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«A San Giovanni in Fiore la politica si è arresa»

di Emiliano Morrone*

Pubblicato il: 22/07/2020 – 19:47
«A San Giovanni in Fiore la politica si è arresa»

San Giovanni in Fiore è luogo simbolico dello spopolamento, del degrado dell’appennino meridionale. Nel comune silano vivono circa la metà dei 16.686 abitanti registrati nel novembre 2019. Frutto di remote politiche dissennate, qui la depressione economica e culturale si tocca con mano: nelle periferie senza servizi; nell’abbandono del centro storico, in cui permane una Rsa dentro l’Abbazia florense del XIII secolo; nella debolezza organica dell’assistenza sanitaria; nelle file da ’15-’18 per il ticket; nella lenta agonia dell’ospedale civile; nel meccanico rinvio di visite specialistiche; nella mancanza di dibattiti, confronti e sussulti pubblici.
Davanti a codesto quadro di sofferenza, accentuata dall’esodo fisso a ridosso dell’Epifania, la politica tende a ignorare, tacere, scappare, distrarre. I partiti nazionali latitano e le urne ricordano i ricorsi storici del leopardiano Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere. A Roma ne sono ben coscienti, ma maggioranze e opposizioni non hanno l’animo e il coraggio di intervenire, né un qualche interesse, un ritorno mediatico, d’immagine, di poltrona. È lontana, dimenticata quella visita del ’49 in cui Alcide De Gasperi, a due anni dall’istituzione dell’Opera per la Valorizzazione della Sila, dichiarò commosso: «Mi ricorda i miei altipiani alpini, ma doloroso è il confronto, pensando alle condizioni di vita delle popolazioni».
In questo paesone di montagna sopra i mille metri, i giovani sono indotti a partire, il turismo resta un miraggio e l’agricoltura un ripiego per ultrasettantenni. Gli impianti sciistici di Lorica sono un brutto guaio, forse irrisolvibile, e le promesse di recupero e rilancio si replicano come a teatro. Il Programma di sviluppo rurale 2014-2020 presenta forti criticità, tra numerose revoche dei finanziamenti e rinunce ai contributi, ritardi burocratici ed effetti del Covid. Nel relativo aggiornamento di metà luglio, si legge in proposito: «Si rileva un rallentamento generalizzato degli acquisti e dei lavori, tale da rendere necessaria la concessione di un’ulteriore proroga dei tempi di realizzazione dei progetti, almeno fino all’autunno 2020; inoltre, si manifestano difficoltà a proseguire/completare gli investimenti da parte dei beneficiari». E più avanti: «I problemi strutturali già presenti nei periodi ordinari si sono accentuati a causa della riduzione delle attività economiche e della conseguente perdita di liquidità; infine, le aspettative riguardo ad una lunga e profonda crisi economica potrebbero consigliare maggiore prudenza soprattutto ai beneficiari che gestiscono piani di sviluppo aziendale di grandi dimensioni, spingendoli a rinunciare a parte degli investimenti».
Se non bastasse, l’unica Statale di collegamento è piena di deviazioni e di insidie, di segnali di morti per incidente. Arrivare sul posto è un’impresa, specie con la recente, “geniale” chiusura di chilometri di strada per (continui) lavori in corso. Dunque l’isolamento del territorio non consente lo sviluppo di attività produttive, di servizi e percorsi turistici (anche mare-monti). E per inciso non garantisce il diritto alla salute, per cui varrebbe che l’ospedale di riferimento fosse quello di Crotone, piuttosto che l’Annunziata di Cosenza.
In compenso l’occupazione nei settori pubblici mantiene numeri elevatissimi, tra tutelati di ferro e precari all’infinito. Inoltre a San Giovanni in Fiore c’è una sola libreria, per fortuna attiva; diminuiscono le iscrizioni alle Superiori e non si affaccia l’ipotesi di fusione con i Comuni viciniori; i laureati emigrano e non tornano; i quotidiani si vendono come gli orologi a cucù e la politica parla un linguaggio sempre più basso, carico d’enfasi per ogni fesseria. A ciò si aggiunga il decennale negazionismo – sbugiardato dalle inchieste di Nicola Gratteri – della classe dirigente rispetto alle infiltrazioni di ’ndrangheta nel tessuto sociale ed economico, a lungo ricostruite in solitudine da alcuni giornalisti, tra cui il sottoscritto, ricoperti di insulti e additati come «visionari», «speculatori», «professionisti dell’antimafia».
Nel contesto così problematico, le prossime Comunali di San Giovanni in Fiore si annunciano come un puro rito. Attenti, l’astensione è dietro l’angolo e poi non servirà cantare vittoria. Il Pd terrà le Primarie il prossimo 3 agosto: chiamerà chicchessia a scegliere al volo tra aspiranti che non potranno articolare proposte, non ne avranno proprio modo. Nel campo del centrodestra si profilano addirittura tre candidature: dal gruppo dell’assessore regionale Gianluca Gallo, capitanato da “velisti” adusi al cambio di vento; da quello di “rabdomanti” abituati a cercare concimi al posto dell’acqua; da quello, forse, dell’ex sindaco Barile, che espugnò la «Stalingrado del Sud» e poi fu scaricato da propri sodali. Altri candidati a sindaco potrebbero essere Antonio Lopez, consigliere comunale uscente aperto al civismo, e Giovanni Iaquinta, vicino al movimento meridionalista di Pino Aprile e già assessore della giunta Barile. Il Movimento 5 Stelle locale è invece scomparso: per le proprie logiche autoreferenziali, per l’eterno vizio di attaccare tutto e tutti, per l’attesa permanente a mo’ di lucertole, per la lotta virtuale al sistema nemico dell’umanità.
Di là dai nomi in partita, data l’imminenza del voto non ci sarà campagna elettorale, se non per slogan. Perciò gli elettori non potranno conoscere i programmi, i propositi e gli obiettivi dei candidati ufficiali. Il che è un paradosso (risaputo in Parlamento), visto che per la ripartenza del Paese quasi 209 miliardi arriveranno in Italia, l’anno venturo, con tutti i rischi del caso e lo spettro di un’altra ondata virale alle porte. Se non si agiteranno voci critiche e se mancherà la coscienza della mia generazione, che ha gli strumenti per dissentire e per innalzare il livello della politica, a San Giovanni in Fiore si continuerà a privilegiare le parentele, a pensare alle fosse lungo l’asfalto, alle lottizzazioni in senso lato, a come trasformare i diritti in favori, a ingrossare l’esercito dei clientes, a mantenere l’ordine esistente, al solito piangersi addosso alla ricerca di aiuti. Nell’attesa, muta, che la manna giunga da Roma o da Catanzaro, davanti alla fuga di altri giovani in cerca di opportunità, di speranze fuori della Calabria.

*giornalista

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