di Fabio Papalia
REGGIO CALABRIA Il gup di Reggio Calabria, Vincenzo Quaranta, all’udienza preliminare tenuta oggi ha dichiarato inutilizzabili le intercettazioni telefoniche limitatamente a due capi (c e d) di imputazione, ovvero per il reato di corruzione elettorale con l’aggravante mafiosa e che vedono imputati l’ex consigliere regionale Alessandro Nicolò, in un caso in concorso con Antonio Presto e Giuseppe Demetrio Tortorella, e nell’altro caso in concorso con Stefano Sartiano e Pasquale Repaci. L’indagine, condotta il 31 luglio dello scorso anno dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria diretta dal primo dirigente Francesco Rattà, sotto il coordinamento della Dda diretta dal procuratore capo Giovanni Bombardieri con l’impulso dei sostituti procuratori antimafia Stefano Musolino e Walter Ignazitto, aveva portato all’esecuzione di 17 misure cautelari con l’accusa, a vario titolo, di associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione, turbata libertà degli incanti, porto illegale in luogo pubblico di arma comune da sparo, con l’aggravante dell’agevolazione mafiosa, tentata corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio.
Il gup stamani ha sciolto le riserve sulle eccezioni e deduzioni avanzate dalle difese all’udienza di mercoledì scorso. Le eccezioni della difesa di Nicolò trovano fondamento nella recente pronuncia della Corte di Cassazione a Sezioni Unite (sentenza n. 51 del 2019) la quale, risolvendo un contrasto giurisprudenziale, ha enunciato il principio che è necessario ai fini della utilizzabilità, in ordine al reato emerso dalle intercettazioni, disposte ovvero autorizzate per altra ipotesi di reato, non solo la sussistenza di profili di connessione ex art. 12 del codice di procedura penale (che detta i casi di connessione dei procedimenti) ma anche che per il nuovo reato siano ammissibili le intercettazioni; resta ferma l’utilizzabilità delle intercettazioni ove per il nuovo e diverso reato sia consentito l’arresto obbligatorio in flagranza e gli esiti captativi siano rilevanti e indispensabili per la relativa prova.
Gli avvocati Corrado Politi e Umberto Abate, quest’ultimo ha depositato ieri un ulteriore scritto difensivo, hanno sostenuto la non utilizzabilità degli esiti delle intercettazioni, limitatamente ai capi c e d della rubrica, per difetto di connessione tra il fatto-reato per il quale le intercettazioni erano state disposte e il fatto-reato emerso dai relativi esiti, nonché per non essere ammissibile il ricorso all’intercettazione, per mancanza dei limiti di pena previsti dal reato contestato.
Eccezione giudicata fondata dal gup il quale accogliendo la tesi della difesa dà atto che il fatto-reato contestato nei due capi non rappresentava, all’epoca in cui furono disposte le intercettazioni, e non rappresenta ancora oggi, titolo di reato che legittima il ricorso allo strumento captativo. “Difettano – ha stabilito il gup – ai fini della utilizzabilità, i presupposti/condizioni di ammissibilità a cui fanno riferimento le Sezioni Unite nella recente pronuncia”. Nicolò, difeso dagli avvocati Valerio Spigarelli, Corrado Politi e Umberto Abate, è accusato anche di associazione mafiosa.
RESPINTE LE ECCEZIONI DELLA DIFESA DI SEBI ROMEO Viceversa il gup non ha accolto analoga questione di non utilizzabilità sollevata dalle difese dell’ex capogruppo Pd in consiglio regionale Sebi Romeo e dei suoi coimputati Francesco Romeo e Concetto Laganà. Sebi Romeo è accusato di tentata corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio in concorso. La sua vicenda è estranea al resto dell’indagine antimafia. Secondo l’accusa un maresciallo della Guardia di Finanza avrebbe inteso avvicinare ed incontrare di persona il politico Sebi Romeo, tramite il segretario pd melitese, con lo scopo di rivelare al consigliere regionale notizie riservate su attività di indagine che lo riguardavano, in cambio di favori personali. Il reato contestato al capo I, secondo il gup, rappresenta titolo di reato che di per sé consente il ricorso all’intercettazione. L’udienza preliminare prosegue ed è stata rinviata al 10 settembre.
IN OTTO SCELGONO L’ABBREVIATO Il gup inoltre ha respinto la richiesta di perizia psichiatrica avanzata dai difensori di Antonino Caridi, gli avvocati Vincenzo Nico D’Ascola, Ettore Squillaci e Mirna Raschi. Alla fine Caridi, indicato dagli inquirenti come l’attuale capo della cosca Libri (ruolo che avrebbe “ereditato” dal defunto suocero Domenico Libri, detto don Mico, storico patriarca dell’omonima potente cosca reggina) ha scelto di essere giudicato col rito abbreviato. Stessa scelta per Giuseppe Libri, Gianpaolo Sarica, Antonio Zindato, Giuseppe Serranò, Giuseppe La Porta, Antonio Presto e Pasquale Repaci. Per loro il processo abbreviato inizierà all’udienza del 29 ottobre con la requisitoria dei pm antimafia Stefano Musolino e Walter Ignazitto.(redazione@corrierecal.it)
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