REGGIO CALABRIA «Esiste un solo modo per onorare la memoria di chi ha dato la vita per lo Stato: fare giustizia. E per fare giustizia non si può condannare un innocente all’ergastolo». Ha esordito così l’avvocato Guido Contestabile, difensore del presunto boss Rocco Santo Filippone durante il suo intervento nel processo “‘Ndrangheta stragista”. Con quella di Contestabile sono iniziate oggi, nell’aula bunker di Reggio Calabria, le arringhe della difesa dopo la richiesta di ergastolo avanzata la settimana scorsa dalla Procura nei confronti di Filippone e del boss siciliano Giuseppe Graviano, accusati del duplice omicidio dei carabinieri Fava e Garofalo.
Mentre l’avvocato Angelo Sorace, anche lui difensore di Filippone, ha sostenuto che l’imputato «è una persona che per 40 anni ha fatto l’agricoltore e percepisce la pensione come bracciante agricolo». Contestabile ha ricordato ai giudici che «Filippone arriva per la prima volta ad 80 anni ad essere giudicato per fatti di mafia».
Il legale ha fatto riferimento a quello che ha definito un “paradosso processuale” nella ricostruzione della Dda reggina secondo cui Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone sono i mandanti degli agguati ai carabinieri, eseguiti materialmente da Consolato Villani e da Giuseppe Calabrò: «’Ndrangheta e Cosa Nostra – ha sottolineato il legale – che si sarebbero alleate in un folle tentativo stragista iniziato con attentati ben studiati ed organizzati nei minimi dettagli, ad un certo punto inspiegabilmente si sarebbero affidate a due principianti, pur avendo a disposizione assassini professionisti capaci di commettere i delitti più atroci affidati loro con grande precisione, evidentemente solo per miseramente fallire».
Rivolgendosi alla Corte d’Assise, l’avvocato Contestabile ha sostenuto che «nella sentenza di eventuale condanna si dovrà avere il coraggio di scrivere questo: Riina e i siciliani, i Piromalli e i calabresi avevano affidato le sorti della rivoluzione sanguinaria ad un minorenne ed ad un maggiorenne con sindrome comportamentali. Alle vittime del processo – ha concluso il difensore di Filippone – non serve un colpevole, serve la verità. Per questa ragione che affidiamo alla vostra coscienza le sorti di un innocente. Io capisco la difficoltà nell’affrontare le problematiche di questo genere e le aspettative che ci sono per questo processo. Condannare all’ergastolo Filippone significa condannare a morte un innocente».
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