REGGIO CALABRIA Ferdinando Saragò, Giovanni di Pietro, Fabio Pompetti, Jaco’ D’Agapiti Franco, Bujar Sejdinaj sono i cinque latitanti catturati nella scorsa notte in una vasta operazione internazionale alla quale ha partecipato la Guardia di Finanza di Reggio Calabria coordinata con il Segretariato Generale dell’OIPC-INTERPOL, le forze di polizia dell’Argentina, dell’Albania e del Costa Rica. Una sesta persona Adrian Cekini è stata tratta in arresto, ma non risultava latitante. Le catture odierrne evidenziano ulteriormente la linea portata avanti con determinazione dal procuratore Giovanni Bombardieri e dai suoi magistrati volta a perseguire e sottoporre a giudizio tutti gli indagati compresi quelli che cercano di sottrarsi alle proprie responsabilità penali riparando all’estero.
LA CATTURA DEI LATITANTI La ricerca dei latitanti è proseguita infatti in questi mesi grazie all’attività coordinata dalla Direzione centrale della polizia criminale, guidata dal Prefetto Rizzi e dal Segretariato Generale dell’OIPC-INTERPOL di Lione, attraverso le unità “I-CAN” dell’Italia, dell’Argentina, dell’Albania e del Costa Rica ed il lavoro degli “Esperti per la Sicurezza” italiani in quei Paesi che ha portato al coordinamento dell’esecuzione degli arresti in contemporanea di 4 latitanti in Argentina ed Albania alle 19:00 di martedì ora italiana più un quinto arrestato stanotte alle 2:30 in Costa Rica. Sono stati tratti in arresto a Buenos Aires dal locale Interpol, dalla Polizia Federale e dalla Gendarmeria Nacianal argentini, coordinati dalla locale Procunar Ferdinando Saragò, nato a Rosarno il 12.05.1941, corriere e uomo di fiducia della ‘ndrangheta che faceva la spola tra il Sudamerica e la Calabria: a lui si rivolgevano le cosche per le varie necessità operative e per il trasporto di documenti segreti. Ha incontrato in Argentina Carmelo Agliotti (uno dei 45
soggetti arrestati a novembre) in occasione di un viaggio finalizzato alla risoluzione di una mancata importazione di droga per conto delle famiglie Pesce e Bellocco. Giovanni Di Pietro, nato a Roma il 24.06.1956, alias Massimo Petrini, residente a Buenos Aires, costituiva il front office fra le cosche italiane e i fornitori sudamericani di droga, occupandosi anche direttamente dell’esportazione delle
sostanze stupefacenti. Da un’intercettazione è risultato che abbia informato lo stesso Agliotti di un’indagine a suo carico dell’Autorità giudiziaria argentina. Aveva partecipato, nel 1978, al rapimento ad Acireale di Franz Trovato, figlio di un industriale locale, terminato poi con la tragica uccisione del ragazzo dopo ventuno giorni di prigionia a bastonate e con quattro colpi di pistola mentre tentava di fuggire. Nel settembre del 1979 Di Pietro viene arrestato in Argentina per rapina,
furto e falsificazione di documenti. La polizia gli sequestrò una serie di documenti che tiravano in ballo il suo coinvolgimento nella terribile storia di Franz Trovato. Di Pietro non agì da solo, anche se ammise all’Interpol che lo bloccò una seconda volta nel 1990 a Buenos Aires, di esser stato uno dei promotori della banda composta da dieci persone che ideò il sequestro. Quelle persone furono tutte individuate e arrestate. Il 10 maggio 1979 arrivò la sentenza di condanna, confermata in appello il 6 maggio 1981 e resa definitiva dalla Cassazione che il 28 gennaio 1981 respinse il ricorso degli imputati. Due di loro furono condannati all’ergastolo, gli altri a pene pesantissime. Tra di loro c’era Di Pietro, dichiarato colpevole in contumacia. Una volta condannato, però, la sentenza non gli è stata notificata mai. Giovanni Di Pietro ha atteso che il tempo passasse a Buenos Aires.
