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Le cene nei palazzi firmati dall'archistar e gli interessi politici delle cosche crotonesi a Milano

La Dda indaga sull’infiltrazione della ‘ndrina di San Mauro Marchesato nel capoluogo lombardo. Il presunto impegno nelle Regionali del 2013 per un candidato calabrese e i rapporti con i clan di Lam…

Pubblicato il: 14/07/2020 – 20:46
Le cene nei palazzi firmati dall'archistar e gli interessi politici delle cosche crotonesi a Milano

di Alessia Truzzolillo
MILANO
Angelo Greco, detto Lino o Tempesta, originario di San Mauro Marchesato, sta a capo dell’omonima ‘ndrina distaccata egemone sui territori di San Mauro Marchesato e Scandale con una ‘ndrina satellite in provincia di Torino, affiliata alla locale di ‘ndrangheta di Cutro (retta da Nicolino Grande Aracri) di cui lo stesso Angelo Greco costituisce una figura apicale. È questo il pedigree dell’uomo che avrebbe chiesto di sostenere la candidatura di Tranquillo Paradiso – attuale consigliere comunale a Lamezia Terme – alle regionali in Lombardia nel 2013 attraverso due uomini di fiducia: Francesco Maida, 43 anni, originario di Monza e il lametino Luciano Ivaldo Mercuri, 43 anni, entrambi indagati nell’ambito dell’operazione posta in campo dalla Dda di Milano che ha posto fine a una maxi-frode sui fondi per le imprese messi a punto dal Governo per sostenere il sistema imprenditoriale durante l’emergenza Covid.
PARADISO E BEVILACQUA Tranquillo Paradiso non risulta indagato in questa indagine. È stato eletto per due volte (nel 2015 e nel 2019), con una messe di voti, nel consiglio comunale di Lamezia, in appoggio al sindaco Paolo Mascaro e con il sostegno dell’ex parlamentare Pino Galati. Tuttavia, nella relazione di scioglimento per infiltrazione mafiosa del consiglio comunale nel 2017 «non risultano legami con la criminalità organizzata».
Gli investigatori milanesi ne fanno un descrizione meno edificante. Specificano che è un imprenditore attivo nel settore logistico presso il Milano Logistic Center di Lacchiarella, titolare delle ditte Paradiso Depositi srl e Special Sud srl. È lui che è stato candidato per le regionali in Lombardia nel 2013, nella lista “Lavoro e Libertà” dell’ex ministro Tremonti, riportando 185 voti. Il gip sottolinea che la sua lista «era sostenuta dal principale esponente della criminalità calabrese presente in Lombardia e Piemonte, Angelo Greco». Dalle indagini emerge che «la candidatura di Paradiso veniva sostenuta da soggetti di origine calabrese dimoranti in Lombardia su sollecitazione di esponenti della ‘ndrangheta dell’area geografica cutrese».
A sostenere queste tesi, ad agosto 2019, è il collaboratore di giustizia Gennaro Pulice. Il collaboratore riferisce di essere stato specificamente coinvolto nella campagna elettorale di Paradiso Tranquillo, quale referente della cosca Cannizzaro-Iannazzo-Daponte, proprio da Francesco Maida, referente della cosca Greco. Gli investigatori, inoltre, trovano rilevanti i legami di Paradiso con un altro personaggio anche lui non indagato ma ritenuto di interesse: Gianpaolo Bevilacqua, «di Lamezia Terme, già coordinatore di Forza Italia, destinatario dell’ordinanza cautelare emessa in data 15 luglio 2013 dal Tribunale di Catanzaro, nell’ambito dell’operazione Morfeo, in quanto incaricato di intrattenere i contatti sia con le cosche di Sambiase, capeggiate da Vincenzino Iannazzo, detto il moretto, e da Antonio Davoli, che con quelle di Nicastro, facenti capo alle famiglie Cerra – Torcasio» (si riferiscono probabilmente all’operazione Perseo del 26 luglio 2013, ndr).
Pulice riferisce che sarebbe stato proprio Maida a chiedergli di «appoggiare politicamente questo soggetto che era candidato alle elezioni regionali o provinciali per la Lombardia. Avevo promesso a Francesco Maida di adoperarmi, in realtà non lo feci; mentre invece so che Maida Francesco si adoperò per lui».
