CROTONE Corruzione in atti giudiziari con l’aggravante del metodo mafioso. Con questa accusa il Nucleo di Polizia Economica-Finanziaria della Guardia di Finanza di Crotone, in collaborazione con lo Scico di Roma ha arrestato il noto commercialista Antonio Claudio Schiavone.
L’operazione odierna, coordinata dalla Procura di Salerno, rappresenta il prosieguo della nota inchiesta Genesi che vede al centro l’ormai ex presidente della Corte d’Appello di Catanzaro Marco Petrini. In particolare l’arresto , disposto dal Gip di Salerno, Giovanna Pacifico, è legato all’attività svolta dal commercialista. Secondo quanto accertato dalle indagini, Schiavone, unitamente ad altri soggetti, ha agito per corrompere l’ex presidente della 2^ sezione della Corte d’Appello di Catanzaro Marco Petrini, tratto in arresto il 15 gennaio scorso, allo scopo di ottenere una sentenza favorevole alla restituzione dell’ingente patrimonio sequestrato, nel 2018, nei confronti di Antonio Saraco e dei suoi familiari. Quest’ultimo era stato tratto in arresto nell’ambito dell’inchiesta condotta dalla Dda di Catanzaro denominata “Itaca Free Boat”, in quanto facente parte della consorteria di ‘ndrangheta denominata “Gallace-Gallelli-Saraco”.
IL PATRIMONIO DEL CLAN DI GUARDAVALLE Al centro dell’inchiesta che ha portato all’arresto di Schiavone l’attività che avrebbe svolto per corrompere l’allora presidente Petrini ed ottenere così la restituzione dell’ingente patrimonio sequestrato ad Antonio Saraco, ritenuto uno dei capi della potente cosca di Guardavalle. I sigilli erano scattati nell’ambito dell’operazione Itaca Free Boat che avevano congelato beni riconducibili all’uomo per oltre 25 milioni di euro. All’attenzione degli inquirenti è finito proprio il provvedimento disposto l’11 ottobre del 2017 dall’ex presidente della Corte d’Appello di Catanzaro e che aveva portato al dissequestro di quei beni. Secondo l’accusa inoltre le mazzette ed altre regalie elargite a Petrini sarebbero servite anche ad ottenere “rassicurazioni” da parte dell’allora presidente della Corte d’Appello di “sistemare” anche la posizione penale di Saraco e di un altro soggetto, garantendo loro una forte riduzione di pena.
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