di Pablo Petrasso
LAMEZIA TERME Riguardo al primo latitante ospitato nel “Garden Resort” di Curinga c’è il dubbio persino su chi sia: Rocco Morabito o Giuseppe Tegano, a seconda delle due versioni fornite – a diversi anni di distanza – dal pentito Francesco Michienzi. Il secondo, invece, stando ai collaboratori ascoltati dalla Dda di Catanzaro, sarebbe Giuseppe De Stefano. Due soggiorni dorati, con vista sull’enorme piscina della struttura turistica. Il primo è durato pochissimo: una notte. Ha lasciato tracce riscontrate dagli inquirenti e un nome appuntato tra quelli prenotati dal concierge: Pasquale Ferraro.
In entrambi i casi – fatti salvi i dubbi sul nome – si tratta, per stare alle categorie care a Nicola Gratteri, di «’ndrangheta di serie A». Latitanti delle più importanti cosche reggine ospiti nell’hotel di proprietà di Francescantonio Stillitani negli anni in cui l’imprenditore si muoveva tra affari e politica. Fosse vero, di quegli affari non sarebbe stato esattamente (il solo) padrone, visto che gli accordi per nascondere le primule rosse dei clan nascevano su impulso della ‘ndrina Bonavota, per via della vicinanza con Antonio Facciolo, figura di raccordo, secondo l’antimafia catanzarese, tra la criminalità organizzata e il due volte assessore regionale (giunte Chiaravalloti e Scopelliti) fermato martedì nell’inchiesta “Imponimento”.
A «Morabito», però, la sistemazione non piace molto. La ritiene «pericolosa per il suo status di latitante, attesa anche la ressa e l’andirivieni di personaggi d’ogni dove». Così, decide «repentinamente di cambiare aria, tanto da contattare Michienzi e chiedergli energicamente di farlo portare altrove prima delle sette del giorno successivo, adducendo di essere responsabile di una provincia (ovviamente il riferimento è ad un’associazione mafiosa di dimensioni provinciali) e di non poter correre il rischio di essere individuato e quindi arrestato». Soggiorno lampo e check out di prima mattina. «Io domani mattina alle sette già qua non ci devo essere – avrebbe ordinato il latitante – perché è troppo movimentato… entra troppa gente di fuori… Fornitori… io ho sotto responsabilità una provincia… non posso giocare con Francesco Fortuna». A quel punto, per Michienzi, il problema è quello di avvertire la cosca di Sant’Onofrio del cambio di programma. Non trovando Fortuna, avverte un tale Carletto a Pizzo. E «il mattino dopo Morabito veniva prelevato da persone, non conosciute dal collaboratore stesso, mediante l’utilizzo di due o tre auto a mo’ di scorta e staffetta che lo conducevano ad altra destinazione». La breve visita al “Garden resort” finisce qui.
Gli investigatori si attivano per riscontrare le parole del pentito. I fatti si sarebbero «svolti certamente dal 28 luglio al 2 agosto 2005». Perché «in quegli stessi giorni una coppia, registrata come “Ferraro Pasquale” e “Cammara Alessandra”, ha occupato la stanza A310, sulla cui scheda di notifica è riportata la nota “Facciolo no vacanza”». Altri riscontri: Fortuna aveva effettivamente la disponibilità di un veicolo Seat in qual periodo; le generalità relative alla coppia «non risultano censite nella Banca dati delle forze di polizia, così come non risulta esistente a Milano la via Vitruvio, via indicata quale luogo di residenza. Sulla stessa scheda, curiosamente, non è stato neanche riportato il numero ed il tipo del documento d’identità». Infine, «nel periodo in argomento l’unico latitante appartenente alla Cosca reggina “Morabito” era Rocco Morabito, nato ad Africo il 13 ottobre 1966, che risulta tuttora ricercato da circa 20 anni, elemento di spicco della criminalità reggina, attuale reggente e “boss” della “cosca Morabito”, risulta gravato da numerosi precedenti penali e sulla sua persona pendono ben 6 ordinanze di custodia cautelare nonché condanne definitive». Per gli inquirenti, il fuggitivo transitato dal resort di lusso sarebbe proprio U Tamunga, tuttora irreperibile, forse nascosto al confine tra il Brasile e l’Uruguay dopo una rocambolesca fuga dal carcere.
A sollevare un dubbio sull’identità del latitante nascosto nel villaggio turistico è lo stesso Michienzi in un interrogatorio del 21 novembre 2019. «Ho già parlato – dice ai magistrati – del fatto che presso il villaggio di Curinga è stato ospitato un latitante che Francesco Fortuna mi diceva chiamarsi Rocco Morabito. Devo precisare che dopo aver reso queste dichiarazioni mi è capitato di vedere la foto, al telegiornale, di questo latitante che ho capito chiamarsi Giuseppe Tegano». Non un ripensamento, ma la conseguenza, secondo il collaboratore di giustizia del «fatto che Francesco Fortuna mi ha detto un nome per un altro perché non si fidava di me e Vincenzino Fruci. Comunque Facciolo era a conoscenza del fatto che la persona portata al villaggio da Francesco Fortuna era un latitante reggino per come ho constatato personalmente in quanto ricordo che chiesi alla reception a una ragazza di darmi una camera, la ragazza a me oppose il rifiuto, intervenne Facciolo a risolvere il problema». Normali scene di una calda d’estate per “quei bravi ragazzi” del clan Anello. (p.petrasso@corrierecal.it)
Senza le barriere digitali che impediscono la fruizione libera di notizie, inchieste e approfondimenti. Se approvi il giornalismo senza padroni, abituato a dire la verità, la tua donazione è un aiuto concreto per sostenere le nostre battaglie e quelle dei calabresi.
La tua è una donazione che farà notizia. Grazie
x
x