di Alessia Truzzolillo
CATANZARO Si terrà il prossimo sette settembre, a Salerno, l’udienza preliminare del procedimento che vede coinvolto l’ex procuratore di Castrovillari Eugenio Facciolla imputato a Salerno insieme all’agente della Polizia stradale di Cosenza Vito Tignanelli, amministratore di fatto della Stm srl, che fornisce apparecchiature per intercettazioni; Carmine Greco, comandante della forestale di Cava di Melis (Cosenza); Alessandro Nota, carabiniere in servizio anche lui a Cava di Melis, e Marisa Aquino, moglie di Tignanelli e titolare della Stm. Sono accusati, a vario titolo, di corruzione e falso. Agli atti del processo vi è una corposa informativa redatta dal Noe di Catanzaro, su delega della Procura di Salerno, competente per ogni procedimento che veda coinvolti togati del distretto di Catanzaro. Lo scorso 13 luglio il procuratore aggiunto di Salerno; Luca Masini, ha chiesto il rinvio a giudizio per tutti gli imputati e nel corso della prossima udienza del 7 settembre sono previste dichiarazioni spontanee da parte dell’ex procuratore di Castrovillari Facciolla. Il magistrato ha già parlato prima della requisitoria di Masini, nel corso di una lunga udienza il 29 giugno scorso, e ha intenzione di concludere le proprie dichiarazioni a settembre. Buona parte dell’autodifesa di Facciolla ha avuto lo scopo di smontare i contenuti di quell’informativa, in parte inediti.
PROLOGO La mattina del 9 gennaio 2018, il maresciallo Carmine Greco chiama il poliziotto Vito Tignanelli. Quel giorno la Dda di Catanzaro ha condotto, col supporto dei carabinieri, l’operazione “Stige”. Il poliziotto e il carabiniere si trovano lontani dal teatro dell’operazione, ciò nondimeno la vicenda è di loro particolare interesse. Tra gli arrestati ci sono i fratelli Spadafora (Pasquale, Antonio e Rosario), titolari di una ditta dedita al taglio boschivo. Sono accusati di avere monopolizzato, insieme a un cartello di imprese in odore di mafia, gli appalti, pubblici e privati, per il taglio boschivo. Sebbene si trovino a operare nella Sila cosentina, il fil rouge che li lega alle cosche si chiama Vincenzo Santoro che è una delle braccia operative della cosca Farao-Marincola di Cirò, nel Crotonese. Greco, il 9 gennaio 2018, è ignaro di essere intercettato ma su di lui già si è attivato l’interesse degli inquirenti che lo arresteranno per associazione mafiosa qualche mese dopo, a luglio 2018. L’accusa è quella di avere assecondato e favorito l’egemonia mafiosa del cartello di imprese. Per questa ragione Greco si trova attualmente sotto processo davanti al Tribunale collegiale di Crotone con l’accusa di associazione mafiosa, rivelazione del segreto istruttorio, omissioni d’atti d’ufficio e favoreggiamento, reati aggravati dal metodo mafioso. Ma l’indagine svelerà anche altro oltre ai reati contestati a Greco e i carabinieri invieranno parte delle proprie attività di indagine a Salerno, visto il coinvolgimento di un magistrato.
Proprio nell’ambito di tale attività di indagine sarebbe venuto fuori il legame tra Greco, Tignanelli e Facciolla. Ed essendovi di mezzo un magistrato il fascicolo è stato inviato a Salerno che ha delegato al Noe di redigere un’informativa. Ma torniamo un po’ indietro nel tempo e procediamo con ordine.
«HAI CAPITO CHI HANNO ARRESTATO?» Il 9 gennaio, dicevamo, Greco chiama Tignanelli. I due sono interessati soprattutto all’arresto dei fratelli Spadafora. «Hai capito a chi hanno… hai capito a chi hanno arrestato in quella operazione?», chiede Tignanelli.
