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Chiesto il rinvio per Facciolla, che si difende: «Contro di me un apparato»

Oltre all’ex procuratore di Castrovillari rischiano il processo il poliziotto Vito Tignanelli, Carmine Greco, comandante della forestale di Cava di Melis, il carabiniere Alessandro Nota e Marisa Aq…

Pubblicato il: 13/07/2020 – 22:43
Chiesto il rinvio per Facciolla, che si difende: «Contro di me un apparato»

di Alessia Truzzolillo
SALERNO
Il procuratore aggiunto di Salerno Luca Masini ha chiesto il rinvio a giudizio per tutti gli imputati coinvolti nel procedimento che vede coinvolto l’ex procuratore di Castrovillari Eugenio Facciolla, l’agente della Polizia stradale di Cosenza Vito Tignanelli, amministratore di fatto della Stm srl, che fornisce apparecchiature per intercettazioni; Carmine Greco, comandante della forestale di Cava di Melis (Cosenza); Alessandro Nota, carabiniere in servizio anche lui a Cava di Melis, e Marisa Aquino, moglie di Tignanelli e titolare della Stm.
L’ACCUSA I reati per i quali sono imputate le persone coinvolte nel processo sono corruzione e falso e riguardano presunti illeciti nell’affidamento alla Stm del noleggio di apparecchiature per intercettazione.
Secondo l’accusa il procuratore Facciolla avrebbe «affidato il noleggio di apparecchiature nell’ambito di attività di intercettazione alla Stm srl, formalmente intestata a Marisa Aquino e di fatto amministrata da Vito Tignanelli, con il quale il magistrato intratteneva relazioni personali risalenti a circa venti anni addietro» e che «a riprova del rapporto fiduciario, era risultato, nell’ottobre 2018, depositario presso la propria abitazione di copiosa documentazione affidatagli in custodia dallo stesso dottor Facciolla». Questi affidamenti, sempre secondo l’ipotesi accusatoria, avrebbero procurato un «ingiusto vantaggio patrimoniale» alla Stm srl «in violazione dell’obbligo di imparzialità gravante su ogni pubblico ufficiale». Il procuratore Facciolla, secondo l’accusa, avrebbe ricevuto per sé delle «utilità»: l’uso di un’utenza telefonica intestata a Marisa Aquino «da epoca anteriore e prossima al 23 dicembre 2015 e fino a tutto il 17 ottobre 2016, avendone assunto la titolarità solo il 17 ottobre 2016». Inoltre nella primavera del 2017, su espressa indicazione di Marisa Aquino, sarebbero state installate dalla Stm due video camere nel parcheggio antistante l’ingresso dell’abitazione del magistrato a Cosenza. Due sono, inoltre le ipotesi di falso. Un capo di imputazione riguarda Facciolla e il maresciallo Greco. Dopo l’arresto di Antonio Spadafora il 9 gennaio 2018, nell’ambito dell’operazione della Dda di Catanzaro denominata “Stige”, Facciolla e Greco avrebbero concordato la redazione di un’annotazione nella quale fossero descritte le attività informative che lo stesso Greco, imputato nello stesso procedimento “Stige” per concorso esterno in associazione mafiosa, aveva acquisito «mesi prima nel corso di interlocuzioni con Antonio Spadafora», imputato anche lui nel processo “Stige”. Tale documento, però, per l’accusa, sarebbe «risultato materialmente falso» poiché reca la data del 31 dicembre 2017, giorno in cui Greco non risultava in servizio. Sulla base di accertamenti eseguiti sul computer di Greco, inoltre, «il file risultava generato il 15 dicembre 2018 e modificato l’ultima volta il 19 febbraio 2018». Risulterebbero false, inoltre, determinate attività compiute da Greco: un incontro in data 20 ottobre 2017 nella stazione di Cava di Melis con Antonio e Rosario Spadafora, quest’ultimo anche lui imputato nel processo “Stige”, «laddove in quella data l’ufficiale di polizia giudiziaria era risultato permanere per l’intera giornata nell’area urbana di Cosenza e intorno alle ore 20, nel comune di Rende». Falsa sarebbe anche l’informazione telefonica «ricevuta il 3 novembre 2017 da Antonio Spadafora circa un controllo eseguito dai carabinieri in località Russi, laddove la telefonata risultava essere stata fatta in realtà da Rosario Spadafora». Sempre secondo l’accusa, «il procuratore Facciolla suggeriva a Carmine Greco la redazione dell’atto e la sua retrodatazione e, a seguito della consegna avvenuta da parte dell’ufficiale di polizia giudiziaria nelle mani della segretaria in servizio nella Procura di Castrovillari, in epoca successiva e prossima al 19 febbraio 2018, non essendo stato apposto sul documento alcun timbro di avvenuta ricezione, ne approvava il contenuto dopo l’avvenuta lettura, provvedendo al suo inserimento all’interno del fascicolo di cui era contitolare, con provvedimento ‘visto agli atti d’ufficio’ che recava la data del 28 giugno 2018». Infine il carabiniere Nota, su istigazione del comandante Carmine Greco, nel protocollare la nota, datata 31 novembre 2017 firmata da Greco e indirizzata al procuratore Facciolla, avrebbe attestato falsamente al protocollo dell’ufficio di avere ricevuto l’atto nella data 31 novembre 2017 «quando in realtà l’atto risultava essere stato ultimato dall’effettivo estensore in data 19 febbraio 2018, avendo commesso il fatto al fine di garantire all’autore della nota contraffatta nella data l’impunità dal reato di falso ideologico».
