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RINASCITA | Pittelli chiede di essere sentito, poi rinuncia a parlare con i magistrati sardi

L’avvocato aveva chiesto di parlare con i magistrati della Dda di Catanzaro ma, trovandosi davanti a un giudice delegato ha fatto dietrofront ed è tornato in cella senza dire nulla

Pubblicato il: 16/07/2020 – 18:12
RINASCITA | Pittelli chiede di essere sentito, poi rinuncia a parlare con i magistrati sardi

di Alessia Truzzolillo
CATANZARO
Si è rifiutato di parlare con i magistrati sardi e ha chiesto di ritornare in cella senza rendere alcuna dichiarazione. È questa la decisione che ha preso l’avvocato Giancarlo Pittelli, avvocato penalista ed ex parlamentare in seno a Forza Italia, che si trova ristretto nel carcere a Nuoro in seguito all’arresto nell’ambito della maxi-operazione “Rinascita-Scott” condotta dalla Dda di Catanzaro contro le cosche vibonesi.
Dopo la chiusura indagini, avvenuta il 18 giugno scorso, Pittelli, com’è diritto di ogni indagato, ha chiesto di essere sentito dai magistrati. Il reato più grave che viene addebitato è il concorso esterno poiché viene indicato quale punto di riferimento per le cosche Mancuso e Razionale-Fiarè-Gasparro, anello di congiunzione tra la ‘ndrangheta la massoneria e il mondo dei colletti bianchi «nella veste sostanziale di uomo politico, professionista, faccendiere di riferimento per il sodalizio».
 Dal 19 dicembre l’avvocato non ha mai lasciato il carcere. Sono state rigettate due istanze davanti al Tribunale del Riesame e due da parte del gip.
La Cassazione, a fine giugno, non ha ritenuto di affievolire la misura cautelare anche se ha ammorbidito la posizione dell’indagato annullando senza rinvio due capi di imputazione relativi alla violazione del segreto d’ufficio in merito alla vicenda che vede indagato anche il colonnello dei carabinieri Giorgio Naselli. Secondo l’accusa i due avrebbero acquisito «notizie d’ufficio che dovevano rimanere segrete e ne rivelavano o ne agevolavano la conoscenza» in favore di un cliente di Pittelli e di personaggi vicini alle cosche vibonesi.
Resta in piedi il concorso esterno, mitigato dal gravame di avere agito in nome e per conto del boss Luigi Mancuso, considerato al vertice di tutta ‘ndrangheta vibonese. Pittelli secondo gli ermellini, avrebbe contribuito alla promozione e al rafforzamento della consorteria in generale.
 Il penalista, secondo quanto garantito dalla legge, dopo la chiusura indagini aveva diritto ad essere ascoltato dai magistrati. Stando a quanto si apprende, quando si è trovato davanti il magistrato sardo e non uno dei titolari della maxi-inchiesta (i pm Annamaria Frustaci, Antonio De Bernardo e Andrea Mancuso) ha deciso di tornare in cella senza parlare. (a.truzzolillo@corrierecal.it)

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