di Michele Presta
COSENZA «Ciao stai bene? Tu vai sempre con la tua testa. Sappi che a breve ti vengo a visitare». Le parole dell’ex capo del comando provinciale di Cosenza dei Vigili del Fuoco sono risuonate come una minaccia nell’orecchio dell’imprenditore cosentino. Saranno le ultime; dopo queste, infatti nello scorso mese di febbraio quell’imprenditore decise di denunciare tutto ai carabinieri.
La corrispondenza tra i due è stata fitta per più di due anni al punto che sul tavolo degli investigatori non è arrivato solo un racconto circostanziato ma anche una registrazione avvenuta nell’ufficio del comando provinciale di Cosenza tra Massimo Cundari e l’uomo d’affari a cui servivano tutte le autorizzazioni e certificazioni per aprire un impianto di Gpl. Concussione, falso in atto pubblico, induzione indebita a dare o promettere utilità. Sono questi i reati contestati dalla procura guidata da Mario Spagnuolo nei confronti dell’ex comandante dei Vigili del Fuoco di Cosenza. È il secondo funzionario di Stato (dopo il prefetto Paola Galeone) a finire sott’inchiesta da parte degli uffici giudiziari della procura cosentina. Anche in questo caso, fondamentale la denuncia della vittima che ha permesso ai carabinieri del Norm di acquisire una serie di indizi utili per poter circostanziare le ipotesi di reato.
LE MAZZETTE PER I CERTIFICATI E LA BMW Dalla caserma di viale della Repubblica non escono solo i mezzi dei Vigili del Fuoco lanciati a tutta velocità e pronti a prestare soccorso, ma anche una serie di documenti e certificati che autorizzano imprenditori (a più livelli) ad avviare o continuare le proprie attività. Certificati che riguardano le strutture e gli uomini che ci lavorano: di questo aveva bisogno l’imprenditore cosentino. Sono 8mila e 500euro quelli che la vittima riferisce di aver versato per poter avviare la sua attività, altri 15mila avrebbe dovuto darli per pagare le rate di una Bmw comprata dal comandante Massimo Cundari. «Ha sempre insistito dicendo che aveva necessità di soldi per pagare le rate mensili di 500 euro. Anzi – annotano i carabinieri mentre raccolgono la denuncia – mi diceva che aveva acquistato la macchina proprio perché faceva affidamento sul fatto che io potessi pagargli gli importi corrispondenti alle rate mensili. Io gli rispondevo che non ero stato di certo io a dirgli di acquistare la macchina nuova». Dei 15mila euro che il funzionario dei pompieri avrebbe preteso per pagare la sua macchina, l’imprenditore spiega di averne versato solo 2mila. I due, come captato dalle registrazioni ambientali, hanno parlato spesso di come poter trovare un modo per rateizzare il pagamento. «Se uno tiene la volontà non è che ti dico che tutti i quattordici a una volta, però pure mille euro per volta è un segnale», dice Massimo Cundari che si sente rispondere: «Io ho speso un sacco di soldi e l’inverno non è andato nemmeno bene. Cioè io bene o male, hai visto come sono. Quando abbiamo fatto il progetto e te li ho dati, quando mi hai dato i gas tecnici e te li ho dati quando l’altro giorno e te li ho dati». Trovare un accordo è difficile e quindi il comandante sbraita: «Io ti sto dicendo no, una cazzo di mille euro al mese, ogni due mesi e che cazzo ogni due mesi!». In base a quanto emerso dalle indagini i soldi per pagare l’autovettura sarebbero dovuti arrivare al comandante dei Vigili del Fuoco, in tre rate: la prima di 3mila euro a dicembre 2018, la seconda di 2mila euro a gennaio 2019 e la terza di 10mila euro a marzo-aprile 2019. Una promessa di pagamento che si sarebbe realizzata soltanto in piccolissima parte. Così non sarebbe avvenuto invece per le altre dazioni di denaro, come riportato nei capi d’accusa. Innanzi tutto 2mila e 500 euro per il rilascio della autorizzazioni per i “gas tecnici”, altri 2mila come ricordato per la macchina, la stessa cifra per superare le verifiche di accertamento d’idoneità, mille euro per la precisazione che la Scia era stata presentata allo sportello Suap, la stessa cifra per il rilascio successivo di parere di conformità dell’impianto e gli ultimi 2mila e 500 euro per superare il controllo che sarebbe stato effettuato dopo il periodo di lockdown e per quello relativo al pericolo di incidenti rilevanti per gli stabilimenti di soglia inferiore.