«I fratelli Spadafora pure hanno arrestato… di San Giovanni», dice il poliziotto. «Ma a me… non sono quelli… quelli sono?», chiede Greco. I due si ripromettono di informarsi meglio. La telefonata, secondo gli investigatori, non è un avvenimento casuale: «È evidente – scrivono – che anche il Tignanelli –, alla luce di tale affermazione, era perfettamente a conoscenza delle dinamiche relazionali intercorrenti tra il Greco e gli Spadafora, infatti, come documentato dal Ros Carabinieri, era stato proprio il Tignanelli a installare le apparecchiature tecniche all’interno dei/l locali/e monitorati dal maresciallo Greco a seguito di delega della Procura della Repubblica di Castrovillari». Secondo quanto emerge dalle indagini, non solo Greco avrebbe avuto rapporti illeciti favorendo l’impresa degli Spadafora ma, nel corso di una indagine condotta nei confronti di una funzionaria regionale, Greco avrebbe utilizzato la figura di Antonio Spadafora come «come “agente provocatore”, al fine di conseguire risultati investigativi, oltremodo pilotati». L’inchiesta riguarda una funzionaria della Regione, Antonella Caruso, posta ai domiciliari con l’accusa di concussione per avere accettato una mazzetta da 20mila euro proprio da Antonio Spadafora. Ora, al di là delle responsabilità della funzionaria, il ruolo di Spadafora è stato pianificato da Greco come scrive anche il gip che dispone l’arresto del maresciallo. Tanto stretto era il rapporto tra gli Spadafora e il maresciallo, scrive il gip, da consentire ai primi di orchestrare e manipolare l’indagine a carico di Antonella Caruso, con reciproco vantaggio. Carmine Greco, che indagava sul caso, ne riportava un vantaggio investigativo, con grande eco mediatica «mentre Antonio Spadafora assumeva il ruolo di imprenditore concusso a fronte del ruolo sommerso di imprenditore egemone e facente parte della criminalità organizzata».
L’INTERROGATORIO Il 12 gennaio 2018 – appena tre giorni dopo l’arresto di Antonio Spadafora in Stige – il maresciallo Greco chiama il carcere di Cosenza: «Senta io ho una delega del dottor Facciolla mi interessa sapere se Spadafora Antonio è detenuto…». Appreso che Antonio Spadafora era detenuto a Cosenza, Greco scrive a Facciolla: «Sig. Proc. Ho chiamato ed è recluso a Cosenza». L’interrogatorio si terrà il 23 gennaio successivo alla presenza del procuratore Facciolla e di Carmine Greco – scrivono i carabinieri – e verrà preceduto da una riunione alla quale parteciperà anche Vito Tignanelli. Tignanelli, in servizio nella Polizia stradale di Cosenza, secondo quanto evidenziato dai militari «conosceva tutti i dettagli delle indagini condotte dalla Stazione Carabinieri di Cava di Melis», comandata da Greco. Questo da un lato trova giustificazione nel fatto che era stato lui stesso con la ditta Stm intestata a sua moglie, a fornire a Greco le attrezzature per l’attività di intercettazione sulla Caruso. Ma Tignanelli aveva rapporti ben più stretti con Greco. È lui che lo informa dell’arresto degli Spadafora. È Tignanelli che avvisa il maresciallo circa la data dell’interrogatorio ad Antonio Spadafora («Vedi che così mi ha detto il capo.. poi in settimana andate là». È Tignanelli che giorno 16 gennaio 2018 avverte Greco di contattare Facciolla («Ti ho scritto dopo chiama, chiamalo che lui aspetta all’una»). È Tignanelli che il 22 gennaio, giorno prima dell’interrogatorio di Spadafora, si reca a Castrovillari. Sono questi i tasselli che i carabinieri del Noe mettono insieme nell’informativa destinata alla Procura di Salerno.
NESSUNA COMUNICAZIONE ALLA DDA La Dda di Catanzaro (che aveva disposto l’arresto di Antonio Spadafora) non è mai stata informata di questo interrogatorio. Lo ammette lo stesso Facciolla nel corso di un interrogatorio davanti ai magistrati di Salerno che gli chiedono: «Per quale motivo l’interrogatorio non fu previamente comunicato alla Dda di Catanzaro, pur essendo, il 23 gennaio 2018, Spadafora Antonio detenuto per il delitto di cui all’articolo 416 bis (associazione mafiosa, ndr)?»
