di Alessia Truzzolillo
CATANZARO Il dato più eclatante dell’operazione “Overture” condotta dai carabinieri del Comando Provinciale di Cosenza sono le denunce degli imprenditori vittima di estorsione da parte degli sgherri della consorteria “Perna-Pranno”. «Siamo riusciti a raggiungere questi risultati grazie alla collaborazione degli imprenditori che hanno finalmente trovato il coraggio di denunciare. Per questo dico che ora è il tempo di farsi avanti», ha detto il procuratore capo della Dda di Catanzaro Nicola Gratteri nel corso della conferenza stampa. Estorsioni danneggiamenti e armi da guerra non hanno fermato le denunce, per fare gli esempi più eclatanti, della ditta che conduceva i lavori di ampliamento all’ospedale Annunziata di Cosenza, della ditta che aveva in appalto i lavori per l’illuminazione dell’Unical e finanche dell’impresa che operava il restauro nel convento di San Francesco di Paola a Spezzano. La parola d’ordine era “Siamo qui per conto di Gianfranco di San Vito”. Gianfranco altri non è che Gianfranco Sganga, uscito dal carcere nel 2016 dopo una condanna per associazione mafiosa e rimessosi in fretta a capo della cosca. Sganga ha organizzato i propri uomini per quanto riguarda lo spaccio di droga e le estorsioni. Il quartier generale del gruppo era San Vito e il centro storico di Cosenza.
IL SISTEMA COSENZA «Armi da guerra e false divise dei carabinieri sono forse i ritrovamenti più inquietanti effettuati dai carabinieri», ha detto il procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla. Ritrovamenti che lasciano presagire la possibilità di commettere attentati o atti omicidiari. «L’indagine ha aperto uno squarcio inquietante del contesto nel quale gli indagati si muovevano», ha detto il colonello Piero Sutera, a capo del Comando provinciale di Cosenza. È venuto fuori il “sistema Cosenza” quella pax mafiosa tra i vari gruppi criminali della città organizzati sullo spaccio e il rifornimento di droga e che si spartiscono per zone le imprese da estorcere. Una pax sugellata dalla bacinella comune nella quale fare confluire una “rata” delle attività illecite.
IL PESTAGGIO AL FUNZIONARIO DELLE FERROVIE Il sistema Cosenza e la consapevolezza del potere intimidatorio delle cosche avevano anche dei sostenitori. Come l’impiegato delle Ferrovie dello Stato che, redarguito disciplinarmente dal proprio superiore, ha ben pensato di rivolgersi a Sganga per fargli sguinzagliare contro i propri sgherri. E gli sgherri prima hanno minacciato a parole il funzionario, poi lo hanno colpito con uno schiaffo e in una terza occasione lo hanno pestato a sangue provocandogli serie lesioni. «L’uomo ha denunciato quanto subito», ha raccontato il colonnello Raffaele Giovinazzo, a capo del Reparto Operativo. E gli esempi di vicinanza alla cosca non finiscono qui. «Un uomo, con gravi problemi di usura, si è rivolto al clan per avere protezione. In cambio ha ceduto al gruppo una pistola», è l’esempio riportato dal maggiore Giuseppe Sacco, comandante del Nucleo investigativo. Cosenza si divide, dunque, per fortuna una grossa fetta sta cominciando a denunciare. (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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