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Orlando: «Sì al congresso regionale del Pd. Ma non si parli solo di nomi»

Il vice segretario nazionale del Pd ha partecipato in videoconferenza alla Festa democratica a Vibo. E auspica la fine del commissariamento, ma «se ci sono idee chiare per la Calabria». Poi boccia …

Pubblicato il: 27/06/2020 – 14:32
Orlando: «Sì al congresso regionale del Pd. Ma non si parli solo di nomi»

VIBO VALENTIA «Nel Mezzogiorno dobbiamo parlare di Rete e di assunzione dei giovani nella pubblica amministrazione. Basta parlare del Ponte sullo Stretto, perché prima che si realizzi passerà troppo tempo e noi non ci saremo più, ma la Rete con il 5G verrà attivata nei prossimi due anni, e l’essere connessi o meno farà la differenza. In tre mesi potremo fare i collegamenti internet, e questo creerà competizione per le imprese del Sud con quelle del Nord. Ci sono ragazzi iper-qualificati che potrebbero essere assunti nella pubblica amministrazione». Lo ha detto il vice segretario del Pd Andrea Orlando intervenendo in videoconferenza alla Festa democratica provinciale di Vibo Valentia (sotto puoi seguire tutta la diretta). Orlando ha affrontato alcuni dei nodi politici: «Il fatto di fare un’alleanza con il Movimento 5 stelle – ha detto – è stata una scelta obbligata ma con dei rischi. Il nostro partito sta cambiando, ma non con la velocità necessaria. Se fossimo innovativi potremmo mettere in tensione i nostri partner. Le difficoltà si combattono con il partito in campo».
«SÌ AL CONGRESSO. LOTTA ALLA MAFIA PRIORITARIA» E il partito, in Calabria, aspetta di celebrare il proprio congresso. «Sì al congresso regionale – dice Orlando –, ma se si fa bisogna andarci già con delle idee chiare per la Calabria. Il rischio è che si parli solo dell’organigramma. C’è un’occasione perché si parla di investimenti pubblici strategici, e si parla di pubblica amministrazione. Dobbiamo diventare gli interpreti di tutto questo. E poi ci vuole la lotta alla mafia. Il rischio che poteri opachi gestiscano la ripresa è fortissimo, potrebbero condizionare la spesa. Che si arrivi al congresso calabrese con una bandiera da poter sventolare quando si parlerà alla società calabrese. Credo che questi temi siano importanti. A questi si può aggiungere quello delle grandi infrastrutture, ma senza una buona pubblica amministrazione e delle buone classi dirigenti anche questo tema diventa debole. Accessibilità alla rete e legalità sono le basi».
«BENE LA TRATTATIVA CON L’EUROPA» Il vice segretario ha poi sottolineato che «il nostro compito è confrontarci con le realtà territoriali. Il rischio è di essere sconfitti per la nostra precedente vittoria. Questo perché siamo usciti bene con la trattativa con l’Europa. All’inizio erano state date risposte inquietanti, e dopo l’UE ha dato risposte all’altezza». «Nel Recovery Found – ha aggiunto – vengono dati tre temi di base: innovazione tecnologica, green e social (lotta alle disuguaglianze). Sono filoni mutuati dall’obiettivo del millennio dell’Onu, il massimo della cultura progressista. Poi c’è il Mes, che è l’occasione di riqualificare il nostro sistema sanitario. Abbiamo strumenti che vanno oltre le nostre aspettative e corrispondono ai nostri obiettivi. I giocatori della partita, e Stato e imprese sono quelli principali, rischiano di non essere adeguati e allenati. Se la partita si apre oltre l’autunno è un problema. Dobbiamo discutere di come lo Stato ci deve essere. Anche i liberisti parlano di intervento pubblico ma loro vogliono soldi per aiutare le imprese. Se i soldi pubblici non verranno utilizzati in modo corretto ne usciremo peggio perché creeremo debito».
«LO STATO NON SA SPENDERE» «Abbiamo uno Stato che non sa spendere – ha detto ancora –, che per 25 anni ha tagliato. Non sa fare spesa. Le Regioni hanno utilizzato male i fondi. Ora la spesa viene riaccentrata ma lo Stato non ha strumenti attraverso i quali fare politiche pubbliche nel lungo periodo. E’ ancora dentro alcune grandi imprese, come Enel, Eni e le Poste. Lo Stato c’è ma in molti casi è come se non ci fosse. In Italia non c’è storia della funzione strategica sulle partecipate. Non abbiamo un cervello per gestire questi processi. C’è il problema della pubblica amministrazione. C’è un’età media molto alta, e capacità di utilizzare l’innovazione molto bassa, e siamo il Paese in cui si parla meno l’inglese nella pubblica amministrazione. Il terzo problema riguarda una filiera istituzionale che non è in grado di gestire al meglio situazioni come il Covid».

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