In quell’occasione Facciolla giustifica il proprio comportamento affermando di «non avere mai avuto la comunicazione ufficiale dell’ordinanza Stige; devo dire che in quella occasione furono arrestati più componenti della famiglia Spadafora». Il magistrato aggiunge, poi, che «non avendo ricevuto alcuna comunicazione dalla Dda di Catanzaro per me non sussisteva un profilo di coordinamento investigativo e per questo non ho ritenuto di dare alcuna comunicazione preventiva di quell’interrogatorio».
ACCERTAMENTI ALLA DITTA SOTTO SEQUESTRO Tra le altre cose, il 24 gennaio 2018 il maresciallo Greco si reca, annotano i militari del Noe, presso la sede della ditta Spadafora, per l’esecuzione di alcuni accertamenti per i quali sono stati delegati dal procuratore Facciolla. In quel periodo la ditta è sotto sequestro da parte della Dda di Catanzaro e a gestirla c’è un curatore. Secondo quanto riporta la delega della Procura di Castrovillari, Greco dovrebbe sentire Antonio Scigliano, ragioniere della ditta. Uno dei carabinieri che lo accompagna chiede «se bisogna avvisare il curatore». Greco risponde «dicendo che loro non sono tenuti ad avvisarlo e che anzi, nemmeno lo sanno che c’è un curatore», annotano gli investigatori. Nel corso della conversazione, è scritto nell’informativa, Greco «oltre a ripercorrere alcune vicende della famiglia Spadafora e quindi della loro estraneità ai fatti contestati nell’ordinanza “Stige”, (“Quale reato di mafia è.. caso mai è una minaccia. […] Sopra Antonio non si può niente è incensurato.. Rosario è incensurato”) ad un certo punto aggiungeva: “certo che se avevano fregato a me era singolare… andare arrestare ad uno… ride… siamo tutti in pericolo”, quasi a volere fare intendere di aver rischiato di essere arrestato».
IL CAPO Nelle intercettazioni, sia Greco che Tignanelli fanno sovente riferimento al «capo». Secondo i militari del Noe il capo, in determinati frangenti, è Facciolla, mentre l’ex procuratore di Castrovillari ha negato con forza questa interpretazione nelle sue dichiarazioni spontanee. Nell’informativa i carabinieri distinguono, scrivendolo tra parentesi, i momenti in cui gli indagati si riferiscono, col termine capo, ai propri superiori da quelli nei quali si riferiscono a Facciolla. Nell’informativa vi è un capitolo dedicato alle intercettazioni e alla messaggistica whatsapp effettuate nei confronti del maresciallo Carmine Greco nel corso delle quali si specifica in quali occasioni il termine “capo” fosse riferito al procuratore. Come nel caso in cui Greco invia dei messaggi a Facciolla e gli scrive: «Capo, inviati». O come nell’occasione in cui il maresciallo Greco chiede a una donna di avere la pec del “capo” e la donna risponde che l’unico indirizzo mail che conosce è “eugenio.facciolla…”. Secondo i militari sono almeno venti, e vengono elencate, le occasioni nel corso delle quali Greco, Tignanelli, e anche altre persone, si riferiscono a Facciolla quando usano l’espressione “capo”. Lo stesso giorno dell’interrogatorio di Antonio Spadafora, Greco si trova in macchina con altri carabinieri ad aspettare il procuratore Facciolla, quando rispondendo alla telefonata di un collega «gli dice che sta aspettando il “Capo” perché devono andare in carcere».
