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Il «contatto cinese» dei clan e il sistema per “autoriciclare” capitali in Oriente

Dall’inchiesta “Habanero” della Dda di Milano, che vede coinvolti anche soggetti contigui alla ‘ndrina crotonese dei Greco, emerge un complesso sistema per occultare capitali illeciti in Cina grazi…

Pubblicato il: 15/07/2020 – 7:04
Il «contatto cinese» dei clan e il sistema per “autoriciclare” capitali in Oriente

di Francesco Donnici
MILANO
La complessa indagine “Habanero” condotta dalla Dda e dalla Guardia di Finanza di Milano ha acceso i riflettori su una maxi frode fiscale ramificata in sette regioni italiane, oltre che all’estero, fino all’Oriente cinese.
La regia di questo grande disegno non prescinde da un collegamento coi clan. Come dimostrato dagli inquirenti, alcuni soggetti coinvolti sarebbero contigui alla nota ‘ndrina Greco di San Mauro Marchesato, nel Crotonese, a sua volta collegata al “locale” di Cutro facente capo ai Grande Aracri.
Tra i protagonisti di questa vicenda ci sono Francesco Maida e il lametino (oggi in carcere) Luciano Ivaldo Mercuri, che gli inquirenti identificano come «promotori ed organizzatori del sodalizio».
In particolare ai due viene contestato l’aver elaborato programmi criminosi attraverso la costituzione di numerose società sia in Italia che all’estero (Bulgaria e Regno Unito su tutti) che fungevano essenzialmente da “schermo” per il riciclaggio dei capitali.
Tra queste spiccano: la Davilesara S.r.l.s. attiva dal 2014 con sede legale a Como ed avente ad oggetto attività non specializzate di lavori edili e commercio all’ingrosso di materiali non ferrosi; e la Free Trade S.r.l. con sede legale a Milano la cui veste di rappresentante legale era stata attribuita nel 2013, proprio da Maida e Mercuri, ad Aldo Tirolese, che figura tra gli indagati.
Le società menzionate, insieme ad altre, erano utilizzate per operazioni di riciclaggio di denaro derivante da attività di falsa fatturazione.
Qui entra in gioco un altro indagato, il contatto cinese di Maida e Mercuri, residente a Prato, che «consentiva, in particolare, di far confluire in Cina ingenti quantità di denaro, in tal modo garantendosi profitti consistenti». Un metodo rodato ed un numero di operazioni che avevano permesso ai soggetti di acquisire la padronanza di un sistema altrimenti complesso «riuscendo – si legge – anche a reagire in tempi rapidissimi alle investigazioni della Guardia di Finanza nel tentativo di ostacolare l’accertamento dei reati commessi».
IL SISTEMA PER “AUTORICICLARE” Ai soggetti menzionati, tra le varie, viene contestata la fattispecie di cui all’articolo 648-ter n.1 introdotta solo nel 2014 nel codice penale per consentire la punibilità di condotte simili a quelle del riciclaggio, ma strutturalmente diverse.
Nel caso in esame gli inquirenti individuano due metodologie attraverso cui veniva attuato l’“autoriciclaggio”. Quello che interessa anche Z. consisteva nell’effettuazione di bonifici esteri dai conti correnti delle società Free Trade Srl e Davilesara Srls a beneficio di conti correnti cinesi, in parte supportati da fatture per operazioni inesistenti emesse da società cinesi. Secondo gli inquirenti «Maida e Mercuri poneva tali operazioni mediante la collaborazione di Z., che a seguire, in maniera non tracciata e tracciabile, operava la restituzione del relativo controvalore in contanti, consentendo in tal modo di sottrarre al circuito legale ingenti capitali».
Dall’inchiesta emergono infatti una serie di movimentazioni come i bonifici esteri effettuati dalla Davilesara a beneficio del soggetto cinese “Dong Guan Dingyi Fashion Trade Ltd” risalenti al 2015, oppure quelli effettuati dalla Free Trade a beneficio dello stesso soggetto o altro, identificato in “Li Yong Xing” nel 2016.