LE DICHIARAZIONI DI FACCIOLLA Difesa e attacco. È questo il tenore delle dichiarazioni spontanee che già dall’udienza del 29 giugno scorso sta tenendo in aula l’ex procuratore di Castrovillari. Anche oggi, dopo la discussione del procuratore Masini, sono andate avanti le dichiarazioni di Facciolla il quale ha dovuto interrompersi per problemi di fonoregistrazione e dovrà proseguire nelle udienze del 20 luglio e 7 settembre prossimi.
Facciolla contesta alla Procura di Catanzaro di avere indagato per cinque mesi senza coordinamento, « si era sovrapposta alle indagini del mio ufficio e avevano ascoltato le intercettazioni, le conversazioni prima di Greco, poi di Tignanelli con me, con la collega Continisio, quindi sovrapponendosi per cinque mesi alle attività dell’ufficio, e quindi c’era un interesse».
Non solo. L’ex procuratore di Castrovillari – per il quale la sezione disciplinare del Csm ha disposto il trasferimento presso il Tribunale di Potenza con le funzioni di giudice civile – afferma che colui che il poliziotto Tignanelli e il maresciallo Greco chiamano «il capo» nelle loro intercettazioni, non sia lui ma si tratti dei diretti superiori dei due uomini. «Si arriva addirittura a dedicare una parte dell’informativa al capo, identificazione del capo. Ma chi è, il capo dei capi? Quel capo non sono io, parlano dei loro capi», dice Facciolla davanti al giudice Giandomenico D’Agostino.
IL CASO TRIDICO A stretto giro di boa l’imputato contesta la bontà delle indagini che vedono protagonista anche un altro magistrato, il pm di Cosenza Antonio Bruno Tridico. Emerge, infatti, dalle indagini che Tridico avrebbe scritto una querela per il maresciallo Carmine Greco contro un giornalista che aveva scritto che Greco era indagato. Dalle intercettazioni fatte a carico di Greco, indagato nell’ambito dell’inchiesta antimafia Stige, sarebbero emersi anche questi stretti rapporti tra Greco e il magistrato di Cosenza. Tridico chiama Greco «Carminuccio». Il 10 marzo 2018 la conversazione, in parte omissata, ha il seguente tenore: 
Tridico: «Stiamo facendo la cosa tua, eh…così facciamo la querela».
Greco: «L’hai vista per benino?»
.
Tridico: «L’ho vista, l’ho vista, non ti preoccupare!».
«Nel corso della perquisizione finalizzata all’arresto del Greco, si procedeva al sequestro di diverso materiale informatico – annotano i carabinieri del Noe –. All’esito della perizia, tra i diversi documenti è stato rinvenuta una copia della citata querela, il cui autore, è risultato essere tale “Gulliver”, mentre l’autore dell’ultima modifica è risultato essere “Antonio Bruno Tridico”»:
Ma Facciolla contesta il fatto che la Procura di Catanzaro avrebbe fatto pedinare Antonio Tridico « è stato pedinato dal Ros su delega di Catanzaro, è stato intercettato nel mentre era presente con Greco, oltre alle telefonato con Greco in quel di Roma, sono state fatte attività mirate a verificare il perché, il per come, con quale macchina era stato prelevato il dottore Tridico, tutto questo da una Procura che, acquisita la prima notizia, la primissima notizia, avrebbe dovuto trasmettere gli atti a Salerno, e questi atti li troviamo presenti nel mio fascicolo», accusa l’ex procuratore.
