di Pablo Petrasso
REGGIO CALABRIA Mico Sconti, genero di Ciccio Serraino, assassinato in ospedale durante la guerra di ‘ndrangheta, «aveva un ruolo apicale nella cosca Serraino, insieme ai fratelli. Io già lo conoscevo come espressione della cosca. Mico Sconti ha raccolto voti per Matacena, Scopelliti, per Alberto Sarra, per Alessandro Nicolò». I magistrati della Dda di Reggio Calabria riportano uno stralcio dell’interrogatorio reso dal pentito Giuseppe Stefano Liuzzo del 20 gennaio scorso. Parole da sottoporre ai riscontri del caso. Riscontri che, parzialmente, i pm antimafia avrebbero constatato per Alessandro Nicolò, ex consigliere regionale già arrestato nell’inchiesta “Libro Nero”.
«Nell’ambito di questa indagine, che viene avviata dopo l’arresto di Maurizio Cortese nel 2017 – spiega il procuratore Giovanni Bombardieri (sotto, l’intervista al magistrato) –, è confluita parte di un’inchiesta precedente relativa sempre allo stesso contesto criminale in cui erano state registrate alcune conversazioni dalle quali emerge il ruolo dell’arrestato Domenico Morabito come “uomo di rispetto”».
La Dda ha «registrato, in particolare, l’interesse di Morabito come “collettore di voti” dell’ex consigliere regionale Alessandro Nicolo».
Tra Nicolò e Morabito c’è una telefonata assai esplicita. L’intercettazione confermerebbe, secondo l’accusa, «che era proprio Morabito a mantenere i rapporti tra l’onorevole Nicolò e gli esponenti apicali della cosca Serraino, al fine di assicurare al politico l’agognato appoggio elettorale della “famiglia” mafiosa».
È il 15 novembre 2014 – pochi giorni prima delle elezioni per il rinnovo del consiglio regionale – quando Morabito si sente telefonicamente con Nicolò, all’epoca candidato nel centrodestra per il rinnovo del consiglio regionale. «Il rapporto tra i due – annotano gli investigatori – era di estrema confidenza, tanto che primo appellava “compare” il deputato regionale». Nicolò non appare soddisfatto «per le modalità con cui Morabito stava gestendo la campagna elettorale in suo favore e lo sollecitava a coinvolgere l’intera “famiglia” ai fini della ricerca di voti». «Compare non stai facendo niente per questa campagna elettorale, non ti stai impegnando (…) non ti stai impegnando, io te lo dico, vedi un attimo nella famiglia tutti quanti, però», gli dice. E Morabito lo tranquillizza «assicurandogli il proprio appoggio e gli preannunciava la visita presso la sua segreteria di un tale “dottore”, raccomandandogli un efficace intervento per la risoluzione di problematiche non esplicitate».
A distanza di due giorni, Morabito invia «un messaggio sms a Domenico (Mimì) Sconti, avvisandolo che il Nicolò (ovvero il “compare Sandro”)»aveva esigenza di incontrarlo: “… Mi ha chiamato mio compare Sandro ha detto che vuole un incontro urgentemente con voi!». A quel punto, Sconti – che pure non era stato menzionato nel primo contatto telefonico del consigliere regionale con il “compare” si attiva. Per i magistrati non è un dato trascurabile, visto che Sconti «è personaggio di spessore della cosca Serraino, responsabile delle attività associative nella zona aspromontana, già condannato per associazione a delinquere di stampo mafioso (con sentenza irrevocabile in data 10 dicembre 2013) e genero di don Ciccio Serraino (storico “boss della montagna”) per averne sposato la figlia Annunziata». Nel prosieguo dell’inchieste non ci sono evidenze riguardo all’incontro che, presumibilmente, Morabito cercava di organizzare. Lo conferma anche il procuratore capo in conferenza stampa: «Non abbiamo contezza che l’incontro sia effettivamente avvenuto, ma solo della fase preparatoria». (p.petrasso@corrierecal.it)
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