MILANO «Abbiamo fatto la richiesta per fare quella cosa lì dei 150 mila euro no? (…) mi ha mandato quella per i 25 mila». Così un presunto prestanome di Francesco Maida, arrestato stamani nell’inchiesta della Dda di Milano su un clan della ‘ndrangheta del Crotonese, faceva riferimento, intercettato a metà giugno, alla «presentazione della domanda per i finanziamenti previsti a seguito dell’emergenza Covid». Lo si legge nell’ordinanza firmata dal gip Alessandra Simion.
Il prestanome, come scrive il gip, faceva «riferimento ad un prestito di euro 150.000 e non più ai finanziamenti garantiti per l’importo massimo di euro 25.000, lamentando di aver ricevuto la modulistica errata» dalla banca. In un passaggio dell’ordinanza si legge che Maida «a partire dall’11 giugno», aiutato da Simone Cipolloni, titolare formale di una delle società, «si cominciava ad attivare presso almeno tre istituti di credito (Monte Paschi di Siena, Bpm e Deutsche Bank) per ottenere i contributi stanziati dal Governo» per le imprese «attraverso l’adozione di misure urgenti in materia di accesso al credito». Maida si sarebbe attivato per ottenere i finanziamenti «con riferimento alle società Davilesara, Clessidra White, e della Bf Impianti o Almagest, di cui Cipolloni è titolare al 100% delle quote, società – scrive il gip – attualmente utilizzate illecitamente dai due». Gli investigatori, attraverso servizi di pedinamento, hanno documentato anche l’ingresso, l’8 giugno scorso, dei due in una filiale di una banca a Milano. Il 15 giugno, poi, Maida, «presentandosi come referente della Clessidra White, si metteva in contatto con la banca Bper (Unipol banca) chiedendo di parlare» col vicedirettore «e chiedeva di chiarire la vicenda del conto corrente» della società «momentaneamente bloccato in quanto scoperto».
x
x