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Giornata Fai a Lamezia, riapre l’Abbazia Benedettina

In occasione dell’iniziativa promossa dal Fondo ambiente italiano si potrà nuovamente visitare uno dei siti archeologici meglio conservati in Calabria. L’evento sabato e domenica prossima

Pubblicato il: 24/06/2020 – 15:52
Giornata Fai a Lamezia, riapre l’Abbazia Benedettina

LAMEZIA TERME Da sabato 27 l’Abbazia Benedettina di Lamezia Terme riaprirà al pubblico in occasione dell’edizione speciale della Giornata Fai all’Aperto. L’iniziativa promossa dalla delegazione di Catanzaro del Fai (Fondo ambiente italiano) si svolgerà con la collaborazione del Comune di Lamezia Terme e consentirà di visitare i resti di uno dei meglio conservati e suggestivi siti archeologici della Calabria.
Le visite, prenotabili per l’occasione sulla pagina ufficiale del FAI, saranno distribuite tra le 17 e le 20 di sabato 27 giugno. Ai visitatori sarà richiesto di indossare le mascherine e rispettare le indicazioni sulle norme di sicurezza anticovid: registrazione in ingresso, igienizzazione delle mani, organizzazione in gruppi di massimo quindici visitatori per volta. Guide d’eccezione saranno gli Apprendisti Ciceroni del Liceo Classico “F. Fiorentino” e del Liceo “T. Campanella”, affiancati dai giovani tirocinanti del Servizio Civile Universale in servizio presso il Comune di Lamezia.
IL PROGRAMMA Sabato pomeriggio, a partire dalle ore 17,00, in turni cadenzati ogni 45 minuti e in gruppi di 15 persone, per garantire il rispetto delle norme anti Covid-19, saremo a Lamezia Terme per visitare l’Abbazia di Santa Maria e le Terme di Caronte.
L’Abbazia di Santa Maria a Sant’Eufemia Vetere di Lamezia Terme, fondata nella seconda metà dell’anno 1000 da Roberto il Guiscardo, sui resti di un monastero bizantino, è un monumento a cielo aperto, immerso tra le terre colme di ulivi e poco distante dal sito archeologico di Terina, una colonia greca insediatasi nel VI secolo e da cui provengono i materiali di riuso utilizzati nella costruzione dell’edificio. Da un punto di vista architettonico il confronto più importante si può istituire con il Duomo di Cefalù edificato nei 1131, ma non mancano analogie con la SS. Trinità di Mileto o Santa Maria della Roccella nel parco di Scolacium.
Poco distanti le Terme di Caronte la cui conoscenza viene fatta risalire all’epoca di Omero; in seguito le terme sarebbero state raffigurate in alcune monete coniate nella antica città greca di Terina nel III° secolo a.C. e forse identificabili, secondo le opinioni di alcuni archeologici, con la “Acque Angae” dei Romani nel II° secolo d.C.. Successive testimonianze indicano che ai tempi del Normanni, nel 1056, il condottiero Roberto il Guiscardo si sia fermato alle fonti, insieme ai suoi uomini, per risollevarsi dalle fatiche di una battaglia. Dopo che la zona fu a lungo abbandonata perché malsana, le terme furono riscoperte tra il XVII e il XVIII secolo, epoca alla quale risalgono anche alcuni studi commissionati dai governatori locali del Regno delle Due Sicilie.
Situati proprio all’interno dello stabilimento termale di Caronte, sono i ruderi che testimoniano la presenza del culto, molto sviluppato presso i nicastresi ed i calabresi, verso i Santi Quaranta Martiri; culto che originariamente diede sfogo alla presenza di un monastero di origine bizantina individuato da alcuni studiosi sulla fiancata orientale del monte S.Elia-Mitoio.
Domenica 28, sempre a partire dalle ore 17,00 e con le stesse modalità, potremo visitare a Curinga il Monastero di Sant’Elia vecchio e fare una piacevole passeggiata nel bosco fino ad arrivare al monumentale Platano.
Il platano di Vrisi è un albero millenario alto fino a 20 metri con tronco della circonferenza di 18 metri . Su un lato presenta un’enorme apertura, alta più di 3 metri, da cui si ha accesso alla cavità del tronco, che presenta varie aperture, come delle finestrelle da cui si può sbirciare sull’esterno. Antiche leggende raccontano che furono i monaci stessi a piantarlo. Le radici, alcune delle quali visibili, si piantano nel terreno come le dita delle mani e i rami, spogli in inverno, sembrano delle lunghe braccia.
Il Monastero di sant’Elia vecchio comprende i resti del “Sancta Sanctorum”, un vano a pianta quadrata chiuso da una cupola in buono stato di conservazione; sono ancora visibili i resti della navata e dell’antico cenobio. Il monastero, prima Basiliano, passò ai Carmelitani nel 1632 ed essendo diventato eremo prima dell’arrivo dei carmelitani, si configura come un unicum per i resti della chiesa munita di una notevole abside sormontata da una cupola in pietra, con evidenti richiami all’architettura armena. Dal piazzale del Monastero potremo godere della vista di un magnifico tramonto e se saremo particolarmente fortunati cogliere la magia del raggio verde.
La serata sarà allietata da un gruppo di piccoli musicisti e dai volontari che leggeranno alcuni brani tratti dal libro “La leggenda del Platano di Vrisi”.

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