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Omicidio a Rosarno, la confessione dell'imbianchino: «Mio cognato mi minacciava, temevo un agguato»

Carmelo Bersano ha risposto alle domande del gip Barbara Borelli e del pm Elia Romano. È accusato dell’omicidio del cognato, del tentato omicidio del nipote 18enne e di ricettazione della pistola c…

Pubblicato il: 07/08/2020 – 18:17
Omicidio a Rosarno, la confessione dell'imbianchino: «Mio cognato mi minacciava, temevo un agguato»

di Fabio Papalia
PALMI Ha ammesso di avere sparato ma ha negato di avere avuto intenzione di uccidere e men che meno di avere agito con premeditazione. Carmelo Bersano (nella foto), l’imbianchino rosarnese di 45 anni fermato la sera del 4 agosto per l’omicidio del cognato, l’operaio portuale Antonio Pupo di 43 anni, e il ferimento del nipote, Michele Pupo di 18 anni, stamani nel carcere di Palmi si è presentato davanti al gip di Palmi, Barbara Borelli, all’udienza di convalida. Bersano, assistito dal difensore di fiducia, l’avvocato Maria Angela Borgese, ha deciso di rispondere alle domande del gip e del sostituto procuratore della Procura di Palmi, Elio Romano, che ha coordinato le indagini dei carabinieri. L’accusa è di omicidio aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi, tentato omicidio e ricettazione dell’arma del delitto, una pistola con matricola abrasa che è stata sequestrata nell’auto dell’imbianchino al momento del blitz nel casolare in campagna dove l’uomo aveva trovato rifugio dopo l’omicidio del cognato.
LA SEPARAZIONE Bersano ha raccontato che a seguito della separazione chiesta dalla moglie circa 3 mesi fa, era tornato a vivere a casa dei propri genitori, lasciando la casa alla moglie e ai due figli. La separazione sarebbe stata fonte di liti familiari sia col cognato (marito della sorella gemella di sua moglie) che con altri parenti. In particolare, sempre secondo il racconto di Bersano, Pupo lo avrebbe minacciato e poiché in passato il cognato gli avrebbe usato violenza, lui che di corporatura è più esile di Pupo, da una settimana si era procurato la pistola che portava con sé per difesa personale.
LA CONFESSIONE DI BERSANO Quanto alla notte dell’omicidio ha raccontato che si trovava in giro con un amico e poiché nei giorni precedenti aveva visto che la figlia rientrava tardi aveva voluto controllare sotto la ex abitazione coniugale per vedere se la moglie e i suoi figli fossero rincasati, ma nell’abitazione non c’era nessuno. Volendo capire dove fossero si era recato sotto casa della sorella della moglie e avendo appurato che sua moglie si trovava lì, i due si erano fermati nei pressi del campo sportivo. Dopo una certa attesa la moglie è andata via e incrociandosi le due auto questa l’avrebbe riconosciuto. A quel punto l’amico sparisce di scena dal racconto di Bersano, il quale ha spiegato di essersi incamminato a piedi verso casa dei propri genitori.
Poco prima di giungere avrebbe ricevuto la telefonata del cognato che gli avrebbe chiesto dove si trovava e lo avrebbe preceduto con l’auto attendendolo davanti casa dei suoi genitori. Il cognato quindi gli avrebbe “intimato” di salire in auto e lui avrebbe preso posto sul sedile anteriore lato passeggero, senza neanche avvedersi che sul sedile posteriore vi era seduta un’altra persona. Solo durante il breve tragitto fino al campo sportivo aveva capito che dietro di lui c’era seduta una terza persona che era rimasta in silenzio, ma non si era avveduto che si trattava di suo nipote Michele.
Bersano ha raccontato che era molto intimorito dal cognato e quando a un certo punto l’uomo ha fermato l’auto in una strada buia nei pressi del campo sportivo e ha visto che sul luogo c’era anche una macchina ferma con i fari accesi, ha pensato a un agguato. Nel frattempo – Bersano ha raccontato in lacrime al gip le fasi finali della nottata – il cognato lo stava minacciando di morte, dicendogli che non doveva permettersi più di seguire la moglie o la cognata. A quel punto, talmente intimorito, pensando che il cognato stesse per mettere in pratica le minacce di morte, ancora seduto sul sedile dell’auto avrebbe impugnato la pistola con l’intenzione di esplodere un colpo in aria ma poiché non è mai stato avvezzo all’utilizzo delle armi, il colpo esploso, nonostante fosse stato diretto verso l’alto, ha colpito il cognato. Senza ancora rendersi conto che la persona seduta dietro era il nipote, Bersano ha esploso altri due colpi ed è fuggito via. L’imbianchino ha ricordato che quando ha sparato l’auto che era ferma coi fari accesi è ripartita a razzo.
Poi la fuga prima a piedi e poi in auto verso il casolare dove lo hanno trovato i carabinieri. Dei tre colpi esplosi, uno ha ferito mortalmente Antonio Pupo, uno ha ferito il nipote Michele, un terzo si è conficcato sul sedile posteriore dell’auto. Il pm Romano ha avanzato richiesta di emissione di ordinanza di custodia cautelare in carcere al gip che si è riservato la decisione. (redazione@corrierecal.it)

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