LA QUERELA Nel corso dell’attività di indagine su Carmine Greco, svolta dal Noe, emerge anche la presenza del sostituto procuratore di Cosenza Antonio Bruno Tridico, non indagato. È seguendo Greco che i militari si imbattono in Tridico. È Greco che chiede al magistrato di redigere una querela nei confronti di un giornalista del Quotidiano del Sud – giornale la cui sede si trova a Cosenza, territorio di competenza della Procura bruzia –, autore di un articolo nel quale si affermava che il maresciallo fosse sotto inchiesta. Il 10 marzo i due si sentono per telefono (parte della conversazione è coperta da omissis):
Tridico: Stiamo facendo la cosa tua, eh…così facciamo la querela.
Greco: L’hai vista per benino?
Tridico: L’ho vista, l’ho vista, non ti preoccupare!
Il 18 aprile 2018 Greco insiste:
Greco: Va bene. Andiamo avanti con quella cosa, non facciamo scadere i termini.
Tridico: No, è già pronta la querela…
Inoltre nel corso della perquisizione che seguirà l’arresto di Carmine Greco a luglio 2018, tra il materiale ritrovato vi è una copia della querela contro il giornalista del Quotidiano «il cui autore, è risultato essere tale “Gulliver”, mentre l’autore dell’ultima modifica è risultato essere Antonio Bruno Tridico», annotano i militari.
VIAGGIO A ROMA Greco, dopo la pubblicazione dell’articolo, si era recato a Roma, al Comando Raggruppamento Carabinieri Parchi, probabilmente per dare delucidazioni in merito alla propria vicenda. In questa fase il Noe, seguendo Greco, scopre che questi, nel recarsi a Roma è stato accompagnato alla stazione di Paola da Tridico. «Sulla scorta di tali conversazioni veniva predisposto un servizio di osservazione nei confronti del Greco – è scritto nell’informativa –, eseguito dalla Sezione operativa centrale del Reparto operativo del Comando Tutela ambiente di Roma». Tridico e Greco arrivano a Roma insieme e vengono «prelevati da un’autovettura di servizio in dotazione all’Arma dei Carabinieri, inviata sul posto dal Generale dei Carabinieri Donato Monaco (originario di Cosenza, ndr) in servizio al Cufa (Comando unità forestali e ambientali)».
Tra il generale e Greco vi è un colloquio amichevole:
Monaco: Carmine, tutto a posto?
Greco: Buongiorno. Tutto a posto.
Monaco: Dove stai?
Greco: Termini.
Monaco: Ok. Senti, ma tu sei… tu devi andare da qualche parte o vieni qua… come sei organizzato te, che programma c’hai te?
Greco: Dimmi tu dove… sono con un amico mio…
Monaco: Eh. Ma è dell’Arma o fuori? Fuori Arma…
Greco: Eh….. è Arma Magistratura (ndr si riferisce al Dott. Tridico)…
Monaco: Ah! E allora vi posso… vi posso venire a prendere con la macchina allora a sto punto? Vi passo a prendere a Termini?
Secondo gli investigatori tali vicende, la querela e il viaggio a Roma, rivela l’esistenza di rapporti «oltremodo amicali» tra il magistrato di Cosenza e il maresciallo.
EFFETTO STIGE L’operazione Stige ha avuto risvolti imponenti che vanno al di là della stessa inchiesta. E settembre sarà un mese decisivo. Il sette settembre riprenderà, dicevamo, l’udienza a Salerno a carico di Facciolla, Greco, Tignanelli, Aquino e Nota; e si dovrà decidere per un eventuale rinvio a giudizio. La vicenda che ha interessato la procura campana ha inoltre portato la sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura a disporre «in via provvisoria il trasferimento di ufficio del procuratore di Castrovillari Eugenio Facciolla presso il Tribunale di Potenza con le funzioni di giudice nel settore civile». Tra le altre cose il magistrato avrebbe tenuto un comportamento scorretto «nei confronti dei magistrati della Dda di Catanzaro che stavano svolgendo indagini a carico di Antonio Spadafora e Carmine Greco».
Inoltre il nove settembre è prevista l’udienza a Crotone a carico di Carmine Greco. E quel giorno è chiamato a rendere testimonianza proprio l’ex procuratore di Castrovillari Eugenio Facciolla. (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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