La nuova e drammatica realtà di fronte alla quale le città si sono trovate dopo aver dovuto fare i conti con la pandemia, ci obbliga a doverle ripensare sostenendone la crescita in un’ottica completamente mutata con progetti di sviluppo all’altezza delle sfide attuali. Ecco perché investire nelle città verdi, dove c’è un alto tasso di sostenibilità, vuol dire in qualche modo prevenire anche le emergenze sanitarie che spingono ancora di più ad accelerare questo processo di sostenibilità. La città che migliora contribuisce a migliorare la qualità della vita dei cittadini e diventa più competitiva. Ed anche le opportunità di lavoro sono candidate ad aumentare, perché una città con queste credenziali ha più chanches di diventare turistica e di garantire più servizi.
Dobbiamo pensare ad articolati programmi di rigenerazione urbana e alla realizzazione di opere pubbliche di qualità che contribuiscano anche a far diventare pezzi di città anche i quartieri degradati o abbandonati. Accanto a questo è quanto mai importante ed imprescindibile oggi creare reti ecologiche nelle città contemporanee dove le persone possono spostarsi in bici, utilizzando i percorsi pedonali nel verde, al riparo dai gas di scarico delle auto. Lo spazio pubblico che si trasforma deve essere rigenerato e restituito ai cittadini secondo quelle idee che oggi siamo chiamati a seguire perché sono profondamente cambiati gli stili di vita delle persone. La città è l’invenzione più straordinaria degli uomini perché contiene la vita delle persone. Però, paradossalmente, è il luogo più inquinato. Dagli anni ’60-’70 in poi sono state costruite città con grandi autostrade del traffico che le attraversano e che creano congestione urbana e inquinamento ambientale. Sempre in quegli anni sono state costruite città con quartieri periferici, con case popolari identiche nella tipologia e prive di identità. Quell’idea di città è superata da uno stile di vita che oggi ci porta a pensare che bisogna puntare sul benessere e sulla qualità. Le persone vivono più a lungo, ma gli ultimi anni della vita devono essere di qualità superiore. Le persone devono praticare attività fisica all’aperto , potersi muovere, camminare per prevenire le malattie cardiovascolari od oncologiche. Una volta si diceva “vai in campagna dove si vive meglio e l’aria è migliore”. Oggi le persone vivono in città, ma le città devono avere caratteristiche di qualità.
Se si potesse scegliere una città del futuro sceglierei una città senza auto, con pezzi di qualità architettonica inseriti nei quartieri dormitorio o degradati. Una città che abbia un centro più esteso con opere di riconnessione urbana e che restituisce ai cittadini quegli spazi una volta di attraversamento e inquinati. Non più la città delle macchine, ma delle persone che vogliono stare insieme. Oggi questa socialità è un po’ ridotta a causa dell’emergenza sanitaria, ma le persone torneranno a questa socialità perché questa è una loro qualità innata. Dire che la città possa vivere con le persone distanziate una dall’altra equivale ad una grande ipocrisia. I luoghi che erano meno inquinati hanno avuto meno problematiche e sono queste città che oggi hanno maggiori possibilità di avviare una nuova fase anche economica. Una nuova fase nella quale anche la filiera che riguarda l’edilizia e l’immobiliare potrebbe essere, come è sempre accaduto, il settore in grado di consentire la ripresa e poi la crescita. In ogni tempo, quando si è verificata una crisi, una guerra, ma anche dopo la caduta del muro di Berlino, si è puntato alla valorizzazione del patrimonio immobiliare. La storia delle ricostruzioni, sia nel dopoguerra italiano che, più recentemente, nei paesi dell’Est, ha sempre inseguito un grande disegno di sviluppo e di adeguamento delle infrastrutture pubbliche e dell’edilizia abitativa come principale possibilità per la ripresa economica. Il settore immobiliare potrà consentire la ripresa se assumerà la funzione di traino anche per gli altri settori. E potrà rappresentare anche l’unica possibilità per immettere nel tessuto produttivo del Paese quella liquidità e ricchezza necessarie per arginare la crisi in atto. Inoltre, gli investimenti, se bene indirizzati, attraverso progetti di qualità architettonica e di sostenibilità ambientale, torneranno utili in futuro, in quanto consentiranno di conseguire risparmi, in termini di costi sociali e sanitari, grazie alla riduzione dell’inquinamento atmosferico e restituiranno un patrimonio immobiliare pubblico e privato rinnovato e più contemporaneo, implementando nuovi scenari di crescita turistico-commerciale. La pandemia ci ha fatto comprendere che alcune strutture, come quelle sanitarie, quelle scolastiche e le altre che riguardano i servizi pubblici e le infrastrutture, devono essere ripensate. Dovranno, in altri termini, già nella fase della progettazione, essere rimodulate per fronteggiare eventuali emergenze e necessità. Oggi la minaccia si chiama virus Covid-19, ieri era la Sars, domani potremmo trovarci di fronte ad un’altra epidemia. Ecco perché il tema della sicurezza diventa cogente nel recupero e nella rigenerazione urbana che adesso dobbiamo considerare imprescindibile, insieme a quelli che riguardano la sostenibilità e il minor consumo del territorio. Si potrebbe, inoltre, dare avvio ad una concreta stagione della rigenerazione urbana, trasformando tutti i quartieri delle città oggi degradati e abbandonati (come accade in alcuni centri storici) oppure marginalizzati da cattive operazioni di edilizia sociale collettiva senza identità. E dare esecuzione ad una massiccia opera di manutenzione straordinaria della viabilità interna ed esterna ai centri urbani, con particolare attenzione per l’adeguamento dei viadotti.
*Presidente della Fondazione Patrimonio Comune-ANCI
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