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Operazione "Waterfront", revocati i domiciliari a Giorgio Ottavio Barbieri

La misura cautelare era stata disposta nei confronti dell’imprenditore romano coinvolto nell’operazione della Dda di Reggio Calabria. Non viene più riconosciuto di aver agito con l’aggravante del m…

Pubblicato il: 24/06/2020 – 18:17
Operazione "Waterfront", revocati i domiciliari a Giorgio Ottavio Barbieri

REGGIO CALABRIA Giorgio Ottavio Barbieri non è più agli arresti domiciliari. Il 28 maggio, gli uomini delle fiamme gialle gli avevano notificato un’ordinanza di custodia cautelare a seguito delle richieste avanzate dalla Dda di Reggio Calabria e accolte dal gip del tribunale della città metropolitana. Il tribunale del riesame ha accolto la richiesta di scarcerazione presentata da Giovanni Passalacqua e Giuseppe Milica, difensori di fiducia dell’imprenditore romano e ha disposto per l’indagato la misura meno coercitiva dell’interdizione dall’esercizio di attività imprenditoriale. Oltre a questo, all’indagato non è più riconosciuta l’aggravante del metodo mafioso. Barbieri, secondo le accuse mosse dall’antimafia di Reggio Calabria è «l’esponente della cordata romana». Un imprenditore che «metteva stabilmente a disposizione dell’associazione la propria impresa e i requisiti economici e tecnici al fine di frodare le stazioni appaltanti nell’esecuzione delle forniture». Le disponibilità della sua impresa la Barbieri Costruzioni, sarebbero state messe a disposizione degli uomini dei Piromalli e fare business sulle opere pubbliche. Alcuni dei 20  i capi d’accusa nei quali è coinvolto Giorgio Ottavio Barbieri, in questa nuova operazione sono stati derubricati. Per l’altro procedimento istruito dalla Dda di Reggio Calabria, “Cumbertazione” la Corte di Cassazione ha già definito in modo netto come l’imprenditore non fosse un mafioso, mentre dal processo “Frontiera” (istruito dalla Dda di Catazaro) in primo grado di giudizio è stato assolto. Tra i gravi indizi di colpevolezza, dell’inchiesta “Watherfront” sarebbero comprovati dalle «condotte sistematicamente poste in essere (a vario titolo dagli indagati ndr) al fine di sottrarre risorse pubbliche per finalità di arricchimento privato, con conseguente distorsione delle più elementari regole economiche sulla libera concorrenza e sulla parità di trattamento degli operatori economici». (mi.pr)

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