Rileggere e riesaminare i processi passando dalla fase della cronaca a quella della storia per comprendere “la complessità” della modernità. È stato questo il filo conduttore della serata di chiusura del Serreinfestival, durante la quale è stato presentato il libro del giornalista de “L’Espresso” Gianfrancesco Turano “Salutiamo, amico”.
Ad introdurre i lavori è stato il presidente dell’associazione “Condivisioni” Bruno Censore che ha interpretato i moti di Reggio Calabria come “una rivolta all’inizio genuina, ma che poi ha subito l’infiltrazione di forze eversive, della ‘ndrangheta e della massoneria” che “crearono le premesse per un colpo di stato”.
Il direttore artistico del Serreinfestival Armando Vitale, dopo aver presentato la figura di un autore i cui romanzi “aiutano ad entrare in spaccati profondi della società calabrese” e che mescolano “l’analisi storica con le vicende private”, ha operato riflessioni ad ampio raggio sottolineando che “quando non si offre una prospettiva democratica, di lavoro e di futuro, il popolo non necessariamente si schiera dalla parte della democrazia e si lascia deviare e depistare, seguendo i capi che urlano”.
Nel vivo della trama è entrato il docente di Lettere Gernando Marasco che ha descritto i profili dei personaggi chiarendo come nel volume “emerge il cambio di natura della ‘ndrangheta”.
Analisi filosofica del testo per il docente dell’Università di Urbino Domenico Scalzo che ha rilevato come “il romanzo ruota attorno al grande mistero che accomuna due famiglie simmetriche e allo stesso tempo distanti” e ha sviscerato i concetti di “guerra civile” e “manipolazione”. Non secondario il passaggio in cui è stato precisato che “il Partito comunista non partecipa alla rivolta e se partecipa si ritira e afferma lealtà ad uno Stato democratico che, però, non governa”.
Sul significato oltre le righe si è soffermato lo stesso Turano che ha asserito che “l’importanza del libro sta nel riportare alla luce un elemento della storia d’Europa messo volontariamente in un cono d’ombra da centri di poteri che non hanno mai smesso di essere attivi”.
Meritevole di approfondimento la considerazione successiva: “gli unici politici reggini importanti degli ultimi 50 anni sono stati Lodovico Ligato e Giuseppe Scopelliti, i cui destini sono noti”.
La vicenda degli anni ’70 è stata intesa, nel complesso, come emblematica di una realtà che ha ospitato mille diversità e che, pur nelle molteplici difficoltà, ha contribuito alla formazione delle coscienze.
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