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"Imponimento", gli Anello tacciono. Gli Stillitani respingono le accuse

Nel corso degli interrogatori di garanzia i fratelli, considerati i capi indiscussi del sodalizio criminale, hanno fatto scena muta. Hanno risposto al gip, e si sono difesi, gli imprenditori di Pizzo

Pubblicato il: 23/07/2020 – 19:22
"Imponimento", gli Anello tacciono. Gli Stillitani respingono le accuse

LAMEZIA TERME Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere Rocco Anello e suo fratello Tommaso, rispettivamente capo e reggente della locale di ‘ndrangheta di Filadelfia. Questa mattina hanno avuto inizio gli interrogatori di garanzia nei confronti dei 75 indagati raggiunti dal decreto di fermo, emesso dalla Procura antimafia di Catanzaro il 21 luglio, nel corso dell’operazione “Imponimento” condotta dal Comando provinciale della Guardia di finanza di Catanzaro contro la consorteria Anello-Fruci che controllava capillarmente l’economia di una vasta fascia di territorio, da Filadelfia a Lamezia Terme, grazie anche ai buoni uffici con le ‘ndrine locali. Gli interrogatori si sono svolti tra Catanzaro, Lamezia Terme e Vibo Valentia.
I due fratelli Anello, difesi dagli avvocati Anselmo Torchia e Domenico Anania, sono considerati i capi indiscussi del sodalizio. Il loro potere si estendeva fino alla città di Lamezia Terme, dove intrattenevano buoni rapporti anche con le cosche Giampà e Iannazzo, oltre che con i Bonavota di Sant’Onofrio. Il loro compito era quello di dirigere e organizzare il sodalizio «commissionando o consumando direttamente estorsioni, veicolando messaggi attraverso i sodali, occupandosi dei settori imprenditoriali di “elezione” del sodalizio (settore edilizio, dei pubblici appalti, del taglio boschivo, turistico alberghiero, della costruzione di impianti eolici) e delle operazioni volte al riciclaggio dei proventi del sodalizio ed all’intestazione fraudolenta, a terzi prestanome, delle attività e beni riconducibili al gruppo, mantenendo i rapporti con i “colletti bianchi” (professionisti, imprenditori, politici, appartenenti alla massoneria), di riferimento per la risoluzione dei problemi dell’organizzazione». Era lo stesso Rocco Anello che si occupava del traffico di droga e dell’approvvigionamento di armi importandole dalla Svizzera.
STILLITANI Hanno risposto al gip l’ex assessore regionale Francescantonio Stillitani e suo fratello Emanuele, difesi dagli avvocati Enzo Ioppoli e Francesco Iozzi.
I due indagati si sono professati estranei ai fatti. Viene loro contestato, tra le altre cose, il concorso esterno in associazione mafiosa per avere favorito la cosca Anello-Fruci permettendole ingerenze nelle strutture alberghiere dei due fratelli e ottenendo in cambio «la possibilità di rivolgersi al sodalizio e di avvalersi del metodo mafioso per la risoluzione di problematiche di vario genere, per il compimento di atti di concorrenza illecita o di natura estorsiva nello svolgimento della loro attività imprenditoriale, ovvero di atti intimidatori nei confronti di soggetti non graditi, e ancora per ottenere appoggio in favore di Francescantonio Stillitani in occasione delle competizioni elettorali che lo vedevano candidato (in particolare, elezioni regionali calabresi del 2005)».
GUGLIOTTA Ha risposto al gip Massimo Gugliotta, accusato di associazione mafiosa, ritenuto attivo nelle estorsioni «assicurava al sodalizio il controllo “territoriale” delle strutture turistico alberghiere di interesse attraverso lo svolgimento di compiti di “guardiania”».
POLITO Si è professato estraneo alle accuse anche Rocco Polito, accusato di concorso esterno, per avere consentito «a tale organizzazione di infiltrarsi e di avere voce in capitolo nella propria attività di tabaccaio all’interno di strutture turistiche, riconoscendo all’organizzazione un contributo in denaro in ragione delle attività imprenditoriali oggetto di tutela mafiosa e dei servigi resi dal sodalizio, rimanendo a sua disposizione, prestandosi anche a fare da rappresentante di lista e a votare candidati indicati dal sodalizio».
Gugliotta e Polito sono difesi dall’avvocato Antonio Muscimarro. Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, tra gli altri, Pierdomenico Iannazzo, accusato di illeciti in materia di armi; Giovanni Giardino, accusato di associazione mafiosa perché ritenuto «imprenditore di riferimento dell’organizzazione, garantiva l’infiltrazione del sodalizio nel settore dei pubblici appalti, essendo favorito dall’organizzazione nell’accaparramento di commesse secondo le logiche spartitorie gestite dai vertici della associazione, si rendeva disponibile per concorrere in intestazioni fittizie»; Domenico Rutigliano accusato di favoreggiamento personale (per avere aiutato Rocco Anello, in più occasioni a eludere le investigazioni, con false dichiarazioni) e concorso esterno perché «sfruttando la sua qualità di imprenditore agricolo e potendo quindi così giustificare l’acquisto di mezzi agricoli, si metteva a disposizione della cosca Anello accettando, in via generale, che venissero intestati a suo nome». I tre indagati sono difesi da Antonio Larussa.
A conclusione degli interrogatori il gip dovrà convalidare, emettere ordinanza di custodia cautelare in carcere come richiesto dalla distrettuale, e trasmettere gli atti al gip distrettuale di catanzaro perchè nei 20 giorni successivi la rinnovi a pena di perdita di efficacia delle misure. (ale. tru.)

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