di Giorgio Curcio
AMANTEA Manodopera impiegata con violenze e minacce, sfruttata approfittando del loro stato di bisogno. L’ennesimo caso di caporalato scoperto in Calabria e messo a nudo dall’operazione eseguita, questa mattina, ad Amantea dagli agenti del commissariato guidato dal vicequestore Giuseppe Zanfini.
In totale sono 7 le persone finite ai domiciliari. Si tratta di Gennaro Suriano (cl 64), Francesco Suriano (cl. 55), Rocco Suriano (cl. 60), Saverio Suriano (cl. 60), Roberto Suriano (cl. 64) e due cittadini del Bangladesh, Anouar Hossain Mizan, e Das Kakon. Sequestrata anche l’azienda “La Carota s.r.l.”, detenuta in quote del 20% dagli stessi soggetti finiti ai domiciliari.
LA DENUNCIA Si tratta di un’indagine scaturita dalla denuncia di due cittadini pakistani che, agli agenti del Commissariato di Paola, raccontato dello sfruttamento subito dai titolari della società. Gli stessi datori di lavori, approfittando del loro stato di bisogno, pretendevano turni di lavoro estenuanti, eccedenti quelli previsti dalla legge con paghe giornaliere basse. Dopo la denuncia, la Procura di Paola ha avviato subito le indagini che, di fatto, hanno aperto scenari ancora più allarmanti. Ai lavoratori erano stati promessi 30 euro al giorno e l’impiego di tre volte alla settimana dalle ore 8 alle 13 e dalle ore 15 alle ore 18. Ma, nei fatti, si trattava solo di un’illusione con i lavoratori costretti in molti casi a sfiancarsi fino all’1 del giorno successivo.
CAPORALI INTERMEDIARI Anouar Hossain Mizan e Das Kakon rivestivano, secondo le indagini, un ruolo di prestigio. Sempre attraverso le dichiarazioni e le denunce acquisite è emerso come i due cittadini Bangla fiduciari dei datori di lavoro curassero il reclutamento della manodopera, concordando i giorni e gli orari di lavoro, l’ospitalità degli stessi al punto che per ogni giornata di lavoro ricevono dai connazionali la somma di cinque euro oltre ad un fisso mensile per il vitto. Ed erano loro a trattenere mensilmente 200 euro per il pagamento della quota di affitto e il cibo per i lavoratori che, in molti casi, erano senza permesso di soggiorno e senza alcun contratto lavorativo.
TRATTATI COME ANIMALI Come ampiamente descritto, le condizioni di lavoro riferite dai testimoni erano degradanti a tal punto da essere definite dagli stessi cittadini extracomunitari disumane. I lavoratori venivano sostanzialmente trattati alla stregua di animali e quotidianamente gli venivano rivolti e gridati contro insulti e cattive parole. Spesso venivano intimiditi con gesti diretti che mimavano un’aggressione fisica associati a urla e cattive parole. Sono stati raccontati, inoltre, episodi di maltrattamenti morali e fisici, come quando descrivono il lancio di una cassetta vuota di plastica utilizzata come corpo contundente da Francesco Suriano contro un lavoratore, fatto accaduto in almeno tre circostanze. (redazione@corrierecal.it)
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