I SOLDI PER AFFITTO E LOUIS VUITTON L’impresa è ufficialmente avviata nel giugno del 2019 ma i due continuano a sentirsi perché la questione dei soldi non si è chiusa con l’inizio dell’attività lavorativa. Poco prima dello scoppio della pandemia si rivedono. All’imprenditore serve un certificato che avrebbe già dovuto avere da diverso tempo. Cundari, secondo quanto emerge dagli atti di indagine, ne avrebbe approfittato per chiedere altri soldi ed un accessorio griffato Luis Vuitton. «Non mi devi dare tutto subito, tieni mille euro e me li porti, tieni settecento euro e mi porti settecento euro. Io tengo a mia figlia ora che è partita per l’università, mi ha svenato», dice l’ex capo dei pompieri. Le spese per l’affitto della casa, però, secondo il gip «sono legate e motivazioni pretestuose e non a uno stato di effettivo bisogno». Per il giudice infatti «l’alloggio abitato dalla figlia per l’università risulta già definito da tempo, con importi inferiori alla cifra di 3mila euro chiesta da Cundari». Ma nel corso dell’incontro, prima che iniziasse il periodo di lockdown è spuntata anche la richiesta particolare: l’acquisto di un borsello di marca che sarebbe dovuto concretizzarsi online e poi consegnato a una prossima visita. Cundari ha dato all’imprenditore il codice del prodotto e poi glielo ha mostrato. «Vai sul sito di Louis Vuitton e prendimi questa. Te la puoi pure scaricare, così almeno mi risparmio una cosa». Dalle intercettazioni si capisce come le richieste siano condite anche dalle possibili conseguenze di una ispezione. «Quando diventi grande i controlli sono maggiori… quindi devi fare molta attenzione – dice Cundari – ricordati che lo Stato è lento ma prima o poi arriva e quando arriva e non ti trova a posto, ti aggiusta per le feste».
ACCONSENTIRE ALLE RICHIESTE Perché prima di denunciare tutto ai carabinieri l’imprenditore, seppur non cedendo sempre alle richieste, si è prestato a intrattenere questo rapporto con il comandante dei Vigili del Fuoco? «Ho temuto eventuali ritorsioni nel caso mi fossi rifiutato di aderire alle richieste del comandante, questo perché sono impegnato attraverso mio figlio in un’azienda soggetta perennemente ai controlli dei Vigili del Fuoco». È infatti di qualche settimana fa l’ultima richiesta dell’ex comandante. I controlli ricominciano con l’inizio della “Fase 3” e sul cellulare della vittima arriva una foto in cui si evince che Massimo Cundari è nominato componente di una commissione per effettuare un’ispezione nell’azienda interessata dalla vicenda. «Ho pensato a questa foto come a un avvertimento da parte sua del fatto che avrei dovuto chiamarlo per incontrarci martedì o mercoledì (2 e 3 giugno) per consegnargli i soldi che mi aveva chiesto in occasione del nostro ultimo incontro», racconta ai carabinieri l’imprenditore. Non si incontreranno mai più i due. I carabinieri piazzano l’ultimo blitz per sequestrare ulteriori elementi probatori mentre i magistrati mettono nero su bianco la richiesta che il gip ha accolto. Una determinazione alla quale il giudice è arrivato poiché le dichiarazioni rese dalla persona offese in più occasioni, «sono indiscutibilmente caratterizzate da costanza e coerenza» ma anche perché tutto il narrato «da estrema precisione e analiticità nelle indicazione delle singole circostanze». (m.presta@corrierecal.it)
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