di Fabio Papalia
REGGIO CALABRIA Piangeva miseria anche coi suoi stessi parenti. Le conversazioni a tutto tondo dei Molinetti sulla famiglia De Stefano – intercettate dagli inquirenti nell’ambito dell’operazione Malefix contro i clan storici di Reggio – toccavano anche il modo con cui Carmine De Stefano, soprannominato da loro stessi “l’occhialino”, andava sostenendo che nelle casse della famiglia mancasse liquidità. Addirittura i Molinetti si dicevano sconcertati per il fatto che Carmine avesse rispedito al mittente anche la richiesta di aiuto proveniente dalla moglie e dalla suocera (estranee alle indagini) del cugino detenuto, Giovanni De Stefano, invitando le due donne a trovarsi un lavoro come badanti. La bene informata sembra essere Teresa, la moglie di Gino Molinetti (che non è indagata nell’operazione Malefix): «Ha detto che soldi non ce ne sono». Un modo di fare severamente stigmatizzato da Gino Molinetti, che sottolineava come così Carmine stesse venendo meno a una delle regole prioritarie della ‘ndrangheta. Una cosa dell’altro mondo, tanto che gli stessi coniugi Molinetti non escludevano che potesse trattarsi di “tragedie” messe in scena dalle congiunte di Giovanni De Stefano.
IL MANTENIMENTO DEI FRATELLI DETENUTI Il “braccino corto” di Carmine De Stefano, però, era noto a Gino Molinetti, il quale sosteneva che persino il mantenimento dei fratelli detenuti (Giuseppe e Dimitri De Stefano) non era a carico di Carmine, essendo delegato l’altro fratello, Giorgio: «neanche soldi ai suo fratelli gli dà per… forse neanche per il colloquio… Forse… glieli faceva uscire a Giorgio, hanno detto… Questa ormai è una famiglia alla frutta».
Proprio per la scarsa propensione di Carmine ad allentare i cordoni della borsa, secondo i Molinetti la moglie di Giuseppe De Stefano (anche quest’ultima è estranea all’indagine), aveva preferito dedicarsi all’insegnamento per ottenere l’indipendenza economica. La moglie di Gino Molinetti affermava che «Quella insegna, fa la professoressa» precisando «quando l’ha vista corta e mala pigliata, ha chiuso la casa e se n’è andata…lavora…».
Una mancanza di solidarietà verso i congiunti ristretti in carcere che inorridiva Gino Molinetti, sempre più lontano dal modo di pensare dei componenti del clan De Stefano.
IL FIGLIO DIPENDENTE DELLA GELATERIA I Molinetti, che non credevano alle doglianze di Carmine De Stefano sull’assenza di denaro nelle casse della famiglia, gli rimproveravano un’intollerabile avidità, che lo aveva spinto a consentire che il proprio figlio Paolorosario (anche quest’ultimo estraneo alle indagini) andasse a lavorare come dipendente in una nota gelateria del centro cittadino. Sul punto Gino Molinetti ritiene che il padre abbia fatto bene ad acconsentire «si rovinava quel ragazzo se non andava lì», ma la moglie controbatte «da Sottozero per dire che loro sono tutte brave persone, lavoratori… E gli altri sono tutti delinquenti che non lavorano?»
Effettivamente Paolorosario De Stefano, di 27 anni, da un’informativa della Squadra Mobile del 3 marzo 2020 risulta tra i dipendenti della “Nuova Cremeria Sottozero srl” (società anch’essa estranea alle indagini). Si tratta della stessa notissima gelateria in cui, la notte del 30 aprile 2017, un uomo col volto travisato e armato di fucile fece irruzione all’ora di chiusura, tra le 2.30 e le 3.00, all’interno dei locali dove si intrattenevano solo il titolare e due dipendenti ed esplose diversi colpi contro gli arredi per poi dileguarsi su uno scooter a bordo del quale lo attendeva un complice. Dalle carte dell’ordinanza non emerge alcun collegamento tra gli indagati e il raid che tanto clamore suscitò in città tre anni fa.
DIECIMILA EURO A SERA A CHAMPAGNE Se da un lato Carmine piangeva miseria, però, dall’altro Giorgio spendeva e spandeva. Gino Molinetti sottolineava come Giorgio De Stefano avesse uno stile di vita dispendioso, mentre “l’Occhialino” si lamentava di non avere soldi: «quel porco… di suo fratello si spende diecimila euro a sera a champagne e poi viene pure a dirti che non ha soldi… ». (redazione@corrierecal.it)
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