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Il boss "ingombrante" Rocco Anello e le critiche al figlio "poco incline al lavoro"

Dalle carte dell’inchiesta “Imponimento” emerge l’insofferenza del capoclan nei confronti del rampollo Francescantonio, mai presente nei cantieri e ritenuto incapace a gestire la ditta edile intest…

Pubblicato il: 26/07/2020 – 7:22
Il boss "ingombrante" Rocco Anello e le critiche al figlio "poco incline al lavoro"

di Giorgio Curcio
LAMEZIA TERME Da una parte le ambizioni del clan, attivo su diversi fronti e in svariati business, dall’altra la volontà del boss Rocco Anello di “tramandare” al figlio tutte le “conoscenze” legate al mondo degli affari e che, nel corso degli anni, gli hanno consentito di ritagliarsi un ruolo da protagonista nella ‘ndrangheta locale attiva, in particolare, nella Piana di Lamezia e i territori di collegamento con la provincia di Vibo Valentia. Questo, almeno, quanto è emerso dalle carte dell’inchiesta “Imponimento” condotta dalla Dda della Procura di Catanzaro e che, nei giorni scorsi, ha portato al fermo di 75 persone.
Un figlio che pare non riflettere appieno, però, le aspettative di un padre premuroso e ambizioso come Rocco Anello, combattuto tra il volergli comunque affidare i remunerativi affari legati all’edilizia e la consapevolezza che il rampollo della famiglia, Francescantonio, tra i fermati nel blitz, non abbia per così dire una spiccata volontà di seguirlo. E in più di una conversazione captata dagli investigatori è proprio il capoclan a lamentarsi con Nicola Antonio “Tonino” Monteleone (anche lui fermato) della totale assenza di attaccamento al lavoro del figlio.
UN FIGLIO SVOGLIATO Francescantonio Anello è formalmente il titolare dell’omonima ditta attiva nella costruzione di edifici residenziali e non residenziali. L’azienda va a gonfie vele tanto che dal 2014 al 2018 aveva fatto registrare un incremento rilevante del volume d’affari. Ma il successo dell’impresa non è riconducibile alle capacità manageriali di Francescantonio, bensì a quelle del padre Rocco. È lui stesso a confermarlo in una conversazione captata dagli inquirenti con Tonino Monteleone. «Ah Tonino, ma lui ce l’ha l’attività, questa è una cosa in più che gli sto facendo io. Lui non c’entra, glielo sto gestendo io… per un altro motivo, non hai capito?».
LA DELUSIONE DI UN PADRE-BOSS Un’insofferenza nei confronti del figlio che Rocco Anello mostra, ad esempio, in occasione di alcuni lavori programmati da tempo presso il cantiere “Eurospin” e che la ditta “Francescantonio Anello” si era aggiudicata. L’occasione per il boss Rocco di lanciare nel mondo degli affari proprio il rampollo del clan. Ma evidentemente con scarsi risultati: «Sto lavoro qua, era – afferma nella conversazione captata dagli inquirenti – un lavoro già che avevo programmato da prima… se no io… l’abbandonavo. Adesso io ho sbagliato che l’ho fatto loro se no mi sarei messo con un altro, gli dicevo “Dammi tanto e fatti il lavoro!” ma a me m’interessava cercare di sistemare ‘sto scemo di mio figlio!». Una delusione che appare, dunque, molto evidente e che si percepisce dal tono e le parole usate dal boss. Il figlio, ma non solo. A sconfortare il capoclan è anche l’atteggiamento di un collaboratore, Romeo Ielapi: «Ma io ho sbagliato pure con Romeo, adesso che gli ho detto di lavorare con me. Io gli dovevo dire “Romeo, io ti dò tanto al mese… e fai quello che ti dico io!” Ti assumo, cancellati la ditta e finisci. Qua ho sbagliato… perché cercavo di andargli incontro per aiutarlo. Aiuto non ne vogliono, Tonì!».
NESSUN SENSO PER GLI AFFARI Ma per il capocosca l’atteggiamento del figlio è una costante delusione. Secondo lui, infatti, Francescantonio non sarebbe stato in grado di gestire l’impresa di movimento terra. Rocco Anello, nel corso della conversazione con Tonino Monteleone svela che quando Franco Caridà  ed altre persone gli manifestarono l’opportunità di svolgere lo sbancamento del cantiere Eurospin, contestualmente per tale lavoro era stato stabilito un tetto massimo di spesa pari ad 80mila euro e anzi sarebbe stato auspicabile spendere anche meno. Il boss aggiunge poi che se al posto suo si fosse trovato il figlio si sarebbe accontentato anche di soli 60mila euro. Come noto, il boss di Filadelfia è riuscito, invece, a stipulare il contratto per 115mila più altri lavori, riuscendo anche a portare dalla sua parte Franco Caridà.
«IL LAVORO È DI MIO PADRE» Un padre scoraggiato, dunque, e a quanto pare circondato da collaboratori (e figli) che pare non lo seguano in quegli affari – come si legge ancora dalle carte dell’inchiesta – di cui in realtà si occupa lui stesso. Tesi degli inquirenti confermata peraltro dalle parole del rampollo del clan Anello, ripreso il 21 dicembre del 2016 nei pressi del cantiere insieme a Daniele Prestanicola e Franco Caridà, entrambi fermati nel corso dell’operazione. Al centro della discussione, l’organizzazione dei lavori sebbene sia proprio Francescantonio a chiarire che nonostante l’azienda sia intestata a lui, di fatto, è il padre a gestire personalmente il lavoro. «C’è il nome mio, c’è il nome mio… capito? (…) Il lavoro lo deve fare mio padre, il lavoro è suo. Se mi dice mandami un operaio, mandami (…) lavorano a Filadelfia, stanno lavorando da un’altra parte ma Franco mio (riferito a Cardià) io non so ma non so neanche cosa…cosa dirvi… io non saprei nemmeno che dirvi, avete capito?».
«SIAMO UNA GRANDE FAMIGLIA» Un padre egocentrico, una figura ingombrante anche sui cantieri al punto, sostengono il figlio, Prestanicola e Caridà – da influire negativamente sull’organizzazione dei lavori, ammettendo comunque una certa riconoscenza nei confronti di Rocco Anello come quando in una occasione, essendosi creata la necessità, il boss aveva affidato il lavoro a Daniele Prestanicola, anche se poi le “ore” di lavoro le aveva in ogni caso conteggiate in favore della sua impresa. Tutti – presenti compresi – facevano infatti parte della stessa famiglia mafiosa. «Lo so che…lo so che siamo una grande famiglia. Io dove sono andato per il lavoro?» dice Caridà trovando conferma in Francescantonio Anello: «come avete detto voi, siamo una grande famiglia». (redazione@corrierecal.it)

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