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I medici calabresi del 118 si appellano a Mattarella. «Ci tutelino, si rischia la chiusura»

Settanta firmatari si appellano al capo dello Stato. Chiedono che difenda il servizio pubblico anche dagli amministratori sanitari locali e dal «caporalato professionale»

Pubblicato il: 13/08/2020 – 12:56
I medici calabresi del 118 si appellano a Mattarella. «Ci tutelino, si rischia la chiusura»

CATANZARO Sono in settanta a firmare il documento, e si rivolgo al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Scrivono al capo dello Stato, ma anche al ministro della Salute Roberto Speranza, per rivolgere un appello accorato: difendere il servizio territoriale 118.
E difenderlo economicamente, perché spesso il gioco non vale la candela, i rischi sono troppo alti rispetto agli emolumenti “a cottimo”. Un servizio a “convenzione” dal quale – in Calabria – stanno tutti scappando via.
«Siamo medici di Emergenza Territoriale 118 che operano in Calabria, crediamo di interpretare il sentimento di molti colleghi che sono in questo delicato servizio, non solo in questa regione ma purtroppo di quasi tutto il territorio italiano. Siamo, usando un’allegoria attuale, naufraghi in un mare in tempesta, in una barca che fa acqua, e che tutti hanno deciso di far affondare. Ovviamente il mare in tempesta è la sanità, la barca è il nostro contratto in convenzione vecchio, inadeguato, se non dannoso, gli scafisti sono le amministrazioni sanitarie regionali e aziendali», è il prologo dei settanta firmatari.
I medici del 118 rammentano a Mattarella e Speranza le “promesse da marinaio” di partiti e sindacati, tese a salvare il servizio nell’immediato ma persesi all’orizzonte, ma evidenziano soprattutto la loro contrarietà nel dover restituire alle Asp parte degli stipendi «da dieci anni ad oggi» con cifre che in alcuni casi superano i «100mila euro».
«Abbiamo visto nascere questo prezioso servizio – segnalano ancora – raggiunto livelli elevati di competenze e risultati. Chiediamo soltanto che ci sia restituita la dignità di professionisti al sevizio dello Stato. Attendiamo, sfiniti da anni, una riforma del servizio che veda superato questo contratto di convenzione che ci vede legati ad una contrattazione subordinata alla medicina di base, pur svolgendo attività che prevedono una formazione e competenze ad elevato rischio professionale specifico, che nulla hanno in comune con la professione della medicina di famiglia. Infatti, anni fa, nostri colleghi transitarono ad un contratto di dipendenza mediante concorso riservato, per altro già previsto all’atto dell’istituzione del sistema 118, con tutte le garanzie che ciò comporta. Oggi abbiamo due forme di contratto con diritti e stipendi diversi nello lo stesso luogo di lavoro, anzi come convenzionati siamo tenuti a dare un maggior numero di ore per compensi inferiori».
Ma ciò che più fa infuriare i medici del 118, «cosa gravissima, è questa richiesta di restituzione degli stipendi a medici che hanno rischiato sulla strada, nelle gallerie, con malattie infettive, terremoti, con la pioggia, la neve, il caldo torrido, con tute e maschere, fronteggiando la pandemia Covid in corso come ultimo presidio sanitario in tanti casi, spesso con mezzi insufficienti, con interventi in spazi confinati e si potrebbe continuare con molti altri esempi; non siamo eroi è il nostro lavoro, siamo formati a fare questo. Chiediamo che ci sia riconosciuto. Cui prodest la fine del 118?».
I settanta firmatari della missiva, auspicano anche che sulla loro pelle non si facciano «affari» e «speculazioni», come accade in alcune regione, nelle quali «hanno affidato tutto a cooperative che operano una specie di caporalato professionale, spacciando il servizio come moderno, efficiente ed economico».
«La nostra generazione – insistono – aveva creduto in un sistema 118 che potesse diventare il fiore all’occhiello della sanità, oggi ci ritroviamo ad essere stritolati da interessi oscuri. Si affacciano tutti al capezzale di questo malato: privati, politici, università con professori, primari, direttori regionali di dipartimento, tutti in cerca di potere, discutendo però prima dei compensi, e nessuno che chieda un parere a chi ha dato vita a tutto questo. Il settore emergenza muove tanto denaro e personale, è una struttura difficile e complessa, che avrebbe bisogno dei migliori professionisti dalla base ai vertici».
Poi, l’amara considerazione sull’incompetenza imperante in Italia, «titolo sufficiente per dirigere. Già tanti colleghi hanno scelto di cambiare servizio lasciando scoperte postazioni di emergenza. Tante regioni ormai non hanno medico in ambulanza e adesso anche qui tante postazioni sono senza medico a bordo. Se muore il 118 non ci saranno più i protocolli avanzati S.T.E.M.I. (cardiopatia ischemica), Stroke (ictus), Trauma, trasferimenti protetti, maxiemergenze e tanto altro. Ma questa forse è un’altra Italia – concludono – che non auguriamo ai nostri figli. Desertum fecerunt et pacem appellaverunt. Si riformi il settore per migliorarlo, aggiornarlo e offrirgli il futuro che merita. Signor presidente Mattarella ci appelliamo a lei perché si dia voce ai cittadini che si sentono traditi da istituzioni arroccate in torri d’avorio che non si degnano di ascoltare queste grida di soccorso».

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