L’indegna gazzarra che si è scatenata sulla decisione di celebrare il processo Rinascita-Scott in uno dei padiglioni della fondazione Terina, rivela ancora una volta, ove ve ne fosse bisogno, l’incapacità cronica di parte rilevante della classe dirigente dell’area centrale della Calabria di saper volare alto.
Portata avanti a colpi di becero quanto anacronistico campanilismo, l’ennesima crociata contro il buon senso sottolinea l’urgenza di liberarsi democraticamente di quegli “amministratori” (e possibilmente anche dei loro ultras) che ancora si rifiutano, nel terzo millennio, di capire un concetto chiaro e semplice: lo sviluppo dell’area centrale della Calabria si può avere soltanto se si costruisce un rapporto di virtuosa complementarietà tra i suoi principali poli, il comprensorio lametino e quello catanzarese.
Non esiste alternativa, il resto è guerra fra poveri, a volte addirittura autolesionismo perché quando si briga per levare una opportunità a Lamezia è l’intera area centrale della Calabria che si taglia le palle.
Lo dice la storia, lo dice il curriculum vitae di una classe dirigente ultradecennale che ha saputo brillare solo quando c’era da dividere ciò che la natura ha creato unito.
E allora , partiamo da una verità, che poi è anche una speranza da affidare ai millennials catanzaresi e lametini molto più avanti dei loro rappresentanti istituzionali nel concepire le rispettive città come le metà di una potenziale grande mela.
Ci sono punti di forza che appartengono soltanto a Catanzaro, è evidente, ma ve ne sono altri che sono peculiari della Piana di Lamezia Terme.
Tra questi, la seconda area industriale del meridione per estensione dopo quella di Bagnoli – Napoli, l’area ex Sir, che è lì nella sua desolata grandezza e attende che la politica si accorga di lei.
Attende perfino che la stessa classe politica di Lamezia miseramente timorata dai salotti catanzaresi si accorga della sua esistenza.
L’ex-sir è un fatto naturale, geografico, di importanza strategica e logistica al tempo stesso ineludibili: dista pochi chilometri dall’aeroporto, altrettanti dallo snodo ferroviario di Sant’Eufemia e dallo svincolo autostradale.
Eppure a Lamezia in questo periodo non lo si può dire, altrimenti si rischia di urtare la sensibilità di qualche monarca che non riesce a guardare al di là del proprio ombelico campanilistico.
Per fortuna ci ha pensato Gratteri a compiere, sia pur incidentalmente, un vero e proprio atto di governo del territorio indicando l’unica soluzione possibile per la celebrazione del più importante processo della storia giudiziaria calabrese, e forse non solo di quella.
Perché, stante la mancanza di un’aula bunker, e alla luce dei tempi ristrettissimi, non esiste soluzione migliore dei locali offerti (gratuitamente) dalla fondazione Terina.
È il buon senso che impone questa opzione.
Ma non si può dire, non lo si può sostenere, soprattutto a Lamezia, sennò qualche monarca si incazza.
Tranquilli, lo diremo noi da queste pagine.
Così come diremo che la vicenda Terina sarà la chiave per leggere il futuro dell’ aeroporto, quello del Porto e di altre partite cruciali per lo sviluppo dell’area baricentrica della Calabria.
Partite, potete starne certi, che vincerà il campanilismo becero, non certo la lungimiranza.
*Giornalista
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