di Alessia Truzzolillo
CROTONE Cercava di far ricadere l’intera responsabilità di un reato di usura su una sua nipote la quale, essendo malata, non correva il rischio di venire arrestata. I colloqui che la Guardia di finanza di Crotone ha intercettato in carcere tra Alfonso Mannolo, ottantenne presunto boss dell’omonimo clan, e la propria famiglia non lascerebbero spazio a dubbi.
«Perché io dichiaro … che i soldi non erano i miei… perché in questo impiccio mi ha messo proprio lei.. che io se era un’altra… adesso non è che la voglio incriminare… no… però se non veniva lei a rompermi le scatole lei… io a sto scemo non c’è né davo… (gesticola con le mani) hai capito chi?», dice Alfonso Mannolo rivolto alla figlia nel corso di un colloquio il 23 agosto 2019. Mannolo è stato tratto in arresto il 29 maggio 2019 nel corso dell’operazione “Malapianta” diretta dalla Dda di Catanzaro contro le cosche dominanti nella frazione di San Leonardo di Cutro – Mannolo-Zoffreo-Trapasso-Falcone – che in questi giorni stanno affrontando le fasi preliminari del processo. Le indagini delle Fiamme gialle sono andate avanti anche nelle fasi immediatamente successive agli arresti. Al capo famiglia dei Mannolo viene contestata l’associazione mafiosa ma questi, per ammorbidire la propria condanna, suggerisce alla figlia di recarsi con la madre da Daniela Mannolo (accusata d’usura in concorso con lui) per convincerla a dichiarare che il prestito a Emanuele Voci, commerciante che versava in difficili condizioni economiche, lo aveva portato avanti solo lei.
COME NASCE L’USURA Si è trattando di un prestito con un tasso usurario annuo stimato per difetto di circa il 100%. Secondo quanto racconta lo stesso Voci ai finanzieri, che lo mettono davanti all’evidenza delle risultanze di indagine, egli conosceva Daniela Mannolo la quale aveva un’attività postale vicina al suo negozio. Daniela Mannolo era consapevole, racconta Vinci, delle difficoltà economiche del commerciante poiché capitava che lei gli anticipasse il denaro per il pagamento delle bollette. E sarebbe stata lei a fare avvicinare Alfonso Mannolo a Emanuele Vinci.
«Ho interagito in più circostanze con Daniela Mannolo – racconta Vinci – per quanto concerne la veicolazione del denaro allo zio Alfonso. In particolare per il tramite della donna concordavo appuntamenti e incontri a cui dovevo presenziare per relazionarmi con Alfonso Mannolo. In più occasioni utilizzavamo l’attività gestita da Daniela Mannolo come luogo di incontro. Ricordo, inoltre, in una circostanza, di essermi recato personalmente a San Leonardo, nei pressi dell’abitazione della donna, per consegnare a quest’ultima la mensilità di interessi del mese di settembre poiché Alfonso nell’occasione era indisponibile».
«L’aiuto economico propostomi dall’anziano, nel periodo antecedente a giugno, credo sia legato al fatto che la nipote Daniela conoscesse la mia situazione economica», racconta voci ai militari. A giugno 2018 Vinci riceve un prestito di 5000 euro in contanti da Alfonso Mannolo. Avrebbe dovuto pagare 400 euro al mese per tre mesi e la parte residua del prestito in un’unica soluzione entro settembre. Ma a settembre Vinci si rese conto di non avere il denaro per pagare la parte residua del prestito e continua a versare le consuete 400 euro. Lo stesso fece a ottobre convinto che quelle somme andassero a ridurre il capitale. Ma non era così. Emanule Voci racconta che Afonso Mannolo «mi fece intendere che le somme versate non andavano a ridurre il capitale ma costituivano esclusivamente interessi mensili». In parole povere, fino alla restituzione, in un’unica soluzione, della somma data a prestito, quelle 400 euro rappresentavano gli interessi del debito, non la sua riduzione. «Capì di aver fatto una bravata e di essermi rivolto alla persona sbagliata», dice Voci agli inquirenti.
Dopo avere consultato diverse banche, Voci a dicembre 2018, racconta di avere «corrisposto ad Alfonso Mannolo l’intero capitale, ammontante a 5.000 euro, nei primi giorni di dicembre. Inoltre, al medesimo vanno aggiunti gli interessi mensilmente versati che ammontano a 1.900,00 euro, cosi composti: 400 euro per i mesi di luglio, agosto settembre e ottobre, invece 300 euro per il mese di novembre. complessivamente ho restituito all’anziano 6.900,00 euro».
E proprio di 6.900 euro parla, in carcere, anche Alfonso Mannolo: «Lui mi ha dato no … seimila… cinquemila e novecento euro… dopo il debito lo aveva esaurito…», dice alla figlia.
IL BACIO DI GIUDA Per sfangarla sul reato di usura aggravata Mannolo suggerisce allora il proprio piano: la nipote Daniela, accusata in concorso con lui, avrebbe dovuto affermare che «i soldi erano i suoi e che io questi qua glieli portavo a lei ogni mese, quando me li dava…anzi negli ultimi 5 mesi non mi ha dato niente…». Poi Alfonso Mannolo racconta un episodio avvenuto qualche giorno prima dell’arresto, mentre lui si trovava dentro un bar dove avrebbe incontrato Emanuele Voci che lo ha salutato con un bacio. «Ha preso e mi ha baciato … gli ho detto io: “ma questo è il bacio di Giuda…cosa mi devo aspettare?”». «No Alfò io ti voglio bene», gli avrebbe risposto Voci. E, in effetti, nonostante le dichiarazioni fatte alla Guardia di finanza e finite in un’informativa sul tavolo della Dda di Catanzaro, Emanuele Voci non si è costituito parte civile nel processo contro la cosca che gli aveva stretto un nodo intorno al collo. (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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