In termini concreti, il denaro delle transazioni di acciaio operate in Italia finiva in Cina dopo esser transitato sui conti delle società bulgare. Questo permetteva a Maida e Mercuri, con l’aiuto di Z., di avere il contante da restituire al cliente finale dell’acciaio pari all’Iva indicata in fattura meno una percentuale che gli stessi trattenevano a titolo di provvigione per l’attività di falsa fatturazione posta in essere. Un “giro” iniziato già nel 2013, come confermato nelle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Gennaro Pulice: «Sulla somma di denaro in contanti che veniva versata dal cinese, Maida e Mercuri trattengono fin dal momento della consegna una percentuale pari al 4%. In Cina di fatto vengono movimentate tramite bonifico le somme che a loro volta ricevono quale pagamento per la fornitura di acciaio da parte del cliente finale (…) Non so esattamente dove abbiano investila i loro soldi Maida e Mercuri, posso però dire che per costituire la società “Goodzilla” hanno versato 100mila euro (a tanto corrispondevano di solito le movimentazioni, ndr) in contanti di capitale sociale che era effettivo».
«IL CANALE CINESE» E LA FESTA PER I GRECO Sempre Pulice si sofferma sulla figura di “Valerio”, come veniva chiamato da Mercuri, suo conoscente di vecchia data col quale diverse volte si erano incontrati a Milano e in Toscana. Il collaboratore di giustizia racconta di aver personalmente conosciuto il «canale cinese» a Milano nel 2014 e lo descrive come «un grandissimo amico di Luciano Mercuri».
Secondo Pulice, i loro rapporti erano finalizzati a «riciclare danaro nero che proviene da Chinatown grazie a queste transazioni con l’acciaio».
Ad attestare l’esistenza del rapporto e di un sistema rodato finalizzato all’autoriciclaggio delle somme, ci sono anche una serie di captazioni ambientali e telefoniche. Quella più emblematica anche per quanto attiene lo stretto rapporto tra Maida e Mercuri con esponenti dei clan crotonesi risale alla serata del 26 ottobre 2017, quando a casa di Francesco Maida viene organizzata una cena per celebrare l’arrivo dalla Calabria di Luigi Greco, figlio del boss Angelo Greco detto “Lino”, e Francesco Cucè. All’evento partecipano anche Giuseppe Maida, fratello di Francesco, Luciano Mercuri e Giuseppe Arcuri.
Durante la cena Luciano Mercuri invia un messaggio vocale a “Valerio” dicendo di aver «bisogno di quell’operazione solita» e aggiungendo «se mi dici poi ti faccio sapere gli importi e tutto quanto». Già da queste parole emerge la necessità, da parte di Mercuri, di operare delle movimentazioni di denaro attraverso una tipologia di operazioni già effettuate in precedenza rispetto a quella richiesta. Una richiesta alla quale appunto Z. rispondeva «sottolineando che la situazione contingente non permetteva di dare riscontro».
Appresa la notizia, Francesco Maida incalzava Mercuri sottolineando: «Si vede che non sta bene con i cash» o ancora «può darsi pure che gli hanno interrotto i versamenti». Dopo la conversazione, sempre Mercuri inviava un nuovo messaggio a Z. dicendo di non aver fretta di «reperire qui» ma, di contro, «l’urgenza era di mandarli». Secondo gli inquirenti questo passaggio potrebbe essere «un riferimento alla volontà di portare capitale all’estero».
Dalle ulteriori e numerose conversazioni tra i soggetti citati emerge inoltre che Maida e Marcuri, nel parlare con Z. di movimentazioni di denaro o restituzioni di denaro da parte del cittadino cinese, non fanno mai riferimento a scambio di merce (acciaio o altro) ma parlano esclusivamente di movimenti di capitali, con tutta evidenza illeciti e riferibili ad operazioni fittizie. (redazione@corrierecal.it)

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