MAIDA, LE ARMI DEI FARAO-MARINCOLA E LE CENE-SUMMIT Già nel 2012 il collaboratore di giustizia Francesco Oliverio, in passato legato alle cosche cirotane,  indicava Francesco Maida «quale soggetto legato alla cosca Greco di San Mauro Marchesato, attivo nel traffico di sostanze stupefacenti, incaricato di detenere le armi del clan e fornire supporto ai latitanti della cosca Farao – Marincola di Cirò». Secondo Oliverio, sentito in tempi più recenti, ad agosto 2019, Francesco Maida da picciotto è diventato camorrista. A Milano Maida abita in uno dei palazzi a City Life firmati dall’archistar Zaha Hadid. Nell’appartamento a “cinque stelle” Maida ha dato cene a cui hanno partecipato esponenti del clan come quella, riportata nell’ordinanza di custodia cautelare del gip Alessandra Simion, dell’ottobre 2017. Tra i commensali, quella sera, si contavano Luigi Greco, «figlio secondogenito del boss Angelo» soprannominato Lino, suo cognato Francesco Cucè (fratello della moglie del capo clan), oltre a Luciano Mercuri e Giuseppe Arcuri, anche loro da oggi in cella, e Giuseppe Maida, fratello del padrone di casa. «Nel corso della cena venivano trattati argomenti di estrema importanza», si legge nell’ordinanza: si va da una nuova misura cautelare notificata a Lino Greco, a causa delle dichiarazioni di un collaboratore, ai discorsi in generale sui pentiti «considerati degli infami», alle «condizioni economiche del gruppo« («dicono che abbiamo i miliardi… e tra un po’ non abbiamo i soldi per mangiare» sono le parole del figlio del boss). Si parla anche della «branca torinese del clan» con i suoi conflitti interni e dalla quale Maida si vuole staccare e pure delle «regole derivanti dalla famiglia di origine».
I RAPPORTI CON LA COSCA IANNAZZO Strettissimi erano, inoltre, i rapporti di Maida e Mercuri con l’attuale collaboratore di giustizia di Lamezia Terme, Gennaro Pulice, in passato braccio armato della cosca Iannazzo-Cannizzaro-Daponte. I tre avevano fatto anche “affari” insieme. Risulta, infatti che nel 2014 erano intercorse relazioni tra la Free Trade srl e Maida Reale con la Pulice Group srl. Sono stati trovati dei bonifici effettuati a favore della Pulice di fatto per una prestazione inesistente. Quando, nel 2015, Pulice è divenuto collaboratore di giustizia, Francesco Maida ha fortemente stigmatizzato la sua figura definendolo «grandissimo bastardo». Lo definiva «il paesano di Luciano Mercuri». «Ma sto paesano suo è un grandissimo bastardo… ma vero… proprio a livello sai (…) quando mi è venuto vicino questo qua gli ho detto a Luciano: “Vedi che questo è … non mi piace Lu, non mi piace, non lo voglio vicino… non mi piace… “, cioè avevo proprio il rigetto a pelle… dopo un anno cosa è successo… l’hanno arrestato e si è buttato …. si è messo a parlare… ha cantato… ha fatto arrestare 170 persone… ha fatto trovare 4 morti… a distanza… degli anni 80… ma un uomo a cui non ho mai, mai, mai dato confidenza… mai… mai (…) ha portato via la famiglia… gliel’hanno messa sotto protezione». Sentito ad agosto 2019, anche Pulice conferma quanto raccontato da Oliverio. Pulice conosce e inizia a frequentare Francesco Maida attraverso Luciano Mercuri, dopo essersi trasferito al Nord Italia agendo quale referente della famiglia mafiosa dei Cannizzaro-lannazzo-Daponte: «Durante gli incontri che avevo con entrambi (Mercuri e Maida) ho avuto modo di appurare che Francesco Maida, di cui peraltro avevo acquisito informazioni tramite un carabiniere di Serravalle Scrivia che si era messo “a disposizione” e di cui ho già parlato nei precedenti colloqui con l’autorità giudiziaria, era vicino alla cosca Greco del Crotonese». Non solo. Pulice afferma che Maida e Mercuri riciclavano danaro nero proveniente da “Chinatown”. «In questo giro – ha messo a verbale il collaboratore – utilizzano le società bulgare, sui cui conti fanno transitare il danaro proveniente dalle transazioni di acciaio in Italia e da qui i soldi confluiscono in Cina. Sulla somma di denaro in contanti che veniva versata dal cinese, Maida e Mercuri trattengono in contanti fin dal momento della consegna una percentuale pari al 4%. In Cina di fatto vengono movimentate tramite bonifico le somme che Maida e Mercuri a loro volta ricevono quale pagamento per la fornitura di acciaio da parte del cliente finale (…) Questo giro è iniziato già dal 2013». E ancora: «Non so che lavoro facesse questo cinese, parlava correttamente l’italiano. Non so per conto di chi dovesse mandare tutto questo denaro contante in Cina». (a.truzzolillo@corrierecal.it)

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