«CONTRO DI ME UN APPARATO» Eugenio Facciolla si sofferma sulle indagini che hanno interessato la sua persona e sulle informazioni di garanzia che ha ricevuto. «Giudice, mi manca solo la contestazione per omicidio e per associazione mafiosa, ma c’è sempre tempo, mi è arrivato di tutto, corruzione in atti giudiziari, corruzione semplice. Corruzione in atti giudiziari, mi ha colpito questa, commessa il primo gennaio del 2015, non ero neppure procuratore della Repubblica ancora il primo gennaio del 2015, però anticipo all’ufficio di Procura che stavo in settimana bianca con la famiglia, quindi non ho potuto certamente commettere quel reato il primo gennaio, bisogna fare meglio gli accertamenti Traffico di influenze illecite, associazione per delinquere io, Tignanelli e Aquino Marisa finalizzata a commettere una serie di determinati reati contro la Pubblica Amministrazione. Queste sono le contestazioni ulteriori che stanno arrivando alla spicciolata, ma le affronteremo».
«NON È UN’ARRINGA» Secondo Facciolla, contro di lui è stato dispiegato un apparato di forze dell’ordine «che manco per i superlatitanti siciliani si muove tutto questo apparato». A questo punto interviene il pm Guarriello: «Qui stiamo assistendo ad una requisitoria e ad una arringa», dice rivolto al giudice. Ne nasce una diatriba con l’avvocato Zecca. Il giudice consente a Facciolla di continuare purché si tenga entro certi binari.
«EPPURE AVEVAMO BUONI RAPPORTI» Facciolla non si capacita di come mai si sia arrivati all’indagine su di lui nonostante i buoni rapporti con procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri il quale gli parlava delle «indagini sulla famiglia Greco di Cariati, perché erano coinvolti in qualche modo in attività attraverso quel tale Ferdinando Aiello di cui ho parlato e con il collega Ruberto (si riferisce a Vincenzo Luberto, ndr). E allora perché se uno ha fiducia a tal punto di parlare con me di queste cose che riguardano il suo aggiunto addirittura, poi in parallelo io trovo che si fa un’indagine di cinque mesi nei miei confronti in questi termini, ma prima o poi lo si chiarirà», si fa dolente Facciolla.
LA STM Per quanto riguarda gli incarichi conferiti alla Stm, Facciolla asserisce che, appena giunto a Castrovillari, aveva trovato il monopolio di una ditta, la Esitel «con un contratto durato otto anni». Sarebbe stato lui a fare pulizia, introducendo anche un sistema di rotazione. E per quanto riguarda i molteplici incarichi alla Stm il magistrato sostiene: «Io ho dato tre incarichi alla Stm, tre incarichi, di cui due possono definirsi incarichi, e vedremo anche in che termini, il terzo non è manco un incarico che ho dato io, perché si trattava di una intercettazione nei confronti del direttore del carcere di Rossano, quindi una cosa molto delicata…».
 E sulla scheda che gli avrebbe fornito Marisa Aquino, consegnatagli da Tignanelli: «La scheda l’ho sempre pagata io, l’ho pagata io come ho pagato tutte le altre mie spese telefoniche, a meno che non mi si voglia contestare i cinque euro, i tre euro, quanto costava una scheda telefonica all’epoca, quando mi venne consegnata da Tignanelli».
 Il finale è un attacco, nemmeno troppo sibillino: «Lei – dice rivolto al giudice – può tranquillamente anche disporre il rinvio a giudizio, ma il dibattimento farà emergere ulteriori reati sicuramente non a carico del sottoscritto, farà emergere ulteriori reati». A settembre sono previste le discussioni degli avvocati della difesa, Zecca, Pasquale Vaccaro, Franco Sammarco, Antonio Quintieri, Cesare Badolato, Lucio Conte.(a.truzzolillo@corrierecal.it)

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