown. È fondamentale contrastare in modo efficace tutti coloro che tentano di distruggere tali libertà economiche e sociali, aggredendo anche tutti i patrimoni illecitamente accumulati, al fine di garantire un ristoro e una tutela alle vittime che denunciano.
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