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Lamezia, il Distretto del Cibo già "sepolto" dai rifiuti

Pochi i partecipanti all’assemblea di insediamento, critiche all’amministrazione comunale di Lamezia Terme che parla di agroalimentare di qualità e si appresta invece a varare un mega Distretto dei…

Pubblicato il: 24/07/2020 – 14:26
Lamezia, il Distretto del Cibo già "sepolto" dai rifiuti

LAMEZIA TERME Priva di effetti concreti e con un quesito che a Lamezia Terme continua a non ricevere risposta, salvo che quelle di circostanza, formali e spesso slegate dall’evidente inoppugnabilità dei fatti.
E’ l’assemblea di insediamento del Comitato del Distretto del Cibo del Lametino, tenutasi ieri presso la sala consiliare del Comune di Lamezia Terme e che ha consegnato due immediate evidenze, la scarsa partecipazione e qualche robusta e determinata voce critica.
Di effetti concreti, dunque, pochi ma prima di narrare del quesito senza risposta è invece opportuno fare un passo indietro, il percorso è quello iniziato nell’ormai lontano 2011 con la Regione Calabria che istituisce il “Distretto Agroalimentare di Qualità del Lametino”, si tratta di una dinamica nazionale ed orientata legislativamente.
In parole povere i Distretti sono sistemi produttivi locali caratterizzati da una significativa presenza economica ed interdipendenza produttiva delle imprese agricole ed agroalimentari, quelli di qualità contano anche sulla presenza di una o più produzioni certificate e tutelate ai sensi della normativa comunitaria e nazionale, ci sono – insomma- i famosi marchi Doc, Dop, Igt, Igp.
Sulla base di una Legge nazionale del 2017, la nr. 205, la Regione ha indicato il Distretto di Lamezia come uno di quelli con le carte in regola per far parte del Registro Nazionale dei Distretti del Cibo tenuto e curato dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali.
Circostanza, quest’ultima, che ha di fatto avviato il percorso di costituzione del ri-definito e ri-nominato Distretto del Cibo a Lamezia Terme, la prima riunione è stata convocata lo scorso 29 maggio ed in quella occasione il Partenariato Locale ha affidato all’amministrazione comunale di Lamezia Terme il compito di coordinare le attività di organizzazione ed avvio operativo del Distretto.
Ieri l’insediamento del Comitato promotore con, dicevamo, il quesito che continua a non ricevere risposta e riproposto da qualcuno nel corso dell’assemblea.
A Lamezia Terme, infatti, l’avvio del Distretto del Cibo coincide, in queste settimane, con una diffusa protesta che ha come destinataria l’amministrazione comunale e la scelta di condividere e sostenere le ordinanze emergenziali sui rifiuti della Presidente Santelli che, per la città della Piana, prevedono in località Stretto la riattivazione di due discariche già esaurite (su parte delle quali insiste ancora un sequestro) investimenti necessari per la regolamentazione delle acque meteoriche e, infine, la creazione di una terza gigantesca vasca con una capacità di 600.000 metri cubi di rifiuti.

La città di Lamezia Terme, insomma, appare come una sorta di Giano bifronte, da una parte si declama a gran voce la strategicità dello sviluppo agricolo, dall’altra si moltiplica l’impegno per configurare quello che in molti qualificano come un vero e proprio Distretto dei Rifiuti.
In assemblea il Sindaco, Paolo Mascaro, avrebbe risposto alle obiezioni sollevate dai rappresentanti delle organizzazioni agricole indicando alcune azioni di bonifica finanziate dalla regione ed avviate dal Comune.
Sta di fatto che la realtà di Lamezia Terme, sotto il profilo della sostenibilità ambientale, sembra essere quella di chi si trova su un crinale pericoloso e poco corrispondente a quella piena garanzia (anche comunicativa e richiesta dal mercato) della salubrità degli alimenti.
La volontà di promuovere l’agricoltura di qualità cozza con l’evidenza dei fatti, nell’area industriale di Lamezia Terme, a breve distanza da un Sito di Interesse Comunitario, ci sono infatti due piattaforme polifunzionali per il trattamento e la valorizzazione dei rifiuti, attività di raccolta e riciclaggio di pneumatici, impianti di selezione rifiuti urbani e produzione CDR, strutture per il recupero di batterie al piombo esauste.
In due di queste strutture nell’ultimo mese si sono registrati degli incendi.
All’elenco, già inquietante, si aggiunge il mega impianto di depurazione consortile che serve Lamezia, il comprensorio e l’agglomerato industriale dell’Ex Sir.
E sempre sul territorio di Lamezia Terme insistono altre due bombe ecologiche, l’ex discarica Bagni, nata e sepolta tra il quartiere di Sambiase e quello di Sant’Eufemia, a due passi dall’aeroporto, e quella di San Sidero, nelle vicinanze di corsi d’acqua che attraversano il Lametino.
Senza considerare quella chiusa nel Comune di Pianopoli, con più di un milione di metri cubi lì conferiti e ad un tiro di schioppo dalla nuova e costruenda discarica.
L’impressione, dunque, è che sull’agroalimentare di qualità a Lamezia Terme si declamano parole sonoramente smentite dai fatti ed appare quasi ironica, da questo punto di vista, la definizione assegna alla Città nell’ambito del percorso verso il Distretto del Cibo “soggetto attuatore delle politiche agro-alimentari, dello sviluppo rurale e dello sviluppo sostenibile” (?)

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