di Fabio Papalia
REGGIO CALABRIA “Parenti cravattari”, certe volte il legame di parentela più è stretto e più stringe al collo. Ne sa qualcosa un collaboratore scolastico di Polistena, una delle vittime dell’operazione “Libera Fortezza”, caduto nella rete degli usurai dopo avere avuto come intermediario proprio il cugino (tra gli odierni arrestati ma di cui non pubblichiamo il nome per non rendere riconoscibile la vittima) per un prestito. I problemi economici del collaboratore scolastico sono iniziati nel 2013, legati a un incidente stradale con la conseguente necessità di risarcire il danneggiato per un importo di 5-6 mila euro e riparare la propria auto. Non riuscendo col misero stipendio di 820 euro a fronteggiare le spese, l’uomo ha chiesto al cugino, figlio della sorella di sua madre, del denaro in prestito. Già prima dell’incidente aveva avuto una volta un prestito di 500 euro, dovendo restituirne 1.500.
Stavolta a fronte di un prestito di mille euro il collaboratore scolastico si è impegnato a restituirne 5.400. Poi dal 2013 al 2016 la vittima ha ricevuto prestiti di circa 300 euro ogni 2-3 mesi, restituendo un importo complessivo di ben 23 mila euro. Certamente al di sopra della soglia di usura, secondo i calcoli degli investigatori, subendo continue telefonate e richieste di restituzione.
Infine, il cugino lo ha costretto anche a sottoscrivere un finanziamento di 729 euro con una nota società, con restituzione in 30 rate mensili, per l’acquisto di un telefono cellulare iPhone 6 da 16 gigabyte, destinato alla fidanzata dell’epoca. Alla fine la vittima ha trovato il coraggio di rivolgersi ai carabinieri: «Io avevo paura sia di quelle persone che di mio cugino. Mio cugino è un delinquente ed è stato anche in carcere, un avanzo di galera», fino a prendere la decisione più importante: «Non voglio nemmeno che venga più definito come mio cugino trattandosi di un delinquente».
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