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Estorsioni e appalti. La spartizione di Pizzo e i "giochi" di potere tra Rocco Anello e i Bonavota

Dalle carte dell’inchiesta “Imponimento” emergono i rapporti di forza tra le ‘ndrine attive nella città napitina e l’influenza del boss in grado di trattare anche con i Mancuso. Dall’appalto dell’E…

Pubblicato il: 27/07/2020 – 7:45
Estorsioni e appalti. La spartizione di Pizzo e i "giochi" di potere tra Rocco Anello e i Bonavota

di Giorgio Curcio
LAMEZIA TERME
È uno dei centri turistici più famosi e frequentati in Calabria. Ed è forse per questo che nel corso degli anni le famiglie più importanti e influenti della ‘ndrangheta calabrese se la sono “spartita”, imponendo le estorsioni ai commercianti e ponendosi in un ruolo di primo piano nella gestione degli appalti per soddisfare gli appetiti e la sete di potere dei clan locali. Siamo a Pizzo, cittadina tirrenica della provincia di Vibo Valentia, attualmente amministrata da una terna commissariale dopo l’arresto, avvenuto a dicembre, del sindaco Gianluca Callipo, nel corso della maxi operazione “Rinascita-Scott”. L’ex primo cittadino, accusato di concorso esterno e diverse ipotesi abuso d’ufficio aggravato, è stato recentemente scarcerato e proprio ieri ha affidato ad un lungo post su Facebook le sue riflessioni.
IL PLACET DI ROCCO ANELLO E DEI BONAVOTA Ma intanto sono stati proprio gli inquirenti e la Dda di Catanzaro nel corso della storica operazione prima, e con “Imponimento” poi, a delineare il quadro criminale all’interno del quale i clan si muovevano. E proprio in relazione al controllo ‘ndranghetistico sulla città di Pizzo, le risultanze investigative fanno riferimento sia alla ‘ndrina capeggiata dai trentenni Salvatore Francesco Mazzotta e da Luca Belsito come partecipe ed entrambi espressione della locale di ‘ndrangheta di Sant’Onofrio, sia alla figura di Domenico Pardea, ritenuto intraneo alla ‘ndrina dei “Pardea-Ranisi” di Vibo Valentia.
Un’influenza che però avviene solo grazie al benestare di due importanti clan, gli Anello di Filadelfia e i Bonavota di Sant’Onofrio. Un potere, quello dei due clan, evidenziato proprio nel corso dell’operazione “Imponimento”.
LA ‘NDRINA DI MAZZOTTA L’espressione del clan Bonavota di Sant’Onofrio sulla città di Pizzo è proprio la ‘ndrina promossa da Salvatore Francesco Mazzotta, pregiudicato classe ’90 e indagato nell’operazione “Rinascita-Scott”. È un sodale formalmente battezzato dalla consorteria di ‘ndrangheta di Piscopio ma che attualmente risponde proprio ai Bonavota. Emblematiche, ad esempio, sono le frizioni che si sono create nel corso degli ultimi anni proprio tra Mazzotta e Domenico Pardea, soprattutto in relazione alla suddivisione dell’attività estorsiva. Pardea, da quanto è emerso dalle carte dell’inchiesta, sarebbe entrato in ottimi rapporti proprio con Rocco Anello, al punto di commettere estorsioni per lui. Una sorta di “alleanza” evidenziata anche quando lo stesso Rocco Anello, nel marzo del 2017, convoca Luca Belsito per chiedergli chiarimenti in merito ad alcuni atti intimidatori verificatisi a Pizzo e quando uno dei rampolli degli Anello, Rocco (cl. ’91) si rivolge proprio a Mazzotta per tutelare Francesco Novembre. Quest’ultimo, infatti, aveva ricevuto una richiesta estorsiva per la rivendita di carni presso il mercato di Pizzo. Richiesta avanzata proprio da Luca Belsito, espressione della ‘ndrangheta di Sant’Onofrio.
LA SUDDIVISIONE DI PIZZO È proprio nell’operazione “Rinascita-Scott” che è stata ricostruita la “suddivisione” di Pizzo. A comandare la zona nord e la “Marinella” sarebbe Rocco Anello mentre la zona Marina sarebbe gestita dai Mancuso che avrebbero il controllo sui bar e la piazza. I Bonavota, invece, hanno la propria influenza sulla zona alta di Pizzo e la via Nazionale (la via principale) attraverso Raffaele Cugliari.
Ed è proprio lui in un dialogo intercettato dagli inquirenti con Carmelo Mallimaci, a delineare quella che nei fatti era la spartizione delle diverse zone di Pizzo. Cugliari, infatti, commenta la restituzione della licenza per la somministrazione di bevande ed alcolici che gli era stata rilasciata dal Comune di Pizzo e critica le informative dei Carabinieri, che a loro volta avevano anche dato credito alle segnalazioni dei cittadini, sulle quali si fondava il provvedimento di revoca dell’autorizzazione amministrativa.
«dice che sulla nazionale comandiamo noi, la sotto alla Marinella comanda Rocco Anello e là sotto alle coste, ci dividiamo le cose perché comandano i Mancuso, dice che ognuno abbiamo la zona nostra».
GLI APPALTI A PIZZO E L’EUROSPIN Sono le intercettazioni ambientali e telefoniche captate dagli inquirenti a delineare, invece, il potere criminale e quasi egemone della cosca Anello sugli appalti e i lavori a Pizzo. Come in occasione della realizzazione di un punto vendita “Eurospin” in località Casale. L’individuazione delle imprese alle quali affidare i lavori di movimento terra piuttosto che la fornitura di calcestruzzo, nonché i lavori di carpenteria non è scaturita dalla libera scelta del committente di rivolgersi alle imprese presenti sul mercato bensì dettata dalla necessità dello stesso di adeguarsi alle “indicazioni” del capo cosca Rocco Anello, veicolate da Franco Caridà, concordando una cifra di 150mila euro.
IL RESORT GALIA E LE IMPOSIZIONI DI ROCCO ANELLO Gli appalti ad ogni costo, anche “sfidando” il potente clan dei Mancuso. L’occasione è la realizzazione del Resort Galìa, in località Galia a Pizzo. Dalle carte dell’inchiesta è emerso come gli Anello e i Bonavota avessero costretto il rappresentante della società Genco Carmela & Figli srl, Vincenzo Renda, ad avvalersi, per i lavori di realizzazione del villaggio-residence, di imprese imposte da loro. Renda, infatti, sulla base dei rapporti criminali intrattenuti con i Mancuso di Limbadi, aveva affidato i lavori alla “Restuccia Costruzioni”, riconducibile a Vincenzo e Angelo Restuccia, legati anche loro al clan Mancuso. Ma sia il boss Rocco Anello che gli esponenti dei Bonavota sono riusciti ad inserirsi progressivamente nell’appalto, rivendicando e facendo valere la propria influenza criminale sul territorio di Pizzo, dove dovevano essere effettuati i lavori. Dallo sbancamento ai lavori di tamponatura, passando per la sistemazione delle aree esterne e la fornitura del cemento. Bisognava impiegare tutte le aziende vicine al boss Rocco Anello. Fondamentale, in questa circostanza, è l’interlocuzione con il boss Luigi Mancuso. (redazione@corrierecal.it)

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