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Unite per la Breast Unit, le donne vogliono curarsi in Calabria

Sit-in di un gruppo di donne alla Cittadella: chiedono alla Regione il riconoscimento delle reti oncologiche. «È un modo per dire ancora una volta basta ai viaggi della speranza»

Pubblicato il: 14/07/2020 – 17:27
Unite per la Breast Unit, le donne vogliono curarsi in Calabria

di Maria Rita Galati
CATANZARO
Volti in bianco e nero. Sorrisi accesi oltre la sofferenza con gli occhi pieni di speranza. Sono immortalate in un manifesto che vuole richiamare le istituzioni alla propria responsabilità, visto che la Calabria è l’unica in Italia a non aver ottemperato una legge nazionale del 2014 sulla creazione delle Breast Units: la Regione doveva definirle con chiarezza dal gennaio 2016, in modo da creare flussi virtuosi di buone cure.
Parliamo delle reti oncologiche negli ospedali costituite da figure professionali – chirurghi, radiologi, oncologi, radioterapisti, psiconcologi, fisioterapisti – che ruotano attorno al percorso di diagnosi e cura delle donne con tumore al seno. Ancora una volta si parla della tutela di un diritto alla salute, in particolare per le donne con carcinoma alla mammella che vogliono curarsi in Calabria.
Di fatto, in Calabria, sono operative tre Breast Unit: all’ospedale “Pugliese- Ciaccio”, al policlinico universitario di Catanzaro ed una all’ospedale “Annunziata” di Cosenza, in attesa di riconoscimento da parte della Regione e quindi impossibilitate ad accedere ai fondi che consentirebbero di migliorare il servizio attraverso l’implementazione di nuove attrezzature tecnologiche e di personale specializzato.
Serve uno sforzo, un passo in avanti. Lo chiede la delegazione delle donne capeggiate dalla presidente dell’Associazione regionale donne operate al seno (Ardos), Vittoria Tolomeo, questa mattina davanti all’ingresso della Cittadella regionale per ricordare la battaglia di civiltà che stanno conducendo le donne per le donne (le foto sui manifesti sono solo le prime 100 delle oltre 300, giunte al coordinamento).
Ardos, che si è fatta carico della parte economica dell’evento, sostenuto anche dall’associazione Senza Nodi, dall’associazione Angela Serra e dall’ordine professionale degli Assistenti Sociali, tutte in prima linea nella lotta alla malattia.
«È un modo per dire ancora una volta basta ai viaggi della speranza, per dire alle donne che attraversano il difficile percorso della malattia, non siete sole – spiega la presidente Tolomeo –. Nato dalla volontà di molte donne di raccontare la propria esperienza sanitaria, tale narrazione ha rivelato la realtà di una buona sanità calabrese, che in forma non organizzata, lotta tutto il tempo a tenersi al passo con le realtà più blasonate delle altre regioni italiane, senza riconoscimento e sostegno né politico, né aziendale. Paradigma di tale stato è il mancato riconoscimento delle unità di senologia, già esistenti e attive in Calabria. Non siamo donne di serie B, non vogliamo avere meno chance di chi si ammala al Nord, vogliamo dare voce a chi questo diritto alla cura lo vede spesso negato».
L’auspicio del sit-in, quindi, era quello di avviare un dialogo produttivo con la presidenza della Regione e il Dipartimento Tutela della Salute: una delegazione delle associazioni presenti è stata ricevuta dall’avvocato avv. Francesco Saverio Bonacci, dell’Ufficio di gabinetto della governatrice Santelli.

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