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Boss, futuri pentiti e “picciotti”: la squadra dei rappresentanti di lista per Stillitani

In due interrogatori (del 2006 e del 2013) il pentito Francesco Michienzi racconta il tentativo del candidato di “scalare” il Palazzo con l’aiuto del clan Anello. Gli inquietanti riscontri della Sq…

Pubblicato il: 21/07/2020 – 18:56
Boss, futuri pentiti e “picciotti”: la squadra dei rappresentanti di lista per Stillitani

di Pablo Petrasso
VIBO VALENTIA Il lato oscuro delle fortune politiche di Francescantonio Stillitani, per due volte assessore regionale in giunte di centrodestra, inizia a prendere forma davanti ai magistrati della Dda di Catanzaro addirittura nel giugno 2006. E ritorna l’1 febbraio 2013. Il collaboratore di giustizia Francesco Michienzi illustra l’infiltrazione delle cosche nella realizzazione del “Garden resort Calabria”. Assunzioni, servizi e forniture sono in odore di ‘ndrangheta. E pure i voti che Stillitani sperava di rastrellare per scalare il Palazzo. A sette anni di distanza dalla prima volta, il dialogo verte, in parte, sull’impegno del clan Anello per le Regionali del 2005. L’avvocato, secondo Michienzi, si sarebbe rivolto a Vincenzino Fruci «per ottenere sostegno elettorale» in vista delle Regionali 2005. E avrebbe utilizzato un intermediario per avvicinarsi al clan, per poi ottenere la disponibilità del “capo” «a contribuire». È lo stesso Fruci, secondo il racconto del pentito, ad «assicurare 60-70 preferenze (“siamo intorno ai sessanta-settanta voti sicuro”) a favore della candidatura di Stillitani. Bruno Mercuri, presunto sodale della cosca Anello e intermediario dell’accordo, riferirà poi al collaboratore di giustizia «di aver consegnato dei soldi a Vincenzino Fruci quale compenso per il sostegno apportato dall’organizzazione (“L’avvocato mandò, non mi ricordo se un 10 mila euro, in euro sì, 10 mila euro”)». Parte di questo denaro finisce proprio al pentito.

L’elenco del pentito

Michienzi, nell’interrogatorio del febbraio 2013, fa «riferimento alla somma di circa 10mila-15mila euro ricevuti da lui e da Vincenzino Fruci a fronte del procacciamento di un pacchetto di preferenze» a favore del politico, «quantificabili in circa 100-150 voti (“sessanta-settanta voti sicuro […] adesso non ricordo il numero se sono cento, se sono centocinquanta voti”). Ne consegue – secondo gli investigatori – che il gruppo criminale aveva beneficiato di un compenso pari a circa 100 euro per ogni voto assicurato al politico mediante il citato meccanismo di coartazione». Il sistema era ben organizzato. Il collaboratore di giustizia, infatti, riferisce «che Stillitani aveva provveduto a restituire a Fruci, sempre tramite Mercuri, la lista dei votanti con l’annotazione, a fianco di ciascun nome, del seggio in cui avrebbe dovuto recarsi a votare; Michienzi precisava che tutti i soggetti elencati erano stati nominati rappresentanti della lista di Stillitani, collaboratore di giustizia compreso».

Boss, picciotti e dipendenti

La Dda di Catanzaro si attiva pochi giorni dopo e tira fuori i nomi di «46 soggetti ritenuti d’interesse ai fini delle indagini». Sette sono indicati direttamente dal collaboratore di giustizia e «risultavano essere stati effettivamente nominati quali rappresentanti della lista del partito Udc», nel quale era candidato Stillitano. Altri 23 sono stati «estrapolati dall’elenco dei rappresentanti di lista in quanto, così come indicato dal collaboratore di giustizia Francesco Michienzi», e «risultavano essere parenti dei maggiori esponenti della cosca Anello-Fruci o “contigui”» al clan. Gli ultimi 16 nominativi individuati, invece, «risultavano essere dipendenti delle società facenti capo alla famiglia Stillitani». L’attività della Squadra mobile di Catanzaro fa emergere nomi imbarazzanti. Michienzi risulta come rappresentante di lista nel seggio di San Costantino Calabro. A Ionadi c’è il nipote del capocosca. E poi compaiono dipendenti delle ditte di Stillitani. Insomma, tutto coincide con il racconto del pentito. La squadra dei rappresentanti di lista censiti tra Vibo Valentia, Ionadi, Nicotera, Filadelfia, San Calogero, Rombiolo, Monterosso Calabro, Francica, San Gregorio d’Ippona e Drapia. L’elenco è lungo: molti sono considerati vicini al clan Anello-Fruci. «Per il seggio del Comune di Filadelfia – appuntano gli investigatori – risultava addirittura Vincenzino Fruci, referente della cosca nel territorio di Curinga unitamente al fratello Giuseppe».

Stillitani primeggia nei seggi a rischio

Il lavoro degli inquirenti si fa ancora più profondo. E analizza il risultato delle Regionali del 3 e 4 aprile 2005. Nelle quali l’Udc totalizza 11.158 voti: Stillitani ottiene 4.962 preferenze «che gli consentivano di superare gli altri candidati (Nazareno Salerno con 4.601 preferenze e Giuseppina Gilormo con 189 preferenze)». 
«In definitiva – si legge nel decreto di fermo –, Francescantonio Stillitani otteneva il 50,89% delle preferenze (dell’Udc, ndr)» tra le varie sezioni «nelle quali sono stati individuati i rappresentanti di lista» che la Dda considera legati in qualche modo al clan. Per i magistrati antimafia le dichiarazioni di Michienzi sono pienamente riscontrate. Il lavoro della squadra legata alla cosca permette al futuro assessore della giunta Chiaravalloti di primeggiare nel suo partito a Vibo. L’obiettivo è raggiunto. A quale costo è una questione che si ripropone a sette anni di distanza dal patto. Il lato oscuro, adesso, è ben visibile. E la Dda di Catanzaro ne estende l’aura anche alle Regionali del 2010.

Il compenso “extra”

Il riferimento al “lavoro” a favore di Stillitani salta fuori anche in una conversazione più recente. È quella in cui Pasquale Rondinelli, presunto sodale del locale di Filadelfia, e Francesco Iannazzo, ritenuto affiliato all’omonima cosca lametina, fanno «riferimento alla richiesta pervenuta dal politico lametino Mario Magno di essere sostenuto alle imminenti elezioni politiche dell’anno 2018 (alle quali Magno non si candiderà, scendendo poi in campo alle Regionali 2020, ndr)». E affrontano «incidentalmente la questione riguardante il predetto Stillitani e, dunque, il fatto che, a suo tempo, questi avesse corrisposto all’organizzazione un determinato compenso per ciascuna preferenza “extra” procacciata a proprio favore».
Secondo il racconto di Rondinelli, le preferenze “extra” «scaturivano da soggetti residenti al di fuori della provincia di Vibo Valentia, circondario presso il quale Stillitani si era candidato; tali elettori, dunque, per esprimere il proprio voto nei confronti del citato candidato politico, dovevano necessariamente essere nominati rappresentanti della lista di partito presso il quale lo stesso aveva presentato la propria candidatura». E, «sempre riguardo alla candidatura e al “controvalore” di ciascuna preferenza procacciata, Rondinelli asseriva, inoltre, che Stillitani aveva corrisposto per ciascun voto “extra” – ossia proveniente da tale ultima categoria di elettori – un compenso pari a 100 euro». (p.petrasso@corrierecal.it)

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