Sono decorsi i 30 anni entro i quali la condanna doveva essere messa in esecuzione. Fabio Pompetti, nato in Argentina il 12.09.1966, era un interlocutore privilegiato dello stesso Agliotti e di Francesco Morano, detto Gianfranco, anch’egli arrestato nell’operazione del novembre 2019, perchè problem solving man: grazie alla sua rete di relazioni in loco e alle sue indicazioni
venivano aggirati i sistemi antiriciclaggio e venivano elusi i controlli doganali. Per anni è stato il portavoce dei fornitori sudamericani nei confronti della ‘ndrangheta. Con la colllaborazione dell’OCN Interpol di San José in Costa Rica è stato arrestato a Jaco’ D’Agapiti Franco nato a Velletri il 21/04/1946 compropietario dell’Hotel Casino Amapola di San Josè de Costa Rica che si era stabilito nel paese sudamericano e fungeva da punto di riferimento per gli esponenti della cosca. Il suo ruolo era quello di agevolare l’ingresso di cocaina in Italia, mettendo a frutto da oltreoceano la fitta rete di contatti e conoscenze e offrendo ospitalità e appoggio logistico agli ‘ndranghetisti,
grazie alla disponibilità della struttura alberghiera di sua proprietà.Arrestat in Albania Bujar Sejdinaj, nato lì il 29.03.1959, detto “lo zio”, avamposto della ‘ndrangheta in quell’area balcanica, ed in particolare della ‘ndrina “Bellocco”, tratto in arresto a Tirana dal locale Inteerpol e dalla Polizia di Stato albanese. Ha partecipato insieme ad altri all’organizzazione dell’acquisto in Spagna di circa 20 kg di cocaina.
LA GENESI Sale a 6 oggi il numero dei latitanti di ‘ndrangheta arrestati in tre Paesi di due continenti nell’ambito dell’Operazione “Magma 2007” condotta dallo SCICO della Guardia di
Finanza di Roma e dal GICO della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, in collaborazione con la Direzione Centrale dei Servizi Antidroga e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia. Operazione conclusa nel novembre 2019 conl’esecuzione di 45 misure cautelari per associazione a delinquere di stampo mafioso, traffico internazionale di stupefacenti, detenzione illegale di armi.
Le attività investigative, culminate con le ordinanze eseguite il 29.11.2019, hanno permesso di sequestrare circa 400 Kg. di cocaina, 30 Kg. di hashish, 15 Kg. di marijuana, un fucile d’assalto automatico, 3 pistole semiautomatiche, un silenziatore e munizionamento di vario calibro.
Nel dettaglio, le attività investigative hanno consentito di destrutturare completamente la cosca di ‘ndrangheta riconducibile ai Bellocco di Rosarno e le sue articolazioni extra regionali, traendo in arresto tutti i membri apicali della prefata famiglia, appartenente al “mandamento tirrenico” e operante nella piana di Gioia Tauro, in Emilia Romagna, in Lazio e in Lombardia. Il gruppo criminale, articolato su più livelli e dotato di elevatissime disponibilità finanziarie, allo scopo di importare la cocaina, individuava in Sudamerica, in particolare in Argentina e Costarica, fonti di approvvigionamento di ingenti partite di quella sostanza stupefacente da inviare in Italia occultate, per il trasporto navale, in appositi borsoni all’interno di container. Per tali finalità, uomini della cosca Bellocco si sono serviti di alcuni emissari che hanno effettuato diversi viaggi in territorio sudamericano, per visionare lo stupefacente e contrattare con i referenti in loco al fine di poter organizzare gli aspetti logistici dell’importazione. Grazie alla preventiva e tempestiva apertura di un canale di collaborazione tra la Guardia di Finanza di Reggio Calabria e la Gendarmeria Argentina, per il tramite di apposita Rogatoria Internazionale promossa dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, è stato possibile accertare che proprio a Buenos Aires l’associazione criminale calabrese poteva contare sulla collaborazione di alcuni “colletti bianchi” italoargentini, intranei all’organizzazione, disposti ad agevolare la pianificazione degli illeciti traffici e l’importazione di ingenti quantitativi di cocaina. In tale contesto, emblematica e la vicenda che riguarda un emissario della cosca Bellocco in Sud America che non solo si limitava alla mera funzione di intermediario nell’ambito degli illeciti traffici, ma si prodigava anche per la risoluzione di questioni estremamente rilevanti che hanno interessato la famiglia di ‘ndrangheta dei Morabito di Africo (RC). A tal fine, risulta emblematico il coinvolgimento del prefato emissario con alcuni componenti della cosca Morabito per far pervenire in territorio uruguagio una ingente somma di denaro, pari a 50.000,00 euro, finalizzata a far scarcerare Rocco Morabito, detto “Tamunga”, arrestato dopo una significativa latitanza e successivamente evaso.
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