REGGIO CALABRIA «E’ tornato in auge, durante le ultime ore, il dibattito sulla promozione delle pari opportunità tra donne e uomini nell’accesso alle cariche elettive a livello regionale. Un argomento che si è riproposto prendendo le mosse dalla ricognizione svolta dal ministro degli Affari Regionali anche in virtù degli imminenti appuntamenti alle urne». Così Clotilde Minasi, consigliere regionale in quota Lega.
«Personalmente – continua – ritengo che la questione debba essere affrontata in maniera seria e costruttiva, poiché non si tratta solo di uniformare tutte le realtà del paese, quanto di sanare un evidente squilibrio che non riguarda solo la Calabria, ma anche altre cinque regioni. Avere una giusta rappresentanza non significa dover salvaguardare e tutelare la sfera femminile in quanto tale, bensì garantire il giusto peso ai numeri che scandiscono il luogo deputato a discutere, sviscerare e cercare di risolvere le problematiche di una cittadinanza che è composta, mi sembra persino inutile sottolinearlo, anche da donne.
Le argomentazioni che riguardano le difficoltà di queste ultime (ad esempio la conciliazione professione – famiglia, il contrasto al mobbing di genere etc) non vengono quasi mai affrontate non per scarso interesse, ma perché un consiglio composto quasi esclusivamente da uomini potrebbe non avere la sensibilità adatta ad analizzare determinate questioni.
Un iter che, già nel 2014, tentammo di intraprendere io e la collega Gabriella Albano, e di cui, nella consiliatura successiva si occupò la collega Flora Sculco».
Sottolinea poi Minasi: «Evitando di ricordare tutti gli accadimenti che si sono susseguiti negli anni, in maniera trasversale, quando la tematica venne affrontata, sarebbe opportuno che la stessa venga, oggi, considerata in modo che la massima assise calabrese possa veicolare un messaggio di novità, introducendo lo strumento della doppia preferenza, adeguando la nostra regione alle altre ed ampliando, così, la partecipazione democratica.
Come spesso ho ripetuto, anche in occasioni pubbliche, sarebbe stato certamente auspicabile che non vi sia bisogno di quote o strumenti particolari per raggiungere dei risultati, ma è altrettanto innegabile che le basi di partenza per uomo e donna, e non solo sul piano politico, siano nettamente diverse e tutte a svantaggio, appunto, delle donne.
Spero sinceramente – conclude – che la legge che era stata presentata da Flora Sculco possa essere riproposta, discussa, anche modificata se è il caso, ma che non ci si ritrovi, per l’ennesima volta, a rimandare un momento significativo che non farebbe altro che dare lustro e un’aura di progresso all’assemblea di palazzo